Attraversare le contingenze allargando le prospettive

21/03/2014
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Tour de Frac

In Francia il Fondo Regionale per l'Arte Contemporanea compie trent'anni e mette in mostra le sue collezioni affidandole a curatori e artisti.
Un diario di viaggio alla scoperta di opere e luoghi.



Olivier Grasser Aiello dirige il Frac Alsace dal 2006


'La Collection impossible' alla Fondation Fernet-Franca, Saint-Louis


La Collection impossible alla Fondation Fernet-Franca a Saint-Louis. Opera di Stéphane Thidet. Foto Mathieu Bertola Musées de la Ville de Strasbourg


La Collection impossible: installazione di Olga Mesa e Francisco Ruiz de Infante. Foto Mathieu Bertola


'La Collection impossible' veduta parziale dell'allestimento


'La Collection impossible': Francisco Ruiz de Infante


Les Abattoirs, Toulouse. Veduta degli allestimenti


Les Abattoirs, Toulouse. Veduta degli allestimenti


Les Abattoirs, Toulouse. Veduta degli allestimenti


Di Paola Nicita

Da trent'anni, in Francia, esiste un progetto culturale mirato a diffondere l'arte contemporanea in maniera capillare: sono i Frac - acronimo di Fondo Regionale per l'Arte Contemporanea - trentadue centri espositivi nati con l'idea della delocalizzazione.
Non solo le grandi città devono avere la possibilità di fruire di mostre e iniziative culturali, ma tutti i cittadini francesi; nati negli anni Ottanta, sulla spinta del grande investimento culturale voluto dalla politica di François Mitterrand, i Frac fanno parte di un progetto su grande scala e nascono uno per ciascuna "regione metropolitana" della Francia – Alsazia, Aquitania, Bassa Normandia, Picardia, Paesi della Loira, Costa Azzurra, Pirenei, Corsica, tra le altre - e costituiscono il bacino di sperimentazione e spazio per i giovani artisti, oltre che il luogo aperto ad una fruizione trasversale, multidisciplinare, scolastica e di formazione per grandi e piccoli.

Per questo trentennale il progetto complessivo che mette in mostra il risultato di questa ampia collezione sparsa sul territorio viene proposto con un nuovo sguardo, quello di alcuni artisti che vengono chiamati a collaborare nelle vesti, e a volte in tandem, con i curatori.

Il risultato è il progetto "Le Pleiadi", una grande mostra delle collezioni concepita come una costellazione dell'arte contemporanea, allestita nei vari Frac della Francia; il raggruppamento dei vari fondi per l'arte contemporanea è a sua volta è coordinato da Platform, istituto con sede a Parigi nato nel 2005.

Nell'occasione del trentennale, il Ministero della Cultura e della Comunicazione – Direzione Generale della creazione artistica, ha comunicato alcuni dati relativi a fruizione e azioni legate ai fondi regionali.
Si scopre così che i Frac sono le collezioni pubbliche più diffuse della Francia, che ogni anno organizzano 400 esposizioni e 1300 azioni d'educazione artistica e culturale, per lo più destinati ai luoghi che ospitano i Frac (82 per cento), che il 2012 è stato l'anno di maggior fruizione dalla fondazione dei centri, con circa due milioni di persone, e il 42 per cento della diffusione delle collezioni riguarda le scuole, dalle materne alle superiori: come dire un progetto formativo che segue passo dopo passo giovani e giovanissimi per formare il pubblico di domani e fornire strumenti culturali.
Senza contare che in questi tre decenni i Frac hanno rappresentato importanti punti di riferimento per i giovani artisti in formazione, che hanno trovato sostegno e possibilità di esporre il proprio lavoro, in un luogo sì istituzionale, ma certamente aperto alle possibilità e alla sperimentazione più che un museo tout court.

Delle trentadue esposizioni, particolare è senza dubbio "Pièce Montrèes- Frac Alsace 30 ans de collection", ovvero l'esposizione della collezione del Frac Alsazia, suddivisa in quattro luoghi, organizzata in collaborazione con il Museo Storico de la Città di Haguenau, il Museo d'arte moderna e contemporanea di Strasburgo, il Museo della Città di Strasburgo, la Fondazione Fernet-Branca di Saint-Louis, per un totale di circa 200 opere e 110 artisti.

Il direttore del Frac Alsace è Olivier Grasser Aiello, che dirige il centro dal 2006, e che spiega: "L'occasione di questa mostra rappresenta una possibilità innovativa di linguaggio: nei Frac la missione educativa è forte, e a volte rischia di ridurre l'opera ad un'unica frase, ma qui, anche grazie al coinvolgimento degli artisti, si vuole proporre una esperienza estetica nuova.
Anche per me, in qualità di curatore scientifico, è un stato lavoro significativo. Se generalmente il curatore è costretto solamente a "scrivere" le opere, qui è stata ideata un'azione curatoriale differente.
Per questo progetto ho invitato un artista - Raphael Zarka - e uno storico dell'arte - Roland Recht, professore al Collège de France - a condividere con me la curatela, insieme ai direttori delle istituzioni coinvolte.
Abbiamo ideato quattro itinerari trasversali e soggettivi all'interno della collezione: Chaud, froid, sec, humide per la Cappella dell'Annunciazione a Haguenau, Formes e Forces per il Museo di Strasburgo, Incubus al Frac Alsace di Sélestat e la Collection Impossible alla Fondazione Fernet-Branca di Saint-Louis".

La Cappella dell'Annunciazione ha in sé un grande carico di storia che la rende immediatamente coinvolgente: così i quattro elementi che rinviano alle categorizzazioni filosofiche di Empedocle, mirano, come spiega Olivier Grasser Aiello "A costruire un commentario sul mondo e sulla percezione dei quattro elementi in questione.
Che qui sono rinviati per il punto di vista critico a Marcel Dinahet, per quello con la relazione multimediale a Clément Cogitore, per il rapporto con la memoria a Claudio Parmiggiani e infine alle geometrie di Jean-Gabriel Cougnet e Herbert Kerschbaum per la corrispondenza tra forma e tempo.

Al Museo d'arte moderna e contemporanea di Strasburgo l'esposizione delle opere è rigorosissima: la ricerca sottesa è la costante delle assonanze, magari interrotte da improvvise e contrastanti diagonali visive, un po' come quando si arriva davanti all'installazione di Franck Skurti: plastica gonfiabile e tappeto sintetico chiamata a dialogare (o contrapporsi?) con la pittura essenziale di Aurelie Nemours, nome di riferimento storico per l'astrazione geometrica. O l'ingresso con la grande foto di Jean-Marc Bustamante, paesaggio immobile che lascia poi il posto al video di Raphael Zarka girato sul Cretto di Alberto Burri a Gibellina, e infine la pittura-materia di Mario Merz.

Affinità trasversali che si ritrovano – pur nella differenza di artisti e opere - nella parte di collezione esposta al Frac di Sélestat, dove si è accolti dal lavoro di Dider Marcel, un tronco-specchio che rilancia la questione tra natura e artificio, e la sfera ad elio di Edith Dekyndt cioè una bolla di sapone che pone in relazione la scultura in plastica con la presenza del visitatore. Nel monumento di Peggy Buth il ricordo e la memoria sono rappresentati attraverso il paradosso dell'assenza; mentre una gabbia sconnessa in rete metallica- opera di Mathieu Mercier- simile ad un oggetto in 3D, propone pappagallini cinguettanti, come nulla fosse (e con tutte le cure dovute).

Per la Fondazione Fernet- Branca a Saint Louis, l'esposizione è introdotta - in catalogo - da un glossario che va dalla A di Arte alla Z di Stefan Zweig, quest'ultimo è tra l'altro l'autore di un racconto intitolato "La collezione invisibile" che ha ispirato il titolo della mostra "La collezione impossibile". Il gioco è proprio questo, sapendo che le definizioni - e financo le riscritture - sono destinate sempre ad essere insufficienti, parziali e soggettive.

L'esposizione in questa sede è una delle più belle e interessanti, permette tra l'altro di scoprire gli spazi industriali che per più di un secolo hanno ospitato la lavorazione del liquore e che da appena un anno sono stati trasformati in spazi per l'arte contemporanea.
All'ingresso opere di Panamarenko e un disegno a parete di Marc Bauer, poi una scultura-mobile di John M Armleder, l'autoritratto pittorico di Damien Cabanes.
Nelle stanze al piano superiore, una scultura di Chen Zhen (acquistata nel 1990), uno splendido video di David Claerbout, una "Coda" di Jan Fabre, "500 metri di silenzio" di Mounir Fatmi, artista cui il Frac Alsace ha dedicato anche una mostra personale. Ritratti, con le fotografie di Sylvain Gourard, la pittura di Gregory Fostner, il segno a matita di Didier Rittener, il video sospeso ed evanescente di Ange Leccia, un ritrattista della femminilità contemporanea filtrata da suggestioni romantiche.
Ancora Thomas Hirshhorn, Laurent Montaron, Gilberto Zorio, Gaetano Pesce, Anita Molinero, Olga Mesa e Francisco Ruiz de Infante, che occupano l'ultimo piano con una grande installazione interattiva.
Nella cantina sotterranea, invece, tra le vecchie botti per affinare i liquori, una selezione di video: Stefanos Tsivopoulos, Dorit Margreiter, Marcel Dinahet.
"Gli artisti che amo di più" dice Olivier Grasser Aiello "sono quelli politici, e credo che sia essenziale il dialogo con la società.
Le opere hanno il ruolo di comunicare, in modo preciso, quanto sta accadendo. Chi viene alle mostre vorrebbe magari essere rassicurato, trovare qualcosa che già conosce, ma la sfida è proprio l'opposto, sorprendere ed evitare il livellamento, con uno sforzo che, anche in questo caso, si traduce in azione politica".
Sono in cantiere per il 2014 alcune mostre con le collezioni del Frac da realizzare in Olanda e in Asia.

Andando verso Nord si arriva a Tolosa. Qui il Frac ha una struttura eccezionale, Les Abattoirs, vecchi edifici del macello comunale che sono stati trasformati in contenitori per l'arte contemporanea, con una struttura centrale di grandissime dimensioni e spazi più piccoli, destinati a uffici. Già all'esterno, all'aperto, sono esposte due opere molto visibili: un nave- arca su cingolato di Dejode &Lacombe - "Holey Glory" per il Frac Languedoc-Roussillon - e il camion metallico di Alain Declercq, invitato dall'artista Otto Berchem per il Frac Nord -Pas de Calais.

Il corpo centrale, architettura in vetro e metallo dei primi del Novecento, accoglie nei vari piani (ingresso, primo piano, sotterraneo) un grande allestimento con le opere di alcuni Frac.
Il direttore de Les Abattoirs è Olivier Michelon, che spiega: " E' una collezione di collezioni, che offre al visitatore la possibilità di conoscere alcune delle opere più significative acquisite in questi anni dai Frac.
Però la selezione delle opere da esporre è stata affidata agli artisti, così da creare un percorso anche tra contraddizioni".
I "curatori delegati" da Michelon sono: Xavier Franceschi, Laurence Gateau e Claire Jaquet; mentre tra gli artisti -curatori ci sono tra gli altri: Jean-Michel Alberola, Claire Fontaine, Marc Bauer, Dora Garcia, Jordi Colomer.

Dall'ingresso in poi la mostra è un susseguirsi di stanze interrotte, di muri fluttuanti dove dialogano Marc Camille Chaimowicz con le sue tappezzerie e mobili-sculture, una pittura di Gina Pane del periodo in cui la descrizione geometrica si connetteva alla sua ricerca del divino. Poi in sequenza una piccola sezione di monocromi con opere di Ettore Spalletti, Fabrice Hyber, Bruno Peinado, e a conclusione due lavori di Alighiero Boetti, "Rosso Palermo" e "Oro Longchamp", di straordinaria bellezza e intensità.
Marc Bauer è curatore per il Frac Auvergne, Raphael Zarka per il Frac Alsace invita Felix Schramm con una scultura-installazione dove architettura e scultura cercano dialoghi inediti.
Le varie stanze ospitano altrettanti Frac, e alcuni artisti-curatori inventano modi speciali per esporre la collezione: Heidi Wood ad esempio (Frac Poitou-Charentes) sceglie alcune opere e le evoca semplicemente, attraverso un lavoro di stilizzazione, con pittogrammi ad acrilico.

Al primo piano l'allestimento è ideato dall'artista-curatore Guillame Leblon, che propone uno sguardo davvero singolare: Leblon ha infatti lavorato con la collezione Daniel Cordier - raccolta dalla fine degli anni Cinquanta - con uno sguardo selvaggio, che mira a reinventare le categorie. Dunque opere d'arte di diversi tempi e luoghi sono state riassemblate con una nuova prospettiva.
Anzi, in un nuovo percorso che ne propone una inedita fruizione: a far da filo conduttore tra le stanze è una moquette bianca da calpestare con copriscarpe. Ed ecco un acquarello di Jim Amaral del 1973, una pietra tombale proveniente dalla Nigeria datata tra il 1200 e il 1500, un pallone da ginnastica degli anni Cinquanta, un acrilico di Sebastian Matta.
Nelle stanze che seguono, c'è un collage di Jean Dubuffet, un tamburo del Mali di incerta datazione, una vertebra di balena dei primi del 900, e così via, fino a comporre un insieme di opere, immagini e sensazioni degne di un racconto di Sebald.
Nel sottosuolo si trovano una serie di opere dedicate al viaggio, sculture e installazioni video di Marcel Dinahet e Jean-Marc Huitorel, "Ithaque", "Tour de FracFranceForce" di Eric Hattan.
Dall'alto è invece visibile l'allestimento di Olivier Vadrot che ha inventato un itinerario circolare fatto di tende di stoffa, al suo interno sono collocate la scultura con aspirapolveri di Damien Hirst, un video di Allora&Calzadilla, un'opera di Katarina Fritsch, una fotografia senza tempo di August Sander.
E la collezione è pronta ad assumere una nuova forma...


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Paola Nicita è storica dell'arte e curatrice. Si è occupata di progetti dedicati alla promozione dei giovani artisti, in spazi pubblici e privati, in Italia e all’estero (Maison de la Culture, Amies; Macro, Roma; Biennale Internazionale di Fotografia, Brescia; Premio Furla, Venezia; Fondazione Merz, Torino). Ha collaborato alla realizzazione di progetti per case-museo e realizzato esposizioni sul tema del collezionismo privato. Partecipa a convegni, insegna e fa parte di giurie di vari premi. Dal 2011 dirige il Festival Finzioni, Videoracconti contemporanei per il Museo internazionale Antonio Pasqualino di Palermo; tra le collaborazioni recenti, quella con la Sezione Danza della Biennale di Venezia diretta da Virgilio Sieni, dove ha presentato “Jean-Luc Nancy- Sulla danza”.

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