Attraversare le contingenze allargando le prospettive

31/05/2015
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Suggestioni dalla settima arte

Qual'è la sottile linea rossa che divide oggi la video arte dal cinema? Riflessioni intorno ai video di Raha Raissnia, Mika Rottemberg, Hans Op de Beeck



Raha Raissnia, 'Longing', still dal video



Mika Rottemberg, still dal video 'NoNoseKnows'



Mika Rottemberg, still dal video 'NoNoseKnows'



Hans Op de Beeck, still dal video 'Night time'



Hans Op de Beeck, still dal video 'Night time'


di Letizia Caudullo

Nuovamente a Venezia per la Biennale Arte 2015.
Forse perché affascinata dalla bellezza del luogo, anche quest’anno, senza alcun dubbio, inizio la mia visita partendo dall’Arsenale.
Mi lascio guidare dall’istinto, guardo le video istallazioni e mi fermo la dove sento una forza d’attrazione.
Una delle prime è Longing, l’affascinante lavoro di Raha Raissnia, in 16 mm.
Raha Raissnia, classe 1968, nata e Teheran, vive e lavora a New York. E sono le strade di New York che Longing ci racconta, attraverso un susseguirsi di piccoli pezzi di umanità, gambe che camminano, braccia, pezzi di corpi che dormono sul marciapiedi, volti ma soprattutto mani. Le mani di una bimba in braccio alla sua mamma, mani con sigaretta, una mano nera che chiede l’elemosina, un’altra che tiene una bottiglia presumibilmente di whisky.
I pochi fotogrammi per ciascun dettaglio, passano velocemente dal positivo al negativo, l’effetto è emozionante, perché quella stessa mano che porta la bottiglia di whisky alla bocca, riproposta in negativo, si carica di più forza. ‘E come se l’artista ci chiedesse di soffermarci un momento di più su quello che stiamo vedendo. La povertà, la stanchezza, la miseria umana che incontriamo quotidianamente, camminando per le strade, in Longing arriva potente e ci commuove.

Continuo il mio vagare fino ad una istallazione dove, come in un piccolo negozio, vengono esposti mucchi di perle e perline.
Guardando meglio mi accorgo che si può entrare dentro al “negozietto”. C’è una stanza ed un video. Immediatamente le immagini mi catturano, come in una trance mi siedo ed entro nel mondo di Mika Rottemberg, artista argentina di Buenos Aires, classe 1976.
NoNoseKnows è il titolo del video. I colori sono acidi, la fotografia molto contrastata, l’atmosfera claustrofobica.
La protagonista, con il suo fare eccentrico, ricorda un vecchio film di Pedro Almodovar.
Ma la storia di questo piccolo e prezioso film ha un suo doppio. Sopra i locali coloratissimi della vecchia signora, ci sono dei grandi capannoni sbiaditi, dove giovani donne cinesi smistano le perle coltivate, e ancora in un altro luogo altre donne puliscono i gusci delle conchiglie, per estrarne le perle. L’ambiente è sporco, quasi se ne può sentire il cattivo odore.

Pur mantenendo un’atmosfera onirica, tra sogno e incubo, i temi del racconto sono chiari: si parla di sfruttamento del lavoro e di lavoro nero, di sfruttamento delle risorse naturali, di ambienti angusti e di città invivibili. Di fronte alla proiezione della Rottemberg, mi chiedo ancora una volta qual’è la sottile linea rossa che divide oggi la video arte dal cinema?
Il mezzo usato per le riprese è oramai lo stesso, telecamere digitali in HD.
NoNoseKnows ha una trama, degli attori, uno sviluppo avvincente.
Perchè lo vedo all’Arsenale e non in un festival internazionale di cinema?
Forse la Rottemberg avrebbe potuto aiutarmi nel trovare una risposta, ma non ho avuto il piacere di incontrarla. Il dubbio rimane.

Giorni dopo, poche ore prima di prendere il treno, mi concedo un’ultima mostra, quella di Palazzo Fortuny. Trovo la fila e il tempo è poco. Che fare? Decido di provarci, rimango e faccio la fila. La mostra ripaga ampiamente la mia pazienza, da Boetti a Kapoor, passando per la performance sonora di Marina Abramovich.
In una delle stanze di questo affascinante museo, un ultimo bellissimo video, Night time di Hans Op de Beeck, artista belga , del ‘69.
Paesaggi notturni, disegnati in bianco e nero si dissolvono uno nell’altro, ma all’ interno di ogni quadro qualcosa si muove, una barca sul lago, le fronde degli alberi lungo uno strada, una luce che si accende ad una finestra; movimenti inaspettati che ci regalano magiche suggestioni.
Non c’è una trama, non ci sono attori, le emozioni arrivano dai quadri in movimento.
Di fronte al lavoro di Op de Beeck non ho dubbi, è video arte!
Sarà la dolcezza della musica o la bellezza delle immagini, lascio Palazzo Fortuny e Venezia, riconciliata con il mondo, la natura e l’arte.


Di Letizia Caudullo puoi leggere anche "Ashes" Steve Mc Queen all'Arsenale di Venezia

Letizia Caudullo(Catania 1968), si è laureata in Lettere Moderne, con una tesi sul montaggio cinematografico, all'Università La Sapienza di Roma, dove vive e lavora. Diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia in montaggio ed edizione nel 1996, da allora si occupa prevalentemente di editing audiovisivo.
Tra i film di cui ha firmato il montaggio: "Terramatta" di Costanza Quatriglio (69° Mostra del cinema di Venezia, Nastro d’Argento 2013 come miglior documentario); "L'estate di Bruno Cortona" di Gloria De Antoni (Torino Film Festival 2012) "Poeti" di Toni D'angelo (66° Mostra del cinema di Venezia); "Il nostro Rwanda" di Cristina Comencini; "Gulu" di Luca Zingaretti (60° Mostra del cinema di Venezia) "Paz" di Renato De Maria.