I luoghi del Futurismo. Nelle sue opere l'artista contrappone la solarita' mediterranea alle inquietudini quotidiane. A cura di Giovanni Chiara.
A cura di Giovanni Chiara
Ivano Taccori è un cultore dell’arte fra i più dinamici e attenti alle tendenze e alle potenzialità espressive dell’attuale. Sono
molti gli artisti, in particolare i giovani, a dovergli quella visibilità che il suo raffinato “spazio”, situato nel cuore di Brera, sa offrire.
Tenendo conto delle difficoltà che incontrano coloro che fanno dell’esprimersi il parametro qualificante della propria vita, lo
“Spazio Taccori” rappresenta un gratificante palcoscenico per il presente e una coraggiosa scommessa per il futuro.
Domenico Marranchino è pittore dalla forte caratterizzazione emozionale delle proprie opere. Si propone in modo inconfondibile,
contrapponendo sulle grandi superfici la solarità mediterranea dell’impatto visivo alle inquietudini delle tematiche che le sue
tele propongono. Declina policromatismi materici, nobili della pastosità del colore a olio e dinamici del virtuosismo solo in
apparenza rude della spatola, generando figure che vivono un ossimoro concettuale di compostezza scomposta, uomini e
donne che non si trovano perché non sanno trovare se stessi, e si muovono in compagnia delle proprie solitudini attraverso
le strutture desertificanti del contesto che vuole diventare metropoli, in uno sconcerto palpabile di anime che si cercano, a volte
all’ombra di tunnel di stazioni deserte, o sotto lo svettante stagliarsi delle molteplici gru innalzatrici di nuove strutture che faranno
più piccolo il cielo, o addirittura fra gli scaffali luminosi di un supermercato, che dovrebbe spazialmente aggregare, eppure
sottolinea anonimati. Ecco perciò I luoghi del Futurismo, rivisitazione intima calata nella realtà, neppure il ricordo di una
Milano intellettuale culla di un movimento ricco di umori e contraddizioni, vorace di futuro, diventata invece la Milano attuale,
dove l’auspicato e provocatorio coraggio fine a se stesso s’è realizzato nel coraggio di vivere senza audacia fra le contraddizioni
del quotidiano, dove l’insonnia febbrile ha troppo spesso perduto la febbre della mente e dove l’automobile ruggisce senza
velocità, incolonnata nel fumo e nelle luci, non più antagonista trionfante della Vittoria di Samotracia. Luoghi che hanno perduto
“le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa”, e vivono di movida sterile che accomuna solitudini, incertezze
e attese, la velocità sprezzante di un treno forse in ritardo a rendere veloce un singhiozzo di vita.
Domenico Marranchino è nato a Roccanova (Potenza) nel 1955. All’età di diciassette anni si è trasferito a Milano dove ha
iniziato a dare sbocchi concreti alla propria sensibilità artistica, affinando tecniche aiutato in ciò anche dalla propria attività di
decoratore. Dapprima la frequentazione dello studio del pittore Carmine Caputo di Roccanova, poi il clima e la frequentazione
degli artisti del quartiere Brera a Milano, dove tuttora abita, contribuiscono al suo percorso con collettive e personali a Milano
e in Italia. La svolta determinante del suo percorso artistico avviene nel 2007, in seguito a una grave malattia alle corde vocali,
con conseguente intervento invasivo; infatti da questo momento destinato a condizionare negativamente la vita dell’artista sono
fuoriuscite una reazione e un’energia che hanno dato prove di pittura figurale forte, intensa, coloristica, espressiva, inquietante
ed esistenziale.
Inaugurazione 14 ottobre ore 18.30
Spazio Taccori
C.so Garibaldi 2, Milano
lun-ven 15-18
Ingresso libero