L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Cut up (2001-2004) Anno 3 Numero 6 novembre 2002



Cinema di genere, fiction e soap

Andrea Campanella



ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Dum dum girls
Andrea Campanella
n. 0 aprile 2004

Orange Crash
Andrea Campanella
n. 0 agosto 2003

L’ultimo treno della notte
Andrea Campanella - Pako
n. 5 ottobre 2003

Intervista a Garbo
di Andrea Campanella
n. 4 estate 2003

No-Body
Anna Maria Monteverdi
n. 5 gennaio 2002

The jazz ballads of Ho Che Anderson
Ferruccio Giromini
n. 5 gennaio 2002




Si moltiplicano le pubblicazioni e i volumi sulla cultura popolare italiana degli anni 70: cito per il fumetto l'intervento di Igort su Black numero 2 (il fattore K) e il volumetto di Bacilieri e Busatta ''Scusa Sadik hai visto Diabolik?'' (Puntozero editrice); sempre di Puntozero ''Delitti di carta nostra'' di Luca Crovi sulla giallistica italiana e per il cinema "La commedia erotica italiana" di Michele Giordano (Gremese editore), "Città violente" di Bruschini e Tentori (Tarab), ma sono solo alcuni esempi (ce ne sono molti altri di buon valore) cui aggiungerei il lavoro instancabile del gruppo "Nocturno" (Gomarasca/Pulici) e quello di Galanetto per il cinema porno. Se a tutto ciò aggiungiamo il lavoro scrupoloso di riproposta dei mitici sceneggiati degli anni 70 operato da ElleU, i programmi tv di Marco Giusti come Stracult e Cocktail d'amore direi sia venuto il momento per una riflessione: accettate questa mia. Da un lato si è inizialmente rivalutato il ruolo del cinema trash come "sostenitore" del cinema d'autore in una visione esclusivamente commerciale, ovvero: i produttori per finanziare il cinema d'autore prendevano i soldi dai filmacci che incassavano così bene. Ed è in parte vero. Il cinema popolare riempiva le sale, ma aveva altri meriti. Uno era quello di erede (soprattutto la commedia sexy) dell'avanspettacolo e del varietà: attori come Banfi, Bombolo, Vitali, Cannavale o Jimmy il Fenomeno sono delle macchiette viventi, così come la coppia "etno" Ciccio e Franco maestri nell'arte della parodia nelle mani soprattutto di Lucio Fulci e Mario Bava. Attori che riescono a tenere in piedi un film con la loro magnetica presenza, i loro tic, le battute, i modi di dire (ricordate ti spezzo la noce del capocollo tipico intercalare banfiano?) la mimica (Franco Franchi come Jerry Lewis?). Così era per i film di Totò che senz'altro portava queste caratteristiche, nella sua assoluta genialità, all'ennesima potenza. Credo pure che questo cinema avesse altre qualità che risaltano proprio alla luce delle ultime tendenze comiche televisive che rimandano a quel tipo di cultura. Le scoregge di Vitali e Bombolo e la dialettalità forzatamente comica di Banfi, la (s)capigliatura di D'Angelo li rendeva i paladini, parafrasando un famoso film di Brusati, i "brutti maleducati e stupidi" del politicamente scorretto ,che stride se contrapposto ai programmi televisivi d'oggi di un Pingitore servile e di regime. "Scorretto" era pure Maurizio Merli e Franco Nero e Tomas Milian gli eroi del poliziottesco italiano, rozzo e coatto, violento, sessista, che tanto piace a Tarantino con pestaggi, inseguimenti, città violente e giustizieri; rientra in questa ottica "antagonista" anche il western italiano (meglio che western spaghetti) rivoluzionario di "Giù la testa", "Quien Sabe", "Vamos a matar companeros", "Tepepa" e "Requiescant" di Lizzani con P.P.Pasolini... Importante quindi il ruolo socio-politico di questo cinema che vedeva in Rosi, Petri, Bertolucci, Bellocchio e Leone i referenti "alti". Sicuramente un ruolo conflittuale e di rottura che aveva anche la pornografia di Gerard Damiano o dei fratelli Mitchell. Oggi le molte fiction tv che vengono additate come eredi del cinema di genere, appaiono oltremodo ordinarie e patinate, "conformi" e asettiche tanto che la miniserie di Angelo Rizzoli Tre casi per Laura C. Con Lucrezia Lante della Rovere è parsa una (piacevole) voce fuori dal coro, per la sua profusione di sangue, un gusto morboso, le decine di sigarette fumate ed una relazione amorosa sui generis: insomma piuttosto controcorrente. Anche un prodotto come La Squadra (format inglese) mantiene una sua dignità popolare e legata alla quotidianità del cronachismo di nera. Ovviamente oltre alle situazioni studiate dagli sceneggiatori contribuiscono alla riuscita attori come Carpentieri, Bonetti, Gea Lionello Mario Porfito, Gaetano Amato e tutta una serie di compresenze prese dalla strada e i molti (si dice) strappati alla malavita locale. La terza serie vede regolare i conti con il clan Santarcangelo, l'amore tra la dissociata Carlotta Santarcangelo e il sovraintendente Nava e il lavoro sotto copertura del manesco Luciano. Antonio Ramaglia dopo aver sfiorato la morte soffre di attacchi di panico.
Si tende oggi a distinguere all'interno di un genere come la fiction quella di serie A e di serie B: alla prima apparterrebbero Il commissario Montalbano, Perlasca, Maria Josè di Lizzani, alla seconda i prodotti di Toscano-Marotta tra cui Il commissario Rocca, Commesse o Incantesimo della decana Maria Venturi e altri format adattati come Un medico in famiglia, Vento di Ponente (nel quale segnaliamo la presenza di Cosimo Cinieri già Jago al fianco di Carmelo Bene nell'Otello e poi con Fulci in Manhattan Baby) etc etc. La differenza sostanziale sta nel fatto che i prodotti di serie A hanno una impronta "cinematografica", di solito sono in soluzione unica o al massimo in due parti, vedono impegnati attori navigati hanno la musica di Morricone, la regia griffata e cose così. Risultano molto più interessanti da analizzare i prodotti minori, che sono quelli che fanno lo zoccolo duro. Interessante il recupero estivo in terza proposta di Turbo, questa volta dirottato su raitre, sottoprodotto di Rex, molto più povero e coatto con Roberto Farnesi non ancora famoso per Centovetrine, che ricorda il Franco Gasparri di Mark il poliziotto. Altrettanto valida la riproposta estiva de Il Bello delle donne, sottomarca di Commesse, molto più audace nei contenuti e nelle tematiche e girato decisamente peggio. Non so se vi è mai capitato anche per sola curiosità di farvi un giro nel forum di Incantesimo o di Un posto al sole: beh scoprireste una realtà... a parte: non so se chiamarlo submondo o altromondo è certo che a me ha preso un senso di meraviglia sincera.
Avevo letto tempo fa che lo sceneggiatore di Distretto di Polizia aveva avuto problemi allorquando decise di far morire il personaggio della psicologa interpretato da Carlotta Natoli. Per i non esperti si tratta di una fiction di grande successo trasmessa da Italiauno e prodotta dalla Taodue già produttrice di Uno bianca. "Ultimo" e "Il sequestro Soffiantini", tutte fiction di buon livello, diciamo di serie A. Ma torniamo al nostro sceneggiatore: beh si narra che sia stato fatto scendere dal taxista una volta confessato che era lui il responsabile della "morte" di Angela la psicologa. Questo è il vero pubblico delle fiction (quelle che interessano noi, di serie B ovviamente) di quel prodotto popolare che riecheggia la sceneggiata, nella quale il pubblico fa il tifo per il buono e vitupera "o malamente" con urla e schiamazzi. Nei forum di discussione ci si scambia le opinioni di quello che è successo con immotivata passione ed attaccamento morboso, avanzando ipotesi sugli eventi a venire, su quanto è stronzo questo o quel personaggio. Ecco quindi che la gente si appropria dei personaggi identificandosi con questo o quello e non tollera "prese d'iniziative" maldestre di chi scrive lo sceneggiato! I personaggi e gli attori diventano, con la complicità del fattore seriale, delle entità ferme, indistruttibili, qualcosa su cui si può contare, verso cui provare forme di affezione sincera. Molti di questi sceneggiati presentano in verità attori navigati ed esperti: Incantesimo 5 snocciola un cast che vede la partecipazione tra gli altri, di Paola Pitagora, Giuseppe Pambieri, Warner Bentivegna (con Ronconi in teatro dopo la "morte" del suo personaggio Emilio Duprè), Michaela Esdra, Delia Boccardo, Fiorenza Marchegiani, Orso Maria Guerrini , Nino Fuscagni, Ray Lovelock e la guest star Florinda Bolkan, tutti nomi di professionisti dello spettacolo televisivo e cinematografico degli anni 70. Le trame, soprattutto quella principale, consiste nell'amore impossibile tra un giovane lui (attualmente Lorenzo Flaherty) e una giovane lei (attualmente Barbara Livi), tormentati e con mille problemi che per innumerevoli puntate (la serie girerà con questa serie la boa delle novanta puntate circa) non fanno altro che vedersi-litigare-riappacificarsi-rilitigare-ririvedersi e così via, fino alla puntata di snodo (nel caso la 88esima) dove i due riescono finalmente a chiarirsi e comincia la "discesa" che porterà all'inevitabile happy end (non prima di un'ulteriore serie di iatture incomprensioni etc etc). Puntate come questa o quelle dove i due protagonisti finalmente amoreggiano costituiscono un cult tanto che sempre nel sito, vengono archiviate e si possono downloadare per la gioia dei moltissimi fans. Le sottotrame differentemente hanno una loro progressione temporale che costituisce il vero corpus dell'opera, il sostegno storico . La fiction come prodotto ad uso e consumo televisivo mutua dalla TV il carattere vorace e totalizzante dell'inglobare in se differenti linguaggi e generi: le fiction che scivolano (mai termine più appropriato) verso la soap, che a loro volta costituiscono la naturale evoluzione del romanzo rosa e poi del fotoromanzo, linguaggio popolare diffusissimo negli anni 60 e 70. Le soap soprattutto quelle delle reti mediaset (Un posto al sole di raitre appare nettamente superiore) sono un concentrato di diversi generi cinematografici e in un certo qual modo un surrogato deteriore (per qualità soprattutto), benché gli vada riconosciuto il merito di aver toccato tematiche inusuali legate all'attualità. Lo spot di Cuori Rubati, nuova fiction di punta di raidue recita "quando torni a casa ad aspettarti oltre ai tuoi ci sono loro!". Una politica invasiva che incide su un tipo di pubblico ormai indifeso ed in balia della scatola magica, diventata un distopico incubo orwelliano. Ciò che stride maggiormente riguardando il Maigret di Diego Fabbri e Gino Cervi (ma anche i varietà come Studio Uno e gli odierni epigoni) riproposto integralmente in edicola da ElleU, sono tre cose: la professionalità, i tempi e lo spazio. Gino Cervi recita prendendosi il suo tempo che gli serve per accendere la pipa ripetutamente, muoversi in una certa maniera, insomma caratterizzare fortemente il personaggio dotarlo di un profilo psicologico. Questo tempo visto oggi sembra eterno ma il riscoprirlo è molto piacevole: è molto "umano". Il montaggio è semplice e soprattutto compassato; non è ansioso/ansiogeno come quello di oggi. Il bianco e nero rende tutto più rigoroso. Nel varietà degli anni 70 lo spazio non è occupato, rimpinzato, luccicante baraccone; è aperto con scenografie semplici eleganti nella loro essenzialità. Certo parliamo della golden age del mezzo televisivo: oggi ne viviamo/subiamo la ineluttabile decadenza.