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PlayZebra (2005-2007) Anno 4 Numero 4 2006



Jaakko Heikkila

a cura di Anna Follo

Momenti di vero silenzio



interactive crossing between contemporary art and visual design


04 Cross Linked
Copertina da Artista / Cristina Mandelli / Alvise Bittente
Jaakko Heikkilä / Momenti di vero silenzio
Maura Banfo / Abitare i Nidi
Louis Kahn / Un cavallo a strisce non è una zebra
Neon Genesis Evangelion / Fame d'identità
Cyting / Ultràsuoni
Collectif-Fact / Food for our digital eyes
Opiemme / Organismi Poetici Modificati
Tacet / tacet / tacet
Truly Design / Visula Artists**
Scarpa graffiti
Poku Murakami
04 Pen Friend
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Lying dog, at Ebba's home,
digital colourprint, 2004

Lying guy, Jani and the rapids,
digital colourprint, 2004

Inside, in Hemos kitchen,
digital colourprint, 2003

QUANDO HAI INIZIATO AD USARE SISTEMATICAMENTE IL MEZZO FOTOGRAFICO COME STRUMENTO DI INDAGINE DI LUOGHI E PERSONE?
JH_ Ho iniziato ad usare sistematicamente la fotografia quando stavo lavorando a Bright Humility, nell’autunno del 1994. Non è stato un inizio consapevole, non l’avevo pianificato: ora però lavoro così.
Mi è piaciuto molto andare a casa delle persone e fotografarle durante i loro momenti di vero silenzio. Ho iniziato ad ascoltare. Da allora il mio modo di fare fotografie è simile all’ascoltare.

MI PUOI ILLUSTRARE LA STORIA DEL TUO LAVORO, DAL PROGETTO PIÚ VECCHIO A QUELLI FUTURI?
JH_ Ho iniziato a fotografare a casa, lavorando con la gente del mio territorio. Da giovanissimo, nel 1978/80, ho fatto una mostra collettiva con mio fratello e mio cugino sul tema della pesca nel mio villaggio natale. La pesca del salmone e del pesce bianco ha una tradizione di 800 anni.
Da studente ho fatto pratica con la fotografia in Polonia. Là ho fotografato moltissimo, e ho avuto modo di visitare il paese durante la guerra civile del 1982. Partendo da questo materiale ho organizzato una piccola personale che è stata esposta perfino a Helsinki, che al tempo era una grande conquista. Dopo aver lasciato l’università, nel 1989, ho ripreso a lavorare nella mia zona nativa, la Thorne River Valley, situata sul confine a nord tra la Svezia e la Finlandia.
Su questo materiale ho pubblicato Land of Ourn, che esplora la mentalità di confine. Ora vedo questo libro come il prologo del successivo: Bright Humility (1994/95).
Quest’ultimo libro è stato pubblicato nel 1997. Entrambi questi lavori hanno avuto origine nella Svezia del nord, un posto dove si parla ancora l’antico dialetto finlandese. Mi piaceva così tanto quel modo di parlare... mi spingeva sempre verso quel lato della frontiera.
Credo che questo sia stato il punto centrale, quello che mi ha insegnato ad ascoltare, ad ascoltare questo vecchio linguaggio.
Tra il 1998/99 ho passato molto tempo nella Russia del nord, stavo lavorando a un libro sulle popolazioni che vivono nei pressi del Mar Bianco. Gli abitanti di questi territori si chiamano Pomors.
Sempre nel 1999, in Ottobre, ho esposto all’European Patent Office il mio progetto Empty Spaces.
Nel 2000 ho esposto alla University Gallery di New Castel (UK). È stato eccitante, una bella esperienza. Ho avuto la possibilità di lavorare con una comunità molto compatta, 13 famiglie abitanti sulla stessa strada: Wallace Terrace è il nome della strada e della mostra.
Tra il Novembre e il Dicembre 2001 ho iniziato a lavorare a Harlem, è un lavoro lento, voglio produrlo lentamente, ci sto ancora lavorando. Ho risposto a questa intervista dall’internet café vicino a casa mia, sulla 150esima, tra Broadway e Amsterdam Avenue.
Ho iniziato a lavorare in Armenia nel 2004, proseguendo il progetto per tutto il 2005 prima a Venezia e poi a Los Angeles. Questo lavoro, Unspoken Destinies, si riferisce al massacro degli Armeni avvenuto tra il 1915 e il 1918. In questo periodo sto organizzando tutto questo materiale in vista della mostra che sto preparando per il prossimo Dicembre in Belgio, alla Kunsthalle Lophem. Questo mio progetto è stato molto supportato dal Frame (Finnish art exchange abroad).
Un paio di mesi fa ho pubblicato un libro sul mio villaggio natale. Le immagini che ti ho inviato insieme alle risposte sono tratte da questa pubblicazione.
Il prossimo progetto vorrei realizzarlo in Serbia, nella zona al confine con la Romania. Là c’è della gente che ha una lingua propria: solo parlata, non scritta.

QUAL È IL CRITERIO CHE TI PORTA A SCEGLIERE DI LAVORARE CON LUOGHI E SOGGETTI COSÌ DIVERSI TRA LORO (MAR BIANCO / NY)?
JH_ La scelta è totalmente casuale. Può anche derivare dalla semplice possibilità di fare qualcosa in un determinato luogo. Deve esserci la possibilità di poter stare a contatto con la gente.
Per esempio: a New Castle sulla strada viveva David, che era capace di leggere dagli occhi dei piccioni, che modo comodo di trasportare lettere. Questa era già una ragione sufficiente per lavorare in quella strada. Naturalmente per me la storia vuol dire molto. I Pomors, in Russia, hanno davvero una storia eccitante. E Harlem ha il suo sound fin dal primo momento.

IN BRIGHT HUMILITY LE TUE FOTO SEMBRANO SOTTOLINEARE IL LEGAME CHE UNISCE LE PERSONE AI LORO TERRITORI. QUESTA IMPRESSIONE È FONDATA?
JH_ Probabilmente non è solo un’impressione, ma per me questo modo di evidenziare i legami non è ancora consapevole.
Succede e basta. Le persone che fotografo sono davvero molto legate al loro territorio, non hanno viaggiato molto, la loro casa è il centro del loro mondo. Credo che questa tensione si crei naturalmente, durante i tempi silenziosi in cui lavoro fra le persone.

COME LAVORI IN CONTESTI DIVERSI? IN ALCUNE SERIE SEI ENTRATO IN CASA DELLE PERSONE CHE FOTOGRAFI E HAI AVUTO MODO DI INSTAURARE CON LORO UN LEGAME PIÙ STRETTO. A NY INVECE HAI FOTOGRAFATO PERSONE CHE FERMAVI PER STRADA. SI PUÓ DIRE ANCHE IN QUESTO CASO CHE IL TERRITORIO, IL CONTESTO, GUIDA LE MODALITÀ CON CUI SI CREA UNA RELAZIONE?
JH_ Le grandi città sono totalmente diverse dai remoti villaggi dell’Est. L’Armenia ne è un buon esempio: la gente è così disponibile, gentile e innocente, potresti fargli del male. Le porte sono aperte. La vita è aperta.
Nelle grandi città ti devi guadagnare la fiducia della gente. La privacy è importante, e la gente è sospettosa, naturalmente. L’ambiente ha senza dubbio la sua influenza, quindi la risposta è SI, un grande si.