Espoarte Anno 8 Numero 45 febbraio-marzo 2007
Intervista
Buio Dolore Carne Sangue E un corpo, quello di Franko B, che nell’azione performativa trascende in soggetto semantico. Spazio e tempo s’inscrivono in una dimensione circolare, quella della reiterazione del gesto, che è icona, indice e simbolo.
Il bianco, che all’inizio celava (come già nel teatro antico) il suo corpo, rendendolo una sorta di tabula rasa, scompare. È in corso un nuovo avvicinamento a Franko B. Al suo essere nel tempo, fragile e liscio nella pelle, prima che s’increspi in un segno, in una cicatrice, o assecondi un tatuaggio. E poi il vis à vis di Aktion 893, quando il pubblico (che tale non è, perché attivo nell’azione) si frantuma e ricompone nel singolo. Molti sono gli elementi, archetipi, che si compenetrano nella sua opera (performance, installazione, pittura) che è un unicum. In obiettivi, dialettica, poetica e, soprattutto, intensità.Catarsi, personale e collettiva. Sensualità e pietas - religiosa, ma non unicamente cristiana – quella stessa che trasuda dai lembi di tessuto, intrisi del suo sangue, con cui sono avvolti gli oggetti delle installazioni. E, ancora, il sacrificio. Il controllo, il suo dominio e la sua perdita. La trascendenza e il desiderio. La memoria e il ricordo. Il colore, ora quasi à plat, adesso totalizzante nei Black Paintings, ove si coagula sulla tela. La ricerca di Franko B, in sintesi, evade dall’atto della parole per approdare direttamente alla langue.
Luisa Castellini: Franko B. Oggi.
FranKo B: Negli ultimi 15 anni la mia ricerca si è sviluppata secondo diversi aspetti, ma in modo organico. In un certo senso, c’è stato ed è in corso un avvicinamento a me, che è un’altra via. L’artista utilizza se stesso e la propria arte per affrontare temi universali: ognuno ha la propria espressione e la mia è molto personale. L’arte deve essere una comunicazione e un sistema col quale porre domande. Il successo di un artista non si calcola in proporzione alle opere vendute, ma secondo quanto una ricerca è intimamente legata alle persone: il linguaggio visuale – arte, scrittura, poesia – deve essere contagioso e contagiare. L’arte deve essere un medium e diminuire quell’insieme d’ostacoli che ognuno di noi, vivendo, pone rispetto a se stesso e al suo rapporto col mondo.
L’arte e la comunicazione: «essere semplici è una questione molto sofisticata».
L’arte è una relazione d’empatia e fiducia che si crea col “pubblico”, per affrontare emozioni che di norma si cerca di evitare e che la società tende a tacere e rimuovere. Ma nelle emozioni più complesse si celano quelle più archetipe: si tratta del bisogno di comunicare, di dare e ottenere delle risposte. Essere semplici è una questione molto sofisticata, perché è difficile impiegare un linguaggio per com’è, nella sua verità, e non per nascondere qualcosa. I lavori che m’interessano sono poetici ed essenziali in questo senso ma per crearli e riceverli è necessaria la fiducia. E l’istinto.
L’artista e il ruolo dell’arte.
Ci sono uomini che se non fossero stati artisti non sarebbero stati nulla. Non si tratta di fortuna, ma di necessità, di ciò che può dare – e non può essere altro – un significato alla tua esistenza. Credo che l’artista – e la sua aura di “creativo” – sia sovrastimato e questo è un rischio per lui e il pubblico. L’arte deve essere un veicolo: è una questione sociale. È importante, ma come qualsiasi altra cosa nella vita, quanto quello che spinge ad alzarsi dal letto la mattina.
La performance: un non luogo ove si attua un ribaltamento di senso, in primis emozionale.
Quando presento un lavoro non fornisco dettagli: molto è basato sul progetto, ma io per primo non posso prevedere quanto accadrà, perché chi riceve l’opera ricorre al proprio linguaggio per leggerla, interpretarla e viverla. Per questo non esiste lo spettatore durante una performance - ovvero qualcuno che dà e un altro che riceve - e non c’è un rapporto di tipo attivo/passivo: si tratta sempre di uno scambio. Se questo non accade, allora non esiste l’opera o, ad ogni modo, non è quanto m’interessa. Nell’opera non è importante il mio punto di vista: una volta che l’azione prende vita, non è più mia. Non la posso più controllare.
Il tuo corpo come soggetto semantico.
Non esiste un’unica lingua, noi non la creiamo né possediamo. Esiste a priori e noi, semplicemente, l’assimiliamo. La lingua è ossigeno, è vita: se rinchiusa in una bottiglia, si consuma. La lingua è nell’aria: noi le doniamo il nostro accento, la comunichiamo ad altri che a loro volta la arricchiscono e così via.
La catarsi, la metafora e il transfert.
La catarsi è per definizione una liberazione, ma è anche il teatro della metafora, per scoprire, accettare o combattere qualcosa che non riusciamo ad affrontare. La lingua, come le sue metafore, cresce liberamente, ma non sempre si riesce a sentirla.
Le persone che partecipano alle mie azioni hanno reazioni differenti, perché vivono l’opera con la propria sensibilità e il proprio, personalissimo, alfabeto e background: io sono solo una scusa. L’esperienza può essere di diverso tipo – anche religiosa e sensuale – ma spesso è legata al desiderio. E la realtà è religiosa perché vogliamo che lo sia: tutto è sacro e niente è sacro, l’importante è riuscire ad assumersi la responsabilità di come ci sentiamo e di come viviamo. Ma il sacro è materia complessa, perché la Chiesa ne ha costruito, nei secoli, un’accezione restrittiva. L’opposizione tra sacro e profano è sterile, poiché tutto può essere una religione, anche alzarsi alle 6 del mattino. La religione è quello in cui decidiamo di credere.
Le installazioni. La poetica dell’objet trouvé condotta al limite. E l’infanzia.
È un’azione legata alla sfera del desiderio e non della verità: scelgo un oggetto che non è più voluto e amato dal mondo e ne è stato escluso. Non si tratta di riciclare, ma di una metafora: è dare una nuova vita, con un gesto d’amore, a qualcosa che è stato smarrito o maltrattato. L’infanzia è presente come memoria e desiderio – forse anche romantico – di un qualcosa che non ho mai avuto o, comunque, mai vissuto pienamente. Il rapporto difficile che ho con la mia infanzia, prende corpo negli oggetti, cui dono una vita attraverso la mia, con la fantasia: fantasia di non averli mai posseduti o fantasia di averli forse avuti.
La pittura e la corrispondenza (già delle installazioni) con alcuni segni (cuore, croce, uomo) sul tuo corpo.
La ricerca pittorica è uno sviluppo di quella performativa: in un certo senso ho sempre usato la lingua visiva, solo che la pittura si manifestava per via del corpo. Quanto mi guidava prima adesso è mutato. Un uomo, un artista, cresce nel confronto con se stesso, il proprio lavoro e il “pubblico”, altrimenti morirebbe.
Il limite fisico e l’abbandono della performance.
Oggi non posso più sostenerle o, almeno, spingerle in una direzione che per me è rilevante. Non sono mai stato interessato a condurre il mio fisico all’estremo durante le azioni e, se in certi casi è accaduto, ho sempre custodito l’intimità e la dignità del mio corpo. Allo stesso tempo non sento più la necessità di portare avanti quel tipo di lavoro e la situazione in cui viviamo è molto cambiata: oggi siamo saturati da immagini di violenza… La pittura è un’altra fase del mio viaggio. E per viaggiare è necessario partire, abbandonare il passato per arrivare. Ma non si arriva mai o, almeno, io non voglio arrivare mai. Voglio continuare a viaggiare, senza essere un turista.
Franko B è nato a Milano nel 1960. Vive e lavora a Londra.
Selezione Performance recenti:
2006 – Don’t leave me this way, Teatro dei Contrari, Roma
- Don’t leave me this way, a cura di A. B.Oliva, Certosa di Padula, Salerno
- Still Life, Colchester Arts Center, Colchester
2005 - Oh lover boy, the Crawford municipal Gallery, Cork
- I miss you, Kunsten festival des arts, Palais des Beaux- Arts /Palais voor Schone Kunsten, Bruxelles
- Aktion 893 (Why Are You Here?), National Review of Live Art, Glasgow
- Still Life, National Review of Live Art, Glasgow
2004 - Still Life, South London Gallery, Londra
2003 - I Miss You, Live Culture, Tate Modern, Londra
- Still Life, Warwick Arts Centre, Coventry
Selezione Mostre Personali recenti:
2006 - The black period, Galleria Pack, Milano
2005 - Long live romance, Galleria LipanjePuntin, Trieste
2004 - Volume 2: Franko B, Galleria Pack, Milano
2003 - E-FEST, Great Eastern Hotel, Londra
- This Is For You (selected work 1997-2003), Luke & A Gallery, Londra
- Poverty Is Not A Crime, Neon Gallery, Londra
2001 - Oh Lover Boy: The Exhibition, Home, Londra
- Now You Know Me, Klaus Engelhorn 20, Vienna
Selezione Mostre Collettive recenti:
2007 - Paranoia, Freud Museum, Londra
2006 - Paranoia, Leeds City Art Gallery, Leeds
- Paranoia, Focal Point Gallery, Southend
- Print Now, Victoria & Albert Museum, Londra
2005 - Corpo-Moda-Mente, Galleria Lipanjepuntin, Trieste
- Faltering Flame, Graves Gallery, Sheffield
- Resonance, Netherlands Instituut voor Mediakunst, Amsterdam
2003 - Urban Networks, Courtauld Institute of Art, Londra
- Art, Lies and Videotape, Tate Liverpool, Liverpool
- Independence, South London Gallery, Londra
- Open 2003, arts & cinema, Lido di Venezia
- Flesh for fantasy, Palazzo delle Papesse, Siena
Galleria di riferimento:
Galleria Pack, Milano