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Espoarte Anno 8 Numero 46 aprile-maggio 2007



Daniel Spoerri

Viviana Siviero

Intervista



Contemporary Art magazine


[GIOVANI]
46 Kinki Texas
52 Davide Bramante
56 Michael Fliri
60 Umberto Chiodi
64 Junko Imada
68 Ada Mascolo
72 Alessandra Baldoni

[PROTAGONISTI]
78 Daniel Spoerri
84 Franco Vaccari
88 Santiago Sierra
92 Andreas Hapkemeyer
96 Maurizio Bagnasco
100 Giorgio Marconi

[SPECIAL GUEST]
106 Nico Vascellari
110 Christiane Löhr
114 Nicola Di Caprio
118 Carlo De Meo
122 Paola Pezzi

[RUBRICHE]
130 Editoria

[Progetti&Dintorni]
132 Torino-Outlook
134 Mobili
135 Kerakoll Design

[Dossier Luoghi Spazi]
138 MAPP
140 C/O CAREOF

[Profili]
142 Marco Grassi

[EVENTI]
148 Paul Klee
150 Il Modo Italiano
152 Rachel Whiteread
Marisa Merz
154 Sguardi da nord
156 System error
158 Joel Peter Witkin
[Recensioni]
160 Collateral
162 Christopher Williams
163 Giorgio Armani

[IN GALLERIA]
168 Alessandro Ceresoli
169 Peppe Perone
170 Emily Jacir
171 Stefania Galegati
172 Guy Allot
173 Stefano Scheda
174 Matteo Montani
175 Eva e Franco Mattes
176 Alejandro Quincoces
177 Alessandro Bellucco
178 Lightness
180 Vasco Bendini
181 Jorge Eielson
182 Jan Albers
183 Carla Accardi
184 Guy Tillim
185 Arthur Duff
186 Dolls

[New Opening]
187 Marchese Arte
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Memento Mori
( la fille mère mise à nu par la mort, mème)

1990, assemblaggio su tavola cm 114x240x35
collezione Linda and Guy Pieters, Belgio

Santo Grappa, 1996
bronzo cm188x54x48
Kunstmuseum Solothurn

Eva Aeppli
L'autre cotè (l'altro lato)
bronzo
Foto di Barbara Raderschirdt, Colonia, Germania

Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, ospita nelle sue sale una magnifica mostra antologica di Daniel Spoerri, uno dei capisaldi della cultura artistica contemporanea. Nato nel 1930 in Romania, si trasferì in Svizzera negli anni ’40 per sfuggire alle persecuzioni fasciste. Giunse alla sua affermazione negli anni ’50 in Francia da esperienze di danza teatro e poesia. Ha sempre guardato all’aspetto magico delle cose, osservato gli effetti miracolosi delle acque della Bretagna, sviluppato investigazioni criminali, inventato la Eat Art, aperto ristoranti (attribuendo ai critici il ruolo di camerieri) partecipato attivamente a Fluxus; celebre soprattutto attraverso i suoi “quadri-trappola”. Fu fra i fondatori del Nouveau Réalisme, il 27 ottobre 1960, nell’appartamento di Yves Klein a Parigi con il giovane Pierre Restany, con Arman, Dufrèn, Hains, Klein, Raisse, Tinguely e Mahé de la Villeglé, cui si aggiunsero poi Niki de Saint-Phalle, Christo, Dechamps e Rotella.
Questa antologica – che raccoglie 180 opere provenienti da importanti musei, gallerie e collezioni private, fra cui quella dell’artista – rappresenta la più completa ed esaustiva mai realizzata in Italia, paese che fu teatro del suo esordio: fu la galleria milanese di Arturo Schwarz ad ospitare la prima personale nel 1961. Il comune di Seggiano gli conferì nel 2005 la cittadinanza onoraria, in virtù della realizzazione di quell’incantevole giardino – uno dei principali parchi ambientali italiani – da lui fondato alle pendici del Monte Amiata.


Viviana Siviero: La mostra al Centro Pecci evoca, nel titolo, l’idea della determinazione delle cose ad opera della combinazione casuale che richiama l’aneddoto, estesa a città intere nel progetto Musée sentimental…Per Lei l’incontro fortuito con un oggetto sembra trovare la sua logica cosmica. Che cosa rappresenta per Lei questa mostra?
Daniel Spoerri: Rappresenta molto, la considero la più bella che sia mai stata realizzata sulla mia opera. Raccoglie centottanta opere in nove sale. Nove sale piene di cose, e divise equamente fra lavori vecchi e lavori più recenti, che visti in maniera conseguente, rendono tangibili i legami e le differenze. È un confronto interessante anche alla luce della logica e della legge del mercato, perché i miei lavori vecchi possiedono attualmente un valore economico molto più alto di quelli nuovi e questa è una cosa che è capitata a molti artisti, come De Chirico ad esempio…

La sua giovinezza è caratterizzata dal fantasma della persecuzione. Le cose non sono state facili…
Non ho deciso di diventare artista perché avevo il dono del disegno o sapevo scolpire bene, ma perché non potevo fare altro. Era una questione di sopravvivenza. O mi ammazzavo o vivevo, così.

Una parte molto importante nella Sua poetica è legata al cibo. Nel ‘63 apre un ristorante nella Galleria J. di Parigi, nel ‘68 apre il ristorante Spoerri, a Düsseldorf, preceduto da ricerche sul cibo condotte in Grecia e nel ‘70 ha l’idea della Eat Art, opere d’arte con materiali commestibili.
I banchetti non nascono da un’idea di superbia, ma da un discorso in seno alla sopravvivenza, perché è legata intimamente all’idea di cibo come accordo necessario fra vita e morte. Per sopravvivere è necessario mangiare e io provengo da un’esperienza personale in cui non avevo soldi per una telefonata e tenevo per settimane un pezzo di pane secco in una scatola, consumandolo a poco a poco con l’accompagnamento di povere zuppe.
Quando ho avuto il denaro, ho immediatamente associato l’arte al cibo. Prima del banchetto viene il cibo, poi la cucina, il ristorante e quindi l’Eat Art.

Si tratta quindi di una sorta di evoluzione ideale con basi concrete…
È un’idea che va intesa come fosse una pièce teatrale. Il banchetto rappresenta una quintessenza dell’idea di cibo e di nutrimento, conformemente alle vecchie tradizioni: Leonardo Da Vinci e Andrea Del Sarto hanno realizzato celebri rappresentazioni di banchetti, lontani dall’idea di superbia, un aspetto che non mi interessa. Si trattava semplicemente di un modo altro di rappresentare il trionfo, attraverso il cibo e l’idea di abbondanza.

A Parigi al Museo Jeu de Paume, nel 2002, furono allestiti contemporaneamente 10 banchetti (mentre al piano terra era in corso una retrospettiva per evidenziare i legami fra i banchetti parigini e la Eat Art) in cui hanno mangiato 150 persone ogni sera e al termine dei quali venivano realizzati i tableaux-pièges, i quadri trappola. Il Banchetto cannibale, il Banchetto dei ricchi e dei poveri, il Banchetto del Nouveau Réalisme, ma soprattutto il Banchetto Palindromo, particolarmente difficile da realizzare…
Il palindromo è una figura molto affascinante. Ad esempio la parola DOGMA è un palindromo: crea, se letta alla rovescia, AM GOD. È un palindromo coniato dall'amico e artista André Thomkins, fantastico perchè prova simbolicamente che l’esistenza di Dio è un dogma. Bisogna credere ed è inutile e la dimostrazione è impossibile. Questo prova anche che andare avanti e indietro rappresenta una sorta di autodimostrazione rafforzativa. Il banchetto è palindromo in senso gustativo. Comincia con un primo, che visivamente dà l’impressione di essere un piatto che termina il menù. Ad esempio la prima portata è un brodo servito con una crema in modo da sembrare un cappuccino. A seguire, ciò che sembra un gelato si rivela invece un purè di patate con “praline” di carne. Ancora una mousse di pesce dalle sembianze di torta e così via fino agli spaghetti al pomodoro, che sono invece un gelato di vaniglia con salsa di fragole. A concludere il banchetto, un bidone dell’immondizia da cui vengono rovesciati avanzi, finemente realizzati col marzapane.

Un’operazione molto difficile da realizzare, che necessita di catering preparatissimo e ben nutrito…
Sono necessari 10 cuochi al lavoro per un centinaio di persone, per realizzare questo teatro gustativo, che può sembrare un gioco ma che per me racchiude il simbolo della vita. Nel 1969 ho ideato un film su questo tema, dal titolo Resurrection, con la regia di Tony Morgan. Comincia con un pezzo di merda che esce dall’uomo e poi si svolge tutto alla rovescia: l’uomo che mangia la carne, la compra, il macellaio la prepara, il bue al macello, il bue nel prato e il bue che defeca.
In tutto questo mi interessa la struttura circolare che mette in relazione vita e morte.

Secondo Restany gli appartenenti al Nouveau Réalisme erano accomunati dalla condivisione di una sorta di pratica alchemica. Egli la mise nella famiglia costituita da Tinguely e dalla moglie, per «la volontà di integrare la tecnica industriale nella metamorfosi del quotidiano». Sia Lei, sia Niki de Saint Phalle avete legato il vostro nome alla fondazione di un parco ambientale…
Eravamo amici; per un certo periodo ho abitato a 30 km da Tinguely. Egli e la sua prima moglie, Eva Aeppli, condivisero la stanza del mio albergo di Parigi, stanza che è riprodotta, in bronzo, in una scultura di Tinguely, la Testa del ciclope, oggi a Milly-la-Foret.
Il suo nome, Il Giardino, è una denominazione geografica si chiama così da più di 200 anni; nelle vecchie mappe si trova col nome Paradiso, quindi probabilmente Il Giardino del Paradiso. Era la proprietà degli Ugurgeri, signorotti locali. La proprietà costituita da 16 ettari di parco, restò invenduta per 5 anni, io la presi e la risistemai, cominciando col mettere fuori le mie opere, in modo del tutto rovinato. Nel suo cuore, il frantoio, c’è la mia residenza-laboratorio. Adesso sono 17 anni che il parco si abbellisce di capolavori e dieci anni fa pensai di dare vita alla fondazione. Ora le opere non sono più di mia proprietà e spero che questo favorisca la loro conservazione come collezione quando io non ci sarò più.
Il parco dei Tarocchi di Niki de Saint Phalle a Caparbio l’ho visto crescere, ma si tratta di un giardino monografico, fatto interamente da lei. La Fattoria di Celle nel pistoiese nasce, invece, per volontà di un collezionista, Gori, che ha acquistato i lavori da esporre secondo il proprio gusto. Il mio giardino, che si trova a 80 km a sud di Siena, in una zona particolarmente rigogliosa nel comune di Seggiano, contiene una raccolta di opere completamente realizzate e donate da amici. Io non sono un collezionista e la particolarità di questo giardino è la relazione privata e sentimentale che intercorre fra me e gli autori. È la dimensione emozionale a costituire il filo conduttore delle opere ivi contenute. Si deve compiere una passeggiata di 4 ore per vedere tutti i 16 ettari di sviluppo del parco.

C’è qualcosa fra le opere del parco, a cui tiene in particolar modo?
La prima moglie di Tinguely, Eva Aeppli, è la mia più cara e vecchia amica. Attualmente la fondazione possiede l’intera collezione delle sue sculture in bronzo. Le realizzava in seta cucita, assecondando una particolare visione cosmica ed astrologica della vita. Per la realizzazione in bronzo Eva si avvaleva del più bravo fonditore sulla piazza, Susse, che aveva lavorato per Giacometti e per i più grandi artisti del tempo. Aveva bisogno di un fonditore perfetto, perché nel metallo non andassero perduti i segni delle cuciture, la memoria del fine tessuto.

Il suo parco ha un’altra particolarità…
È vero, si tratta dell’unico parco ambientale che possieda un percorso botanico, realizzato da Irma Beniamino.

Perché ha scelto proprio l’Italia?
Per puro caso. Stefano Pezzato ha affermato che la mia opera e la mia vita sono completamente basate sul caso e questo rivela la logica interiore di un percorso che in realtà è prestabilito. Per questo si è deciso di intitolare la Mostra del Pecci, appunto, Non per caso.


Daniel Spoerri è nato a Galati (Romania) nel 1930. Vive e lavora fra la Svizzera, l’Austria e l’Italia.

Non per caso, a cura di S. Pezzato
Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci,
viale della Repubblica 277, Prato
Info: 0574-5317
www.centropecci.it
Fino al 29 aprile 2007

ll Giardino di Daniel Spoerri
Loc. Il Giardino, Seggiano (GR)
Info: 0564-950026
www.danielspoerri.org