Segno Anno 34 Numero 232 settembre - ottobre 2010
Intervista a Claudio Rotta Loria
Per questa mostra, allestita negli spazi della Galleria Marco Canepa Arte Contemporanea di Courmayeur, l’artista Claudio Rotta Loria ha selezionato un nucleo di lavori recenti ai quali si accompagnano alcune opere anteriori accomunate dalla presenza dell’elemento curvilineo. La rotondità, chiave di lettura dei lavori esposti, suggerisce un nesso interpretativo tra gli Equatori,piu’ recenti, e le opere che li precedono.
Chiediamo allo stesso artista di precisarci alcune ragioni di questo suo nuovo lavoro.
L’Equatore è il tema dominante della mia ricerca dall’inizio del nuovo millennio, un modo per pensare il mondo nei termini di una suggestione “geografica” di grande respiro ai limiti dell’astrazione.
Esso diviene, nei piccoli o grandi rilievi, un segno curvo carico di energia dipinto su carte a parete, che prolunga e continua il suo andamento elicoidale nello spazio proiettandosi sopra foto aeree dipinte. Le opere che lo rappresentano si configurano come porzioni, frammenti dell’intero che evocano l’immagine dell’abbraccio e dell’omphalòs, l’ombelico della terra. Analogamente, nelle grandi installazioni ambientali, la virtualità percettiva di questi lavori lascia spazio alla reale fisicità degli elementi costruttivi, segno forte di un mondo emozionale rotondo e intenso. Questa presenza dominante di linee e strutture curve e a spirale con cui do corpo all’Equatore – la rotondità, appunto, chiave di lettura di questa mostra – suggerisce un nesso interpretativo tra gli Equatori e l’ “altro”, ossia le opere dei decenni precedenti che evidenziano, a posteriori, il costante processo di elaborazione dell’elemento curvilineo. Infine, lo spettatore può soffermarsi su alcuni miei lavori dei lontani anni Settanta (nei quali l’elemento curvilineo è parte di una grammatica cinetica e gestaltica che interessa i livelli minimali della percezione), già esposti in occasione di mostre sul movimento cinetico e l’Arte Programmata, realizzate in Italia alle Officine H di Ivrea, alla Galleria d’Arte Moderna di Zagabria e alla Galleria d’Arte Moderna di Praga.
Quasi in contemporanea con questa mostra, nei mesi estivi si è potuto ammirare la tua room installation Africa di Wulbari nelle serre del Castello di Racconigi, nel contesto della mostra “Scultura internazionale a Racconigi”, curata da Luciano Caramel. Qual è il legame tra quell’installazione e le opere presentate a Courmajeur?
Africa di Wulbari è un’installazione che ho realizzato nel 2004 sul contenuto cosmogonico di una leggenda del libro “Fiabe africane” di Einaudi. L’Africa evoca il giaciglio della leggenda. Delle stoffe multicolori sono compresse tra la sagoma superiore del continente, ricoperto di foto aeree, e quella inferiore di plexiglas, il cui spessore dipinto di blu oltremare evoca l’oceano che lo lambisce. L’opera è sospesa a mezz’ aria in un ambiente buio illuminato da luci di Wood che fanno risaltare le linee dell’Equatore e del 20° meridiano. Queste due linee insieme, danno forma a una croce simbolica, simbolo universale di sofferenza e rinascita: un’Africa che spicca il volo. Anche questo lavoro fa parte di un ciclo di opere sui continenti che, per la sua forte connotazione geografica (la rappresentazione, infatti, sembra imporsi sulla presentazione), è tematicamente collegato alla circonferenza più estesa del globo, l’Equatore appunto, segno convenzionale della tensione umana a un tipo di conoscenza capace di comprendere l’universale nel particolare e viceversa.
Mi pare che come nel recente passato, in occasione dell’excursus proposto a VillaVidua (Conzano) – che illuminava per la prima volta in modo unitario una parte tutt’altro che secondaria del tuo impegno creativo, vale a dire la tua attività legata agli interventi d’ambiente degli anni Settanta e alla fase installativa site specific successiva – la mostra da Marco Canepa è sostenuta dalla Fondazione Natale Capellaro e dal Museo Tecnologic@mente di Ivrea. Ci sono delle ragioni particolari per questa partnership?
La Fondazione Natale Capellaro di Ivrea, attraverso il Museo-Laboratorio Tecnologic@mente, è impegnata a diffondere i valori e la cultura dell’esperienza olivettiana anche attraverso l’approfondimento del dialogo con l’arte contemporanea e l’organizzazione di laboratori didattici che si avvalgono della collaborazione degli artisti. Negli spazi di questo originalissimo Museo-Laboratorio, promuovendo il rapporto con l’arte, si riprova a coniugare tecnologia e creatività, ricerca scientifico-tecnologica e libertà espressiva, nel solco di una ricchissima e feconda tradizione che negli anni Sessanta e Settanta vedeva impegnati in Olivetti grandi progettisti e designer come Bruno Munari e, in altri contesti, giovani che come me operavano nell’ambito dell’Arte programmata e della ricerca sul grado zero delle scritture visive e della percezione. Questo impegno, per chi vive l’arte come via di ricerca e conoscenza, è uno stimolante ritorno a una tensione utopica di promozione umana che, non subordinando l’attività artistica ai soli giochi dell’economia e dei poteri forti che oggi ne inquinano sostanza e motivazione, non rinuncia alla costruzione di un dialogo culturale con il pubblico che accede all’arte per vie diverse. La collaborazione con Marco Canepa Arte Contemporanea traccia un cammino semplice e accessibile.