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Inside Art Anno 7 Numero 71 dicembre 2010



Marinella Senatore, Memoria condivisa

Giorgia Bernoni

Come una visionaria funambola in costante equilibrio tra privato e pubblico, tra il singolo e la comunità e tra reale e irreale, la giovane campana traccia una personale mappa emotiva dell’interazione tra individui e luoghi



The Living Art Magazine


SOMMARIO INSIDE ART N. 71 – DICEMBRE 2010

Notizie
Premio Furla, selezionati i cinque finalisti di Silvia Novelli

Visto da
Michel Comte, il fotografo vagabondo di Ornella Mazzola

In cartellone
Expo mondo di Simone Cosimi
Expo Italia di Camilla Mozzetti

Copertina
Plus ultra da collezione di Patrizia Sandretto Re Rebaudengo
Macro, viaggiare senza spostarsi di Luca Massimo Barbero
Maxxi, premio Italia per emigranti di Maria Luisa Prete
Museo del ‘900, un teatro per la modernità di Massimiliano Finazzer Flory
Philippe Daverio: tanto rumore per nulla di Valentina Cavera

Primo piano
Marinella Senatore, memoria condivisa di Giorgia Bernoni

Eventi & mostre
Pablo Echaurren, quei tempestosi limiti dell’umano di Nicoletta Zanella
L’americano Sampaolo esplode a Miami di Elisa Turner

Musei & gallerie
Pordenone: Parco, non solo caserme di Camilla Mozzetti
San Fedele, riapertura con stile di Manfredi Lamartina

Vernissage
Le inaugurazioni in Italia di Emma Martano

Indirizzi d’arte
Le esposizioni in Italia di Maria Luisa Prete

Foto & video
Gli scatti da non perdere di Zoe Bellini
Mick Jagger, un animale da palcoscenico di Alessandra Vitale
Nicole Tran Ba Vang, icone di carne su corpi digitali di Giorgia Bernoni
Elisa Saggiomo, alta tensione dell’anima di Claudia Quintieri

Unpòporno
Mariano Vargas, sensuali madonne moderne di Serena Savelli

Talenti
Anna Ma, contadini antimaterici di Maurizio Zuccari

Controstoria dell’arte
Se Marinetti & co. suonano il rock di Pablo Echaurren

Argomenti
Mimmo Cuticchio, uomini e pupi di Maurizio Zuccari

Mercato & mercanti
Aste, vendite in crescita di Elida Sergi
La rivincita di Roy Lichtenstein di Stefano Cosenz
Art Basel: Miami, non solo fiera di Marilisa Rizzitelli

Mipiacenonmipiace
L’ingenuità dell’arte di Aldo Runfola

Formazione & lavoro
Isia, il quadrilatero creativo di Mattia Marzo
Dean West, scenari aborigeni di Giorgia Bernoni
Ecoarte, la cultura del recupero di Alessia Cervio
Rotary: botteghe artigiane, ritorno alle origini di Annarita Guidi

Architettura
Brasilia, l’utopia oltre la città di Lucia Bosso
Fabrizia Frezza, approdi del Mediterraneo di Simone Cosimi

Metropolis
Palais Dar Sabra, nel cuore del Marocco di Sophie Cnapelynck

Design & designer
Giuseppe Mazza, comunicare a bottega di Giulio Spacca
Esercizi di stile di Chiara Perazzoli
Raffaella Riccio, la regina del riciclo di Giulia Cavallaro

Letture & fumetti
Michel Houellebecq, mappe contemporanee di Silvia Moretti
Guglielmo Castelli, il colore dei vent’anni di Massimo Canorro

Musica & visioni
Marco Fabi, lavorare con lentezza di Valentina Farinaccio
“The history boys”, la classe non è acqua di Elena Mandolini
Sergio Castellitto, ma che bell’asino di Camilla Mozzetti

L’opera benedetta
Frank Horvat nel “caveau” di Benedetta Geronzi
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Quattro cavalieri in cerca d’autore
Maurizio Zuccari
n. 92 dicembre 2012

Lunga vita alle pin up
Serena Savelli
n. 90 ottobre 2012

La modernità come distacco
Félix Duque
n. 89 settembre 2012

L'estate che verrà
Maria Luisa Prete
n. 88 luglio-agosto 2012

Cultura:un manifesto per ripartire
Maurizio Zuccari
n. 85 aprile 2012

Mastromatteo. Il paesaggio in superficie
Maria Luisa Prete
n. 83 febbraio 2012




E’ possibile raccontare la comunità attraverso l’esclusivo operare di un singolo?
La molteplicità delle dinamiche sociali attraverso uno solo dei suoi componenti?
Decisamente sì, se a farlo è Marinella Senatore. La ragazza poco più che trentenne di Cava de Tirreni è infatti oggi con le sue creazioni tra gli artisti più indicati per sviscerare, in maniera assolutamente personale, il rapporto che lega osmoticamente l’uomo al suo tessuto sociale, antropologico e culturale. In un percorso sempre in bilico tra cinema e fotografia, i due poli espressivi entro cui finora si è mossa la sua ricerca, la Senatore scandaglia ed esplicita la tematica della partecipazione intesa come produttiva ambivalenza. Un’ambiguità che si riscontra proprio nella definizione di partecipazione e riguarda la doppia valenza semantica che assume il verbo “partecipare” tanto nell’uso politico che in quello comune: da un lato significa “prendere parte” a un determinato atto o processo, dall’altro “essere parte” di un organismo e di un gruppo. Come nel recente lavoro “Own double entry”, portato a termine grazie al diretto intervento delle comunità delle cittadine spagnole nell’area di Avila e Salamanca, l’arte della Senatore entra capillarmente nel tessuto sociale, nei meccanismi che regolano l’interazione, nei principi che dettano lo scambio tra i soggetti coinvolti. La sua, insomma, è espressione di quella che comunemente viene definita, in un universo complesso come quello artistico che cerca nella dogmaticità delle definizioni un agognato appiglio, “public art”. Alla base di questa sta il concetto di arte come forma comunicativa specchio della molteplicità delle relazioni collettive, strumento di incentivazione e mediazione, in grado di svolgere un ruolo attivo nelle dinamiche culturali e sociali del luogo in cui si colloca.
Contesti differenti attraverso i quali la videoartista si esprime, ma tuttavia univoci nella volontà di comunicare il continuo legame dialogico che esiste tra le vicende personali e la storia collettiva. Il suo è infatti un lavoro attento anche ai mondi possibili e paralleli, un viaggio al limite dell’accadimento che sviluppa una narrazione partendo da un episodio reale, come succede in Manuale per i viaggiatori: il video del 2007 presentato al museo Madre di Napoli in cui la vicenda centrifuga e immaginifica si dipana intorno al dato reale del giorno di nascita dell’artista. Schegge di fantasia nate da frammenti di possibile, evocazioni oniriche maturate da quotidiane epifanie. Come nella serie di dipinti “Smpte” del 2008, in cui in un elegante chiaroscuro gli acrilici suggeriscono l‘ordinaria straordinarietà di ambientazioni familiari. O ancora nella serie fotografica del 2005 “Places”, dove oggetti banali e ambientazioni spoglie si arricchiscono di echi semplicemente grazie all’evocato dello spazio vuoto. Marinella scrive da un’autunnale New York, fornendo così un’interessante occasione per riflettere e confrontarsi con la sua già ricca produzione artistica.

Ricordi la tua prima opera? A quando risale e di cosa si tratta?
«È il video “I’ll never die” del 2003. Una catena di eventi apparentemente casuali si snodavano attorno a una serie di coincidenze e probabilità, elementi che tutt’oggi mi affascinano molto nella narrazione. Si tratta di un video molto semplice, una natura morta che si anima nel finale, quando la serie di eventi concatenati da origine a una coincidenza estremamente privata. Il racconto è articolato intorno all’anno della mia nascita e credo che in una maniera molto ingenua e istintiva, racchiuda già quegli elementi tipici del racconto che poi sono per me diventati materia di ricerca». Dove nasce la tua indagine e cosa ti guida nella ricerca? «Ho studiato belle arti e cinema, ora sto completando il mio dottorato di ricerca in Spagna con un focus sui sistemi relazionali di partecipazione collettiva nell’arte pubblica e le potenzialità dell’immagine filmica. I meccanismi della narrazione, i formati, le potenzialità linguistiche sono punti centrali della mia ricerca ma alla fine la verità è che mi piace molto quello che faccio e lo vivo intensamente. Sono curiosa e mi diverto così tanto che non potrei mai smettere».

Le tue opere sono all’insegna della multidisciplinarietà, a cavallo non solo tra videoarte e fotografia ma anche tra scenografia e pittura. Come riesci a gestire questa varietà di componenti e ottenere un risultato comunque omogeneo?
«Mi piace pensare che per ogni cosa che voglio dire, studiare, approfondire e condividere posso trovare, inventare e riscoprire mezzi diversi e linguaggi differenti. Del resto del cinema m’interessa la potenzialità del linguaggio, come anche dei suoi formati, non il suo immaginario».

Molti tuoi lavori si incentrano sulla tematica della partecipazione intesa come esperienza del coinvolgimento. Puoi spiegare meglio questo aspetto?
«Quando lavoriamo, i partecipanti innanzitutto imparano qualcosa e poi lo portano con sé assieme al ricordo di essere stati sul set. Trovo estremamente interessante poter ribaltare la posizione di chi guarda passivamente a partecipante attivo. Il pubblico viene dunque coinvolto come attore e tecnico non professionista: i partecipanti imparano a utilizzare la camera, a costruire il set, a organizzare la produzione e a gestire gli attori; altre volte addirittura è stato coinvolto come produttore. È il caso della campagna “Un euro para ser productor” dove oltre 1.200 cittadini di Madrid hanno prodotto un musical, girato nel 2009 in Spagna».

Attraverso la memoria colleghi episodi personali a processi collettivi dove fatti e finzione finiscono per sovrapporsi. Qual è la funzione di questa stratificazione?
«Cerco di mettere in atto una relazione affettiva che si trasmette di storia in storia, di voce in voce. Il racconto, la memoria collettiva, la narrazione in genere, diventano scambio».

In che modo interpreti ed esplichi la tua funzione di artista come creatrice di altre realtà?
«Credo che il mio ruolo sia andato definendosi sempre più come quello di un “attivatore”, una sorta di direttore d’orchestra che provoca l’avvenire di un processo e poi ne organizza la costruzione, creando, in alcuni casi, una piattaforma dove sia possibile che accadano delle cose. Il modo di raccontare delle persone, dei gruppi più diversi che coinvolgo in questi processi, mi insegna ogni volta cose nuove, arricchendo anche l’esperienza pratica, oltre che il potenziale immaginativo».

C’è qualche mezzo artistico che ancora non hai preso in considerazione e ti piacerebbe affrontare?
«La performance».

Ti muovi su set molto popolati, come regista in che modo comunichi e ti destreggi tra i tuoi collaboratori?
«Innanzitutto comunicando con chiarezza le proposte e il potenziale di scambio che può esserci fra noi; l’esperienza didattica che i tecnici e attori non professionisti vivono, è un punto importantissimo nel mio lavoro a cui sono francamente molto legata. Credo infatti moltissimo in quello che posso lasciare alle comunità con le quali lavoro: tutta la mia esperienza, le cose che ho visto e imparato lavorando o insegnando, ma anche in termini di memoria e racconti condivisi. La memoria privata non è mai estromessa da questo scambio».

Osservando i tuoi lavori risalta la componente legata all’utilizzo della luce o della mancanza di luce, come nelle ultime opere che presenti all’Ex Elettrofonica.
«Con il suo potenziale narrativo, la luce ha sempre attirato la mia attenzione: avevo solo quindici anni e già avevo capito che mi risultava facile manipolarla; assaporare come un leggero cambiamento di intensità o colore può determinare il senso di una scena, sia essa fotografica, pittorica, o altro. Ho studiato cinema esclusivamente per conoscere la luce in maniera approfondita e la figura di Giuseppe Rotunno è stata fondamentale per la mia formazione, proprio perché mi ha permesso di comprendere tutte le possibilità evocative della luce. La dimensione narrativa dell’illuminazione è un punto fondamentale del mio lavoro, gli spazi che costruisce sono carichi d’attesa e di una certa tensione narrativa».

Dopo New York c’è qualche altra città in cui ti piacerebbe vivere e lavorare?
«Andrò in Cile il prossimo anno per un progetto di residenza. Lì lavorerò con un’altra comunità di minatori, come ho già fatto con i minatori siciliani protagonisti della docufiction “Nui simu”. In Europa vorrei passare del tempo in Germania e in Polonia».

LA MOSTRA
“Coming soon” all’Ex elettrofonica

Oltre a una selezione di fotografie inedite, scattate durante i suoi ultimi lavori, l’artista realizza un’installazione creata appositamente per lo spazio. Attraverso differenti media, Marinella Senatore si propone di ricreare atmosfere che pongono l’osservatore in uno stato di continua aspettativa, “Coming soon” appunto, in attesa di un evento che deve ancora compiersi. Così la Senatore presenta un trailer di suggestioni, lasciando allo spettatore il compito di immaginarne la prosecuzione. Fino al 16 febbraio 2011. Galleria Ex elettrofonica, vicolo di Sant’Onofrio 10, Roma. Info: 0664760163; www.exelettrofonica.com.

L’ARTISTA
Finalista al Furla

Marinella Senatore è nata a Cava de’ Tirreni, in provincia di Salerno, il 21 marzo del 1977. Dopo essersi diplomata all’accademia di Belle arti di Napoli, ha frequentato il Centro sperimentale di cinema a Roma e ha insegnato sceneggiatura e video all’università di Cuenca in Spagna. Nella primavera del 2003 ha tenuto la prima mostra personale alla galleria T293 di Napoli. Oggi l’impegno di Marinella Senatore riscuote un successo di critica e di pubblico sempre più vasto, testimoniato inoltre dagli ultimi premi vinti: premio New York e premio Terna musei 2010. È finalista al premio Furla 2011.

ULTIME PERSONALI
2010, “Featuring”, Galleria Umberto Di Marino, Napoli
2007, Manuale per i viaggiatori, Museo Madre, Napoli
2006, “All the things I need”, Galleria Monitor, Roma
2003, Marinella Senatore, Galleria T293, Napoli

VIDEOSCREENING
2010
Videoprogetto, Roma, Birmingham
“The rencontres, internationales, Tabacalera”, Museo Reina Sofia, Madrid
“She devil 4”, Studio Stefania Miscetti, Roma
2009
“Playlist” video formalismi, Neon Campobase, Bologna
Camera con vista, Istituto italiano di cultura, Belgrado, Serbia
2008
“Videoreview”, Istituto italiano di cultura, New York, Usa