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Multiverso Anno 2010 Numero 10 2010



L’inventore che guarda le ombre

Stefano Coletto





SOMMARIO MULTIVERSO N. 10/LINK

1 Andrea Csillaghy
Editoriale

3 Amir D. Aczel
La correlazione quantica

Amir D. Aczel insegna Storia della scienza presso la Boston University ed è autore di numerosi libri di divulgazione scientifica, tra cui L’enigma di Fermat (Il Saggiatore, Milano 1998), Entanglement: il più grande enigma della fisica (Raffaello Cortina, Milano 2004), Il taccuino segreto di Cartesio (Mondadori, Milano 2006) e Le cattedrali della preistoria (Raffaello Cortina, Milano 2010).

7 Sabino Matarrese
La tela cosmica e la formazione delle galassie

Sabino Matarrese è docente di Cosmologia presso l’Università di Padova. Autore di circa duecento pubblicazioni sulle più prestigiose riviste internazionali di fisica e astrofisica, è membro dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e della missione del satellite Planck dell’Agenzia Spaziale Europea per lo studio della radiazione cosmica di fondo.

14 Angelo Vianello e Alberto F. De Toni
Complessità ed emergenza. Dalle leggi di natura alla creatività della vita

Angelo Vianello è docente di Biochimica vegetale presso l’Università di Udine. È autore di più di cento pubblicazioni sulle più prestigiose riviste internazionali di biochimica e biologia vegetale, nonché di articoli a carattere divulgativo su temi riguardanti l’evoluzionismo, la biodiversità e la morte cellulare programmata.
Alberto F. De Toni è docente di Strategia e gestione della produzione e di Gestione dei sistemi complessi presso l’Università di Udine. È autore e co-autore di quasi duecento pubblicazioni scientifiche e di volumi sui temi della complessità, fra i quali ricordiamo Viaggio nella complessità (con L. Comello, Marsilio, Venezia 2007), Prede o ragni (con L. Comello, UTET Università, Torino 2009), Il mondo invisibile dei pazienti fragili (con F. Giacomelli e S. Ivis, UTET Università, Torino 2010) e Visione evolutiva (con A. Barbaro, Etas Libri, Milano 2010).

25 Alessandro Minelli
Legami darwiniani

Alessandro Minelli è docente di Zoologia presso l’Università di Padova. Membro di accademie e organizzazioni italiane e internazionali, è autore di numerosi libri e articoli scientifici e di divulgazione scientifica. Tra le sue ultime pubblicazioni, Forme del divenire. Evo-devo: la biologia evoluzionistica dello sviluppo (Einaudi, Torino 2007).

29 Alfredo Altobelli
La ragnatela dello stagno

Alfredo Altobelli è ricercatore in Ecologia presso l’Università di Trieste e docente dei corsi di Ecologia e Informatica applicata all’ecologia (laurea triennale in Biologia) e di Telerilevamento delle risorse naturali (laurea magistrale in Biologia ambientale).

32 Giuseppe A. Botta
Le strade invisibili del contagio

Giuseppe A. Botta, medico, è docente di Microbiologia clinica e Malattie infettive presso l’Università di Udine. Ha lavorato, studiato, insegnato in prestigiose istituzioni di quattro continenti. È autore di Microbiologia dei batteri anaerobi (Edimes, Pavia 1994), Abbecedario di parassitologia medica (Forum, Udine 2001) e di numerosi articoli scientifici su riviste specializzate.

41 Elio Franzini
Il viaggio enciclopedico

Elio Franzini è docente di Estetica presso l’Università di Milano. Si è occupato delle tradizioni dell’estetica fenomenologica, del concetto di sentimento e delle correnti estetiche, poetiche e retoriche del Settecento, oltre che della questione dell’immagine, dell’icona e della rappresentazione. Tra le sue pubblicazioni più recenti, I simboli e l’invisibile (Il saggiatore, Milano 2008) e Elogio dell’Illuminismo (Bruno Mondadori, Milano 2009).
 
45 Gianluca Garelli
L’atto del tradurre. Questioni di filosofia del ‘linkaggio’

Gianluca Garelli ha studiato a Torino, Bologna, Heidelberg e Berlino; è docente di Storia dell'estetica presso l'Università di Firenze. Si è occupato principalmente di filosofia classica tedesca, ermeneutica filosofica, teoria della responsabilità, filosofia del tragico. Ha tradotto, fra le altre, opere di Peter Szondi, Kant e Hegel.

50 Jürgen Moltmann
Le relazioni dell’uomo

Jürgen Moltmann, professore emerito di Teologia sistematica presso l’Università di Tübingen, è considerato uno dei più grandi teologi del Novecento. Tra le sue principali pubblicazioni tradotte in Italia, ricordiamo Dio nella creazione (Queriniana, Brescia 1992), Teologia della speranza. Ricerche sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana (Queriniana, Brescia 2002) e Il Dio crocifisso (Queriniana, Brescia 2002).

53 Giancarlo Zizola
I legami dell’accoglienza

Giancarlo Zizola è scrittore, vaticanista e giornalista specializzato in questioni religiose. Ha scritto per numerosi quotidiani e settimanali e collabora con «Il Sole 24 ore» e «Repubblica». È fra i fondatori del Centro Culturale per l’Informazione Religiosa, che ha diretto per un decennio. Fra le sue numerose pubblicazioni L’altro Wojtyla, riforma, restaurazione e sfide del Millennio (Sperling & Kupfer, Milano 2003) e Benedetto XVI, un successore al crocevia (Sperling & Kupfer, Milano 2005).

56 Roberta Valtorta
Alessandro Sambini. Cumuli

Roberta Valtorta, critica e storica della fotografia, è direttrice scientifica del Museo di Fotografia Contemporanea (Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo). Il suo ultimo libro è Volti della fotografia, (Skira, Milano 2005).

3 Renzo Guolo
Tra paura, identità e localismo: la nuova fragilità dei legami sociali

Renzo Guolo è docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Padova. È considerato uno dei massimi esperti italiani di fondamentalismo islamico. Fra le sue ultime pubblicazioni, La via dell’Imam. L’Iran da Khomeini ad Ahmadinejad (Laterza, Roma-Bari 2007), Potere e responsabilità. Obama, l’Islam e la comunità internazionale (con A. Caffarena, Guerini e Associati, Milano 2009) e Identità e paura: gli italiani e l’immigrazione (Forum, Udine 2010).

6 Gianpiero Dalla Zuanna
La famiglia-grappolo

Gianpiero Dalla Zuanna, docente di Demografia e preside della Facoltà di Scienze Statistiche presso l’Università di Padova, si occupa delle problematiche legate all’integrazione delle seconde generazioni di immigrati. Tra le sue ultime pubblicazioni, Fare famiglia in Italia (il Mulino, Bologna 2003), La rivoluzione nella culla (con F. Billari, Università Bocconi Editrice, Milano 2008) e Nuovi italiani. I giovani immigrati cambieranno il nostro paese? (con P. Farina e S. Strozza, il Mulino, Bologna 2009).

11 Luigi Zoja
Generazioni s/legate

Luigi Zoja, psicoanalista, è stato presidente del Centro Italiano di Psicologia Analitica e dell’International Association for Analytical Psychology, l’associazione degli analisti junghiani nel mondo. Fra le sue pubblicazioni, tradotte in quattordici lingue, ricordiamo Nascere non basta. Iniziazione e tossicodipendenza (Raffaello Cortina, Milano 1985 e 2003), La morte del prossimo (Einaudi, Torino 2009), Contro Ismene. Considerazioni sulla violenza (Bollati Boringhieri, Torino 2009, Premio Internazionale Arché), Centauri. Mito e violenza maschile (Laterza, Roma-Bari 2010).

14 Patrizia Fiore
Il diritto come garanzia per un linguaggio egualitario

Patrizia Fiore, avvocato, collabora con Sincrotrone Trieste S.C.p.A. e con il Ministero dell’Università e della Ricerca a Roma. È socia di Avvocatura per i diritti LGBT – Rete Lenforfd, una associazione nata per promuove la costituzione di una rete di avvocati che si occupano della tutela giudiziaria delle persone LGBT e che mette in contatto professionisti che operano su tutto il territorio nazionale.

18 Luigi Cottini e Daniele Fedeli
Creare ‘link’ a scuola. La sfida dell’integrazione degli allievi con disabilità

Lucio Cottini è docente di Pedagogia speciale presso l’Università di Udine e autore di numerosi volumi sull'integrazione scolastica degli allievi con autismo, editi con prestigiose case editrici nazionali.
Daniele Fedeli è ricercatore in Pedagogia speciale presso l’Università di Udine e autore di pubblicazioni sui disturbi del comportamento e sui deficit di attenzione.


21 Loretta Napoleoni
Scambi, mercati e democrazia

Loretta Napoleoni, economista italiana di formazione anglosassone, si è occupata in modo approfondito dello studio dei sistemi finanziari ed economici attraverso cui il terrorismo finanzia le proprie reti organizzative. Consulente di governi, forze di sicurezza e banche, ha appena pubblicato Maonomics (Rizzoli, Milano 2010).

27 Alberto Abruzzese e Derrick De Kerckhove
Saper leggere il libro del mondo. Reti e connessioni al tempo di ‘Avatar’

Alberto Abruzzese è docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università IULM di Milano e autore di numerosi saggi e ricerche sulla comunicazione di massa e sui nuovi media.
Derrick De Kerckhove, docente presso le Università di Toronto e di Napoli ed erede intellettuale di Marshall Mcluhan, è uno dei massimi studiosi della cosiddetta web society. I suoi concetti di ‘brainframes’ e di ‘intelligenza connettiva’ sono al centro del dibattito contemporaneo sulla cultura e sull’arte.

38 Giovanna Cosenza
L’ossessione del ‘link’

Giovanna Cosenza è docente di Semiotica, Semiotica dei nuovi media e Semiotica dei consumi presso l'Università di Bologna. Si occupa di comunicazione politica, nuove tecnologie, scrittura professionale. Tra le sue pubblicazioni, La pragmatica di Paul Grice (Bompiani, Milano 2002), Semiotica dei nuovi media (Laterza, Roma-Bari 2008) e la curatela del volume Semiotica della comunicazione politica (Carocci, Roma 2007). È autrice del blog sulla comunicazione DIS.AMB.IG.UANDO: www.giovannacosenza.it.

40 Sergio Polano
Asterischi

Sergio Polano è architetto e designer ed è stato per molti anni docente di Storia dell’arte contemporanea presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia.

43 Alberto Bassi
Il designer è un connettore

Alberto Bassi si occupa di storia e critica del disegno industriale. È docente di Storia del design contemporaneo presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Fa parte della redazione di «Casabella» e collabora con riviste di settore e con l’inserto domenicale de «Il Sole 24 ore». Fra le sue ultime pubblicazioni La luce italiana. Il design delle lampade 1945-2000 (Electa, Milano 2003), Antonio Citterio industrial design (Electa, Milano 2004) e Design anonimo in Italia. Oggetti comuni e progetto incognito (Electa, Milano 2007).

46 Stefano Coletto
L’inventore che guarda le ombre

Stefano Coletto, curatore di arte contemporanea, lavora presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia nell'ideazione e coordinamento delle diverse attività; dal 2005 si occupa del progetto internazionale ‘Tomorrow now. Pratiche artistiche contemporanee nella cultura digitale’; ha partecipato e curato conferenze e progetti per istituzioni pubbliche e private su temi di antropologia ed estetica dei nuovi media.

51 Mario Piazza
Parlare con le figure

Mario Piazza è docente e ricercatore di Disegno industriale per la comunicazione visiva presso il Politecnico di Milano. Si occupa di progettazione visiva nel campo della comunicazione, dell'editoria, dell’immagine coordinata e nell’allestimento di mostre ed eventi. Dal 1992 al 2006 è stato Presidente dell’AIAP, l’associazione che riunisce e rappresenta i grafici italiani. Ha pubblicato numerosi articoli e studi su riviste specializzate e una dozzina di libri dedicati alla divulgazione e alla storia della progettazione grafica.

57 Andrea Trincardi
La rete nella città, la città nelle reti

Andrea Trincardi, architetto ed eco-designer, è stato socio fondatore della Associazione Italiana di Ecologia Umana ed è coordinatore del Laboratorio Sperimentale di Sostenibilità Edilizia, una struttura che coinvolge scuole, enti di ricerca e imprese in attività sperimentali e di divulgazione dei temi dell’ecologia dell’abitare e della sostenibilità. Da anni partecipa a convegni e assemblee sulla sostenibilità ed è autore della Guida all’acquisto della casa sostenibile (Il Sole 24 Ore, Milano 2006).

61 Andrea Csillaghy
Muse, arti, saperi, sentimenti: un ‘link’ complesso

Andrea Csillaghy, già preside della Facoltà di Lingue e letterature straniere presso l’Università di Udine, si è occupato e si occupa di lingue e culture classiche e moderne delle aree uralica, altaica e mitteleuropea.
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La questione di come l’artista utilizzi il sapere scientifico e tecnologico per il suo lavoro è uno degli argomenti più discussi e complessi per la critica e la teoria dell’arte.
Può essere utile introdurre una riflessione metodologica che ci aiuti a inquadrare la questione.
È assodato che viviamo in una società che ci fa attraversare velocemente ambiti culturali differenti, che rielabora e diffonde semplificazioni di conoscenze, scoperte, invenzioni che appartengono a un sapere scientifico con elevata specializzazione; una società dell’informazione connessa alla produzione e al consumo incessante di prodotti materiali e immateriali, orientata su un marketing complesso che accerchia l’individuo in tutta la sua sfera emotiva e cognitiva, e lo ingloba in mondi artificiali e seduttivi.
Pensiamo all’incredibile crescita degli studi nel campo delle neuroscienze a partire dagli anni ’90, dovuta alla diffusione e all’utilizzo dei sistemi di visualizzazione e analisi delle attività cerebrali. Alcuni studiosi parlano di brain factor, che influenzerebbe altri ambiti come l’estetica e la riflessione sulla natura dell’esperienza artistica. Questa tendenza è presente nelle riviste generaliste, orientate alla seduzione e alla comunicazione di nuovi stili e prodotti, e diventa un’occasione per riflettere sulla natura delle nostre percezioni, su come ci colpisce un volto, su come, ad esempio, i profumi agiscono a livello cerebrale e così via.
Il sapere scientifico così divulgato e tradotto diviene un aggregato di sociologia, neuroscienze, moda, che suggerisce nuovi modi e stili di vita. L’importante è che nuovi fenomeni sembrino generarsi e che nuove tendenze sembrino sul punto di emergere.
Da una parte queste pratiche traduttive generano a loro volta tendenze, novità, prodotti; dall’altra, in modo forse meno superficiale, sono il miglior sostegno alla società del capitalismo immateriale e dell’informazione culturale, che propone nuovi contenuti per libri, riviste, discussioni...
Il rischio è la semplificazione eccessiva; il vantaggio, invece, una divulgazione in grado di ampliare la diffusione del sapere. Pensiamo solo all’abitudine di intervistare noti scienziati: l’intervista in qualche modo traduce e semplifica, teatralizza e personalizza, collegando il sapere a un carattere; riduce la conoscenza a uno spot e a una storia personale. Da un’intervista non capiremo la teoria dei quanti nelle sue implicazioni matematiche, ma individueremo dei concetti collegati alla storia di un individuo utili per una biografia, un eventuale romanzo o per stimolare una curiosità altra.
Da un certo punto di vista questo sistema che metabolizza e restituisce i saperi specializzati è utile e non aggirabile, nel senso che è difficile per un individuo pretendere di essere esperto di numerose discipline. Quindi la buona divulgazione, anche se veicolata dalla pubblicità e dal marketing, è fondamentale per una trasversalità culturale.
È necessario, però, contestare una certa propaganda progressista che si annida nella stessa divulgazione e che, come dicevamo prima, si nutre della ricerca del nuovo. Non è difficile identificarla. Nasce da un ragionamento sequenziale di questo tipo: poiché c’è una crescita e uno sviluppo del sapere scientifico e della tecnologia, è sufficiente interessarsi direttamente a questi per produrre nuove e importanti opere nel campo dell’arte, del design, dell’architettura, della letteratura.
Questo ragionamento comporta il pregiudizio che l’artista più innovativo e più contemporaneo sia colui che conosce, usa, interpreta per fini artistici i nuovi saperi, le nuove tecnologie o le nuove tendenze sociologiche generate da tali saperi e tecnologie.
In realtà il rapporto tra l’artista e il sapere a lui contemporaneo è più complesso, quindi l’essere contemporanei non significa necessariamente essere illuminati dal sapere che in quel tempo si è affermato. Dice Giorgio Agamben che il contemporaneo vede l’ombra della luce del proprio tempo; l’artista contemporaneo tematizza le questioni del suo tempo, ma non cavalca in modo schematico, lineare, «le magnifiche sorti e progressive».
L’artista, quindi, problematizza, anzi, potremmo dire che questa è la sua tensione verso il sapere scientifico, e in generale verso ogni sapere specialistico.
Problematizzare significa porre nuove questioni all’interno del sapere e del modo in cui il sapere agisce sulla nostra società; vedere l’ombra della luce, ovvero vedere l’ombra delle scoperte scientifiche; vedere anche l’ombra delle traduzioni ideologiche non culturalmente fondate e riproporre questioni culturalmente più complesse.
La difficoltà, però, sta nella definizione di sapere contemporaneo e nelle modalità con cui si può problematizzare questo sapere, cioè di quale sia/siano il tema/i temi culturali del presente. Non esiste una risposta semplice: le scoperte e i saperi della scienza vengono tradotti, qualcosa si diffonde nell’aria, un rilevante gruppo di persone comincia a pensare in un certo modo… Dice Richard Dawkins che un meme si installa nel nostro cervello.
L’artista non potrà mai essere uno scienziato, ma nella società contemporanea potrà avvalersi di collaborazioni, contatti, sinergie che, insieme ai materiali divulgativi (libri, magazines, interviste), traducono saperi specialistici. Tutto serve a individuare un meme o più memi.
L’artista contemporaneo, inoltre, conosce altri artisti, autori, movimenti che a loro volta costituiscono un sapere; si ispira a qualcuno, rimanda a, legge un particolare critico o teorico, allestisce e costruisce le sue pratiche in base a esempi e varianti analizzati. Importa, quindi, nel proprio campo culturale altri memi, saperi re-interpretati, tradotti, mediati dal sistema della comunicazione.
In questo modo, da un’apparente semplificazione può nascere un lavoro complesso e originale, il cui valore sarà proporzionale all’accrescimento che apporterà al campo dell’arte contemporanea; nel caso di un lavoro di altissima qualità, esso produrrà un meme che attraverserà più ambiti, verrà divulgato e diventerà significativo.
In realtà la traduzione dei saperi e il dibattito sulla traduzione dei saperi in una cultura delimitano un ambito che si arricchisce e che intercetta la crescita dei saperi stessi e può essere fondamentale anche per importare negli ambiti più specialistici aggiornamenti e trasformazioni.
Vedere l’ombra della scoperta scientifica non significa che l’artista debba criticare la scienza, che debba essere tecnofobo, ma piuttosto che sia capace di cogliere temi complessi dalle traduzioni della società contemporanea, che sappia importarli nel suo specifico campo e, importandoli, sappia rielaborarli con i propri strumenti e le proprie metodologie.
Questa operazione può essere sollecitata e articolata dalla figura del critico o del curatore; quello che noi possiamo fare è proporre nuove trasformazioni e traduzioni, mantenere viva la tensione, in sostanza aprire strade ulteriori che alimentino opere, scoperte, invenzioni, applicazioni.
‘Siamo nell’era digitale’ significa che stiamo generalizzando una riflessione sul fascino che possono avere alcune novità emerse negli ultimi anni nelle tecnologie informatiche, ovvero che esse stanno cambiando alcune abitudini del nostro quotidiano.

Ma siamo sicuri di essere nell’era digitale?
Amplio la questione, metto in dubbio una vulgata, introduco una discontinuità data da un’analisi del reale più capillare: non è detto che, per tutti gli adolescenti del mondo, internet sia così essenziale.
Proviamo a vedere cosa non fa il digitale: introduco un tema che può implementare gli argomenti culturali connessi all’analisi dell’era digitale (un procedimento, questo, che forse ricorda alcuni aspetti della teoria estetica di Adorno).

Se poi ci rivolgiamo a un artista, lui risponderà con un lavoro e, nella complessità di ciò che farà, forse diventerà un inventore nel suo campo, un inventore di temi, di materiali, di visualizzazioni e così via. Inoltre quel lavoro potrebbe avere una struttura tale da permettergli di parlare sia all’arte contemporanea, con il suo insieme di linguaggi e pratiche, sia, ad esempio, alla sociologia, che riflette sull’era digitale, o al tecnico informatico, per una nuova applicazione.
Stare dentro il fluido dei memi del presente è ciò che si chiede a tutti i traduttori culturali e agli studiosi del contemporaneo, sfidandone ogni abbaglio.

Stefano Coletto, curatore di arte contemporanea, lavora presso la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia nell'ideazione e coordinamento delle diverse attività; dal 2005 si occupa del progetto internazionale ‘Tomorrow now. Pratiche artistiche contemporanee nella cultura digitale’; ha partecipato e curato conferenze e progetti per istituzioni pubbliche e private su temi di antropologia ed estetica dei nuovi media