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Multiverso Anno 2012 Numero 11 2012



Gabriele Basilico fotografo misuratore

Roberta Valtorta





SOMMARIO N. 11


Giovanni Boniolo
A proposito di misura e proprietà
Giovanni Boniolo insegna Filosofia della scienza e Medical humanities all’Università di Milano e collabora con l’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano. Dirige il dottorato in ‘Foundations of the Life Sciences and Their Ethical Consequences’ alla Scuola Europea di Medicina Molecolare (SEMM) di Milano. Si occupa di filosofia della conoscenza, etica applicata, bioetica ed epistemologia. Di recente, ha pubblicato Il pulpito e la piazza. Democrazia, deliberazione e scienze della vita (Raffaello Cortina, Milano 2011).

Arnaldo Cecchini
La questione della misura
Arnaldo Cecchini, docente di Tecniche urbanistiche, è direttore del Dipartimento di Architettura Design e Urbanistica di Alghero (Università di Sassari). Presidente della Società Italiana dei Giochi di Simulazione (SIGIS), si occupa di giochi, partecipazione, modelli urbani.

Leopoldo Benacchio
Confrontare per conoscere, la sfida senza fine della misura
Leopoldo Benacchio è docente all’Istituto Nazionale di Astrofisica dell’Osservatorio di Padova e insegna all’Università di Padova. Accanto all’attività di ricerca, sulle tecnologie di calcolo, rete e Grid per l’astrofisica, dal 1995 si dedica alla comunicazione della scienza al grande pubblico e in ambiente didattico. Fra le sue pubblicazioni, Il grande atlante dell’universo (Fabbri, Milano 2003) e Alla scoperta del cielo (con A. Turricchia, Editoriale scienza, Trieste 2006-2009).

Massimo Vignelli
About Measure
Massimo Vignelli, designer, dagli anni ’60 è stato uno dei principali artefici del rinnovamento della grafica italiana. Nel 1971, con la moglie Lella, ha costituito la Vignelli Associates, lavorando per industrie statunitensi ed europee. Ha realizzato progetti grafici nel campo dell’editoria, dell’architettura e dell’arredamento, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti.

Alessandro Minelli
Ti farò fuori, ma con misura
Alessandro Minelli insegna Zoologia all’Università di Padova. Membro di accademie e organizzazioni italiane ed internazionali, è autore di numerosi libri e articoli di divulgazione scientifica. Tra le sue ultime pubblicazioni, Forme del divenire (Einaudi, Torino 2007) e Perspectives in Animal Phylogeny and Evolution (Oxford University Press, Oxford 2009).


Massimo Bernardi
Ossimori evolutivi: quando il tempo non invecchia
Massimo Bernardi, paleontologo, è collaboratore di ricerca presso il Museo delle Scienze di Trento e dottorando all’Università di Bristol (Regno Unito). È membro del team di progettazione del nuovo Museo delle Scienze di Trento (MUSE). Coniuga all’attività di ricerca scientifica quella di mediazione culturale, con particolare attenzione alla divulgazione delle tematiche relative alla storia della vita.

Guglielmo Weber
La statistica e il buon senso
Guglielmo Weber è docente di Econometria all’Università di Padova. Si occupa delle scelte di consumo, risparmio e investimento delle famiglie e di economia dell’invecchiamento. Dirige il gruppo italiano della ricerca ‘SHARE’, che cura la raccolta di dati sugli ultracinquantenni in vari Paesi europei.

Pietro Greco
La misura: il problema irrisolto della meccanica quantistica
Pietro Greco, giornalista scientifico e scrittore, dirige il Master in Comunicazione scientifica della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste. Ha diretto le riviste «JCOM. Journal of Science Communication» e «Scienza&Società». È conduttore del programma ‘Radio3Scienza’ e collabora, fra gli altri, con il quotidiano «L’Unità». Tra le sue ultime pubblicazioni, I nipoti di Galileo. Chi prepara il futuro della scienza e dell'Italia nell'«era della conoscenza» (Dalai, Milano 2011) e La febbre del pianeta (Cittadella, Assisi 2012).

Antonio Gambaro
Misurare il diritto
Antonio Gambaro è docente di Diritto civile all’Università di Milano. Ha insegnato presso varie istituzioni accademiche italiane e straniere. Accademico dei Lincei, è stato Direttore scientifico dell’International Association of Legal Sciences (UNESCO) e presidente dell’Associazione Italiana di Diritto Comparato. Si è dedicato soprattutto allo studio comparato dei sistemi giuridici, della storia del diritto, della proprietà.

Aluisi Tosolini
Misura e povertà
Aluisi Tosolini, filosofo e pedagogista, è dirigente scolastico del Liceo Scientifico di Parma. Ha insegnato Didattica presso l’Università Cattolica di Piacenza e la SSIS dell’Università di Parma. Si è dedicato, in particolare, alla ricerca teorica sui rapporti tra dimensione interculturale, cultura postmoderna e new media. Di recente ha curato la guida Zero poverty (con G. Caligaris, Città Nuova, Roma 2010).



Sabrina Tonutti
Homo. ‘Misura di tutte le cose’?
Sabrina Tonutti, dottore di ricerca in Antropologia culturale all’Università di Udine, si occupa di human-animal studies. È fellow dell’Oxford Centre for Animal Ethics.

Ugo Mattei
La grammatica dei beni comuni
Ugo Mattei insegna Diritto civile all’Università di Torino e Diritto comparato e internazionale alla University of California. È coordinatore accademico dell’International University College di Torino e collabora con il quotidiano «il manifesto». Segue come legale e militante le battaglie del Teatro valle e della TAV in Val di Susa. Di recente ha pubblicato L’acqua e i beni comuni (Manifestolibri, Roma 2011) e Beni comuni. Un manifesto (Laterza, Roma-Bari 2011).

Stefano Salis
Fare le regole e poi disfarsene. Con misura
Stefano Salis, responsabile delle pagine letterarie del supplemento Domenica de «Il Sole 24ore», collabora con l’annuario Tirature (il Saggiatore) e si occupa di editoria, letteratura, musica. Negli ultimi anni ha curato, fra l’altro, il volume Nero su giallo. Leonardo Sciascia eretico del genere poliziesco (2006), e l’edizione italiana di Il controllo della parola di Andre Schiffrin (Bollati Boringhieri, Torino 2006) e di Fame di realtà di David Shields (Fazi, Roma 2010).


Fabio Polidori
Il senso della misura
Fabio Polidori è docente di Filosofia teoretica all’Università di Trieste. Si occupa, in particolare, del rapporto tra la questione della soggettività e i linguaggi della filosofia. Redattore della rivista «aut aut», ha curato e tradotto dal francese opere di Bergson, Deleuze, Foucault, Ricœur. Tra i suoi libri, Necessità di una illusione. Lettura di Nietzsche e Passi indietro. Su verità, soggetto, altro (Bulzoni, Roma 2007, 2012).

Paolo Cacciari
Sviluppo sostenibile, un ossimoro. L’incommensurabilità delle forme della vita
Paolo Cacciari, giornalista, ha collaborato con numerose testate, tra cui «L’Unità». È stato assessore e vicesindaco del Comune di Venezia, consigliere della Regione Veneto e deputato. Fa parte dell’Associazione per la Decrescita e si occupa soprattutto di economia sociale e sostenibilità. Tra i suoi libri, Pensare la decrescita. Sostenibilità ed equità (Carta/Intra Moenia, Roma/Napoli 2006), La società dei beni comuni (cura, Ediesse, Roma 2010), Viaggio nell’Italia dei beni comuni (cura, con N. Carestiato e D. Passeri, Cafiero & Marotta, Napoli 2012).


Giovanna Cosenza
Misurare le parole
Giovanna Cosenza è docente di Semiotica, Semiotica dei nuovi media e Semiotica dei consumi presso l’Università di Bologna. Si occupa di comunicazione politica, nuove tecnologie, scrittura professionale. Tra le sue pubblicazioni recenti, Semiotica dei nuovi media (Laterza, Roma-Bari 2008) e Spotpolitik. Pechè la «casta» non sa comunicare (Laterza, Roma-Bari 2012). È autrice del blog sulla comunicazione DIS.AMB.IG.UANDO: www.giovannacosenza.it.

Giorgio Osti
Consumo solidale e lavoro. Due misure per ora disgiunte di benessere
Giorgio Osti è docente di Sociologia dell’ambiente e del territorio presso l’Università di Trieste. La sua ultima pubblicazione è Sociologia del territorio (il Mulino, Bologna 2010).

Guido Nassimbeni
Crescita in Cina: misura o dismisura?
Guido Nassimbeni è docente di Ingegneria economico-gestionale all’Università di Udine. È autore di numerose pubblicazioni sui temi dell’internazionalizzazione delle operations aziendali, delle reti di fornitura e dei processi innovativi nelle piccole imprese, tra cui Approvvigionamenti in Cina (con M. Sartor, Il sole 24ore, Milano 2004) e Le dimensioni della crescita aziendale (con R. Grandinetti, Franco Angeli, Milano 2007).

Roland Psenner, Elena Ilyashuk & Karin Koinig
La misura dell’ambiente: dall’Antropocene all’Olocene
Roland Psenner è docente di Limnologia all’Università di Innsbruck. Dopo studi di biochimica e microbiologia acquatica, si è occupato dei problemi ambientali delle acque alpine. Attualmente si interessa di temi ecologici, socio-economici e culturali in relazione alla montagna.
Elena Ilyashuk ha conseguito il dottorato di ricerca all’Istituto di Zoologia di San Pietroburgo (Russia). È esperta di paleoecologia. La sua ricerca si concentra in particolare sulla ricostruzione del clima e dell’ambiente del tardo Quaternario nelle zone artiche e alpine.
Karin Koinig è esperta di geochimica e di diatomologia, con specifico interesse sui laghi artici e d’alta quota. I suoi ambiti di ricerca comprendono la ricostruzione degli effetti antropogenici e delle oscillazioni naturali sugli ecosistemi acquatici.

Massimo Rossi
La misura dei luoghi
Massimo Rossi, geografo storico, laureato in Lettere all’Università di Ferrara nel 1986, è stato vincitore di una borsa di studio presso il centro cartografico della Newberry Library di Chicago nel 1989. Ha coordinato l’Archivio storico della cartografia estense per l’Istituto di Studi Rinascimentali di Ferrara e dal 1996 è responsabile della cartoteca della Fondazione Benetton Studi Ricerche. Per il Centro Italiano per gli Studi Storico-Geografici (CISGE) coordina la sezione di storia della cartografia.

Furio Honsell
L’inafferrabile ‘pi greco’
Furio Honsell, docente di Informatica presso l’Università di Torino, la Stanford University in California e l’École Normale Supérieure di Parigi, è stato Rettore dell’Ateneo di Udine fino al 2008. Ha all’attivo oltre un centinaio di articoli scientifici su argomenti di informatica teorica e applicazioni della logica all’informatica. Tra i suoi libri, L’algoritmo del parcheggio (Mondadori, Milano 2007) e Curiosità e divertimenti con i numeri (con G.T. Bagni, Aboca, Sansepolcro 2009).

Toni Zogno
Misurare lo spazio con la musica
Toni Zogno, architetto libero professionista di scuola scarpiana, si occupa di restauro, spazi collettivi e residenze eco-sostenibili. La musica è la sua seconda passione. Vive e lavora tra Veneto e Friuli.

Mauro Pascolini
Il valore dei luoghi: una misura per nuove carte
Mauro Pascolini, docente di Geografia presso l’Università di Udine, si occupa di dinamiche evolutive del paesaggio culturale, di comunità alpine e di sviluppo locale e degli aspetti multidimensionali del territorio, con particolare attenzione ai percorsi partecipativi e alle nuove rappresentazioni dei luoghi e degli spazi di comunità. È autore di numerose pubblicazioni, tra cui il volume Le Alpi che cambiano (Forum, Udine 2008), segnalato al premio Gambrinus ‘Giuseppe Mazzotti’.

Enrico Gori
La misura nell’ambito delle scienze sociali
Enrico Gori è docente di Statistica metodologica all’Università di Udine. È stato coordinatore del comitato tecnico-scientifico dell’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema dell’Istruzione (INValSI) e si occupa di valutazione dei servizi alla persona, con un interesse particolare per i settori dell’istruzione e della sanità.

Roberta Valtorta
Gabriele Basilico fotografo misuratore
Roberta Valtorta, critica e storica della fotografia, è direttrice scientifica del Museo di Fotografia Contemporanea (Villa Ghirlanda, Cinisello Balsamo). I suoi ultimi libri sono Il pensiero dei fotografi. Un percorso nella storia della fotografia dalle origini a oggi (Bruno Mondadori, Milano 2008) e Fotografia e committenza pubblica. Esperienze storiche e contemporanee (Lupetti, Milano 2009).
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Intervistato di recente da Michele Smargiassi nel suo blog fotocrazia, Gabriele Basilico, figura di spicco della fotografia contemporanea internazionale, conferma un aspetto fondamentale del suo metodo di lavoro: la misurazione. Ricorda: «Un giorno vidi una mostra dei Becher, con quelle loro collezioni maniacalmente ripetitive di manufatti industriali, come album di figurine, e fu una folgorazione. Capii allora un principio che resta fondamentale per il mio lavoro ancora oggi: con la fotografia non puoi giudicare il mondo, ma puoi fare una cosa molto più necessaria: misurarlo.
Prendere le misure dei luoghi da noi creati è più importante, più urgente che guardarli» (cfr. http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/tag/gabriele-basilico). L’incontro con Bernd e Hilla Becher data a metà anni ’70, il periodo nel quale Basilico inizia a lavorare sul tema della città postindustriale.

Qualche anno fa, nel 2007, aveva affermato: «Da quando la fotografia esiste non ha mai smesso di essere un efficace strumento di misurazione del mondo» (Oltre il paesaggio. Gabriele Basilico 1978-2006, a cura di V. Fagone, 2007). L’idea che la fotografia possa costituire uno strumento di misurazione è al centro della progettualità del documentarismo che indaga le trasformazioni in atto nel paesaggio contemporaneo, del quale Basilico è uno dei grandi protagonisti. Dal punto di vista storico, egli è un ‘misuratore’ del mondo come lo furono Eugène Atget ai primi del Novecento e Walker Evans nel cuore del secolo scorso, come lo sono stati i Nuovi Topografi statunitensi come Lewis Baltz, Robert Adams o Stephen Shore, o quegli straordinari topografi europei che sono stati appunto Bernd e Hilla Becher. Il lavoro di misurazione di Basilico assume come iniziale oggetto di attenzione Milano, la città dove è nato e vive quando non è in viaggio, e si allarga progressivamente alle altre città: ma questo significa anche che la città in quanto tale, questa eccezionale invenzione umana, è presa come metro di misura di un mondo nel quale, attraverso i complessi processi della storia e dell’economia, le cose costruite dall’uomo hanno progressivamente preso il posto di quelle della natura.

Parlando della città di Beirut, Basilico scrive: «Il mio lavoro è quello di fotografare le città […]. Conosco bene la ritualità dei gesti necessari legati all’esplorazione del tessuto urbano. Ma una città ferita, oltraggiata, ha bisogno di una sensibilità tutta particolare, pretende un’attenzione speciale, di partecipazione ma anche di rispetto. Prima ci sono la commozione e il dolore per la tragedia, poi la paura e l’esitazione che precedono l’inizio della pratica rituale della fotografia che esige considerazione e responsabilità. Poi qualcosa succede, forse la città ascolta, intuisce le esitazioni […]. Subentra un silenzio metafisico, una pausa dopo la quale si può agire, osservare, prendere le misure» (Pensa con i sensi, senti con la mente. L’arte al presente, a cura di R. Storr, 2007).

In questo equilibrio si colloca la sua fotografia: non misurazione rigidamente programmata ma, invece, progettata e insieme sentimentale, indagine sensibile rivolta a quell’oggetto complesso che è la città, con la quale egli si pone in dialogo come farebbe con una persona, con un organismo vivente. Si tratta dunque di una lettura di quel vissuto della città che in qualche modo resta impigliato nelle sue architetture, nei progetti che l’hanno disegnata nel tempo. Ancora, in altri suoi scritti, i concetti di misurazione e di equilibrio fra approccio emotivo e impegno documentario si evidenziano come fili conduttori intrecciati, idee che costantemente guidano l’autore nell’affrontare la complessità dei travagliati territori della contemporaneità. Scrive, inoltre, della sua ‘bulimia’ nei riguardi delle immagini, del suo scattare molto, in funzione di una visione dilatata e potenzialmente illimitata dello spazio costruito (G. Basilico, Architetture, città, visioni. Riflessioni sulla fotografia, a cura di A. Lissoni, 2007). Studiare il paesaggio contemporaneo nei suoi significati in continuo mutamento obbliga a scelte importanti, anche in termini non banali di tipo quantitativo. La fotografia, sappiamo, è un frammento, un prelievo dal reale, e questo rende difficoltoso elaborare un progetto di lettura del mondo di tipo veramente comprensivo. Basilico si pone questo problema fin dagli anni dei suoi esordi, quando, per affrontare l’identità della Milano della fine degli anni ’70, sceglie il metodo della serialità: il suo noto lavoro Milano. Ritratti di fabbriche (1980; 2009) è una articolata catalogazione delle fabbriche della città che si incrocia con la narrazione. Il risultato è un vasto insieme di fotografie che oggi consideriamo l’incunabolo di tutte le sue ricerche successive: in esso Basilico compie una campionatura delle fabbriche, emblema di una civiltà che è finita. Quando, successivamente, a metà anni ’80, l’impegnativo incarico all’interno della ‘Mission photographique de la DATAR’, grande progetto di indagine sul paesaggio contemporaneo voluta dallo Stato francese (G. Basilico, Bord de mer, 1990), lo porta sulle coste del nord della Francia, Basilico compie una svolta metodologica e sceglie la veduta come importante sistema visivo per affrontare la grandezza e la complessità dello spazio costruito. Dopo la catalogazione applicata alle fabbriche, la vastità della veduta che permette allo sguardo di spingersi fino all’infinito risponde all’esigenza di misurare lo spazio tra terra e mare: tutte le cose del paesaggio, una accanto all’altra, in modo definito e ‘totale’, vi sono rappresentate. È un lavoro di lenta lettura del mondo, di ‘comprensione’ nel senso letterale del termine. Non è un caso che dopo averla impiegata in questa importante occasione, la veduta diventi una modalità ricorrente nella sua opera. Se essa è palese protagonista nella ricerca su Beirut di cui si diceva, torna poi successivamente nel lavoro svolto a San Francisco e nella Silicon Valley (G. Basilico, Silicon Valley, 2008) o a Mosca (G. Basilico, Mosca verticale, 2008), la ritroviamo anche qua e là quasi in ogni sua ricerca recente, da Roma, a Istanbul, a Rio de Janeiro (G. Basilico, Roma, 2008; Istanbul 05 010, 2010). La veduta rappresenta la forma più compiuta della visione descrittiva del mondo, il modo più equidistante e per così dire meditativo, fondato com’è sul punto di vista dall’alto, privilegiato e assoluto, che consente la piena contemplazione e l’accoglimento quasi materno dell’immagine del mondo dentro l’inquadratura.

Nel tempo, Basilico ha utilizzato la veduta in versione più o meno ampia, alternandola a sguardi più ravvicinati degli spazi urbani, a riprese frontali o scorciate, ponendola dunque al centro del suo lavoro, come un perno intorno al quale si muovono le altre immagini, in alcuni casi anche sperimentando riprese dall’alto e talvolta ruotate, che mettono in evidenza la plasticità del paesaggio.

Un’altra esperienza di misurazione è rappresentata da un progetto particolare dal titolo Sezioni del paesaggio italiano, svolto nel 1997 insieme a Stefano Boeri (G. Basilico e S. Boeri, Sezioni del paesaggio italiano, 1997). Si tratta di un dialogo tra urbanistica e fotografia volto a restituire il senso dello spazio abitato attraverso l’individuazione di porzioni di territorio italiano giudicate emblematiche per l’analisi di importanti fenomeni che hanno caratterizzato lo sviluppo della città contemporanea: una tendenziale mappatura, un atlante di luoghi diversi, individuati per tipologie e analizzati trasversalmente. Dieci anni più tardi, nel 2007, Basilico ha realizzato una grande installazione della lunghezza di un chilometro lungo il perimetro del grande cantiere di Porta Nuova a Milano, a cavallo di via Melchiorre Gioia, una delle zone della città che sono in via di più radicale trasformazione. In quest’opera di public art consistente in una sequenza di forti ingrandimenti in bianco e nero di fotografie di Milano poste direttamente nella strada, la città per anni fotografata e la città reale si confrontavano nel corpo vivo del tessuto urbano, fra le auto, i passanti, il rumore, le strutture dei cantieri. Questa volta la misurazione prendeva la forma di un dialogo diretto tra la città fisica e la sua immagine. In quella occasione, Basilico dichiarava: «Sono un medico visivo, mostro le ferite della città. […] Io mi soffermo sul corpo della città per trarne immagini da meditare. Ascolto con gli occhi. Con sguardo estetico e compassionevole […]» (Un chilometro di Basilico, «ViviMilano», supplemento del «Corriere della Sera», 23 ottobre 2007).
Il tema dello sguardo contemplativo e della pietas verso i luoghi della contemporaneità così segnati dal caos, impediti ad avere una identità, talvolta sofferenti, è un’altra questione che innerva l’opera di Basilico: esercitare uno sguardo di comprensione nei riguardi del destino storico che ha progressivamente privato gli uomini contemporanei della bellezza del mondo. La propensione a vedere il tessuto della città come corpo, come insieme di parti funzionanti, o mal funzionanti, o malate, e a registrarne le eventuali emergenze, è dunque un altro tema importante che permette al suo lavoro di procedere su un piano concettuale e contemporaneamente emotivo.
Nel tempo Basilico ha insistito sul tema della città che perde la sua identità di luogo del trionfo della cultura industriale per diventare luogo della trasformazione post-industriale, post-moderna. Insistere ha significato percorrere e ripercorrere lo spazio, andare e ritornare nei luoghi, confrontarli tra loro, indagarli, tentarne davvero una misurazione. Proprio grazie a questa prolungata e sistematica osservazione delle città e delle strutture del mondo Basilico ha costruito un corpus di lavoro potente, un vastissimo insieme di rappresentazioni che aiuteranno chi verrà dopo di noi a capire, attraverso l’immagine dei luoghi, chi erano gli uomini che hanno abitato la terra nel periodo in cui essa è stata dominata e plasmata da un’economia così veloce e sfrenata.