Villa Manin
Codroipo (UD)
piazza Manin, 10 (frazione Passariano)
0432 821211 FAX 0432 908387
WEB
Munch e lo spirito del Nord
dal 22/9/2010 al 5/3/2011
25 settembre-1 novembre: tutti i giorni ore 9-19 Dal 2 novembre a fine mostra: Da lunedi' a venerdi': ore 9 - 18 Sabato e domenica: ore 9-19. Chiuso 24, 25, 31 dicembre 2010. 1 gennaio 2011 ore 10-20
0422 429999 FAX 0422 308272
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Studio Esseci




 
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22/9/2010

Munch e lo spirito del Nord

Villa Manin, Codroipo (UD)

Scandinavia nel secondo Ottocento. L'esposizione vuole, per la prima volta in Italia, costruire il racconto di una storia che identifichi lo spirito del Nord con la pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca. Specialmente dedicata al paesaggio, ma ben raccolta anche attorno al tema del ritratto e della figura, la mostra, composta di circa 120 dipinti provenienti dai musei scandinavi ma anche da alcuni altri musei sia europei che americani, si divide in cinque sezioni: le prime quattro riservate alle scuole nazionali di quegli Stati, mentre la sezione di chiusura viene dedicata a Edvard Munch, con 35 opere in totale. Contemporaneamente Alessandro Papetti propone circa 50 dipinti nei quali interpreta in chiave contemporanea alcuni temi vicini come sensibilita' all'arte di Munch.


comunicato stampa

A cura di Marco Goldin

Nel suo progetto pluriennale dedicato alle Geografie dell’Europa, e dopo la prima tappa costituita dalla rassegna che indagava le relazioni tra la pittura francese della seconda metà del XIX secolo e la contemporanea pittura nella nazioni del centro ed est Europa, Villa Manin propone il suo secondo importante appuntamento. Per un progetto, nella sua interezza, volto a studiare alcune delle maggiori evidenze della pittura europea tra la metà del XIX secolo e il primo decennio di quello successivo.

Munch e lo spirito del Nord. Scandinavia nel secondo Ottocento vuole, per la prima volta in Italia, costruire il racconto di una storia che identifichi appunto lo spirito del Nord con la pittura in Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca. Specialmente dedicata al paesaggio, ma ben raccolta anche attorno al tema del ritratto e della figura, la mostra, composta di circa 120 dipinti provenienti specialmente dai musei scandinavi ma anche da alcuni altri musei sia europei che americani, si divide in cinque sezioni. Le prime quattro riservate alle scuole nazionali di quegli Stati, mentre la sezione di chiusura viene dedicata a Edvard Munch, con 35 opere in totale. Dunque una sorta di grande mostra nella mostra, prendendo in considerazione gli anni suoi di esordio vicini alla pittura dell’artista norvegese Christian Krohg già a partire dal 1881-1883 e poi i due decenni – l’ultimo del XIX secolo e il primo del XX – che ne hanno decretato l’universale fama e hanno creato quella sorta di sigla munchiana che caratterizza e sigilla quel darsi allo spazio interminabile del Nord così come è accaduto anche in letteratura.

Ma riandando alle scuole nazionali prima di Munch, alcuni dipinti a evidenziare, prima dello scavalcamento di metà secolo, la situazione della cosiddetta Golden Age in Danimarca, con le opere tra l’altro di Lundbye e P.C. Skovgaard. Così come in Norvegia una breve introduzione è riservata a Dahl, Balke e Gude; in Svezia a Larson, Berg e Wahlberg e in Finlandia a von Wright e Holmberg. Così da indicare, appunto attorno alla metà dell’Ottocento, il senso di una scoperta del vero naturale, che si affranca dalla nozione di paesaggio ancora post-settecentesco che, a parte alcuni casi di straordinaria qualità da Friedrich a Turner, rende non dissimili le varie nazioni europee in quella prima parte di secolo.
Poi la mostra prende il suo corso solenne, e così nuovo per l’Italia, dentro la seconda metà del XIX secolo, attenta a individuare attraverso la scelta dei dipinti quello sguardo che ha fatto del Nord un luogo non soltanto fisico ma anche dell’anima. E che quindi non può che trovare in Munch il suo logico e imprescindibile punto d’arrivo.

Ma prima la schiettezza, la luminosità, il silenzio e il fragore del paesaggio nordico sono interpretazione che talvolta vira verso una problematicità che fa dei luoghi naturali un sentimento arcano e quasi primordiale. Questo senso del tempo fondo, la chiarità delle estati, la profondità delle notti invernali, il velluto del muschio dell’erba, il bianco dei fiori sotto il bianco delle lune estive, è quello che l’esposizione intende mostrare al pubblico italiano. Ovviamente grazie alla generosità dei principali musei di Norvegia, Svezia, Finlandia e Danimarca, che con larghi prestiti hanno consentito di poter tracciare un panorama del tutto esaustivo di una vicenda pittorica che da alcuni anni non cessa di affascinare, attraverso alcune mostre sia in America che in Europa, il più vasto pubblico degli appassionati. E in questo senso strumento imprescindibile sarà il catalogo di studio, al quale hanno collaborato i maggiori studiosi di quelle nazioni.

Ovviamente la mostra non fa mancare alcuno dei principali protagonisti, a cominciare, in Danimarca, da Ring, Philipsen, Syberg, Gottschalk e soprattutto Hammershøi. A quest’ultimo, la cui vicenda straordinaria venne definitivamente scoperta alcuni anni or sono grazie a una fortunata mostra parigina, è dedicata un’intera sala, comprendente alcuni paesaggi ma soprattutto i fascinosi interni. Per la prima volta esposte in Italia, le opere di Hammershøi stanno all’apice, tra fine Ottocento e primi anni del secolo successivo, di un percorso che nasce nella luce di cenere degli interni olandesi seicenteschi, ma che tutto trasforma entro la misura di grigi infiniti, che talvolta virano sugli azzurri pallidi. Dando il senso della solitudine di figure che in quegli spazi non si muovono ma restano sospese, come il tempo potesse effettivamente bloccarsi una volta per sempre. E non tornare più.

Per proseguire tra gli altri, in Norvegia, con Nielsen, Backer, Thaulow, Krohg, Skredsvig; e poi Larrsson, Nordström, Zorn, Jansson, Prince Eugen, Strindberg in Svezia; Edelfelt, Gallen-Kallela, Järnefelt, Churberg, Halonen, Thesleff in Finlandia. Con quelle caratteristiche pittoriche che mettono sempre al centro l’immagine dell’uomo nel grande spazio della natura incontaminata e quasi immisurabile. Entro quel gioco che fa vicini il sentimento romantico e un certo gusto simbolista, come per esempio è bene evidente nel grande artista finlandese Akseli Gallen-Kallela.
La parte finale dedicata a Munch, dove anche una decina di opere su carta costituisce il necessario contrappunto all’opera pittorica, tocca il suo senso più alto nella scelta che dei dipinti è stata compiuta, per essere messi, quei dipinti, in relazione con i pittori scandinavi che Munch precedono. E insomma per costituire, nel loro insieme, quel grande coro tra natura e problematicità della stessa che danno infine il senso vero e compiuto di questa mostra e fanno della Scandinavia una terra che è luce e notte insieme. Il massimo della luce e il massimo della notte.

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Alessandro Papetti
Occhi e lune
24 settembre – 1 novembre 2010

Occhi e lune è la mostra di circa 50 dipinti nei quali Alessandro Papetti (Milano, 1958) interpreta in chiave contemporanea alcuni temi vicini come sensibilità all’arte di Edvard Munch, dai ritratti ai paesaggi notturni, in una sintonia e continuità ideale motivata dal desiderio di definire l’anima e l’appartenenza.

Se infatti la pittura si può accostare, pur trattandosi di artisti di epoche diverse, lo si può fare, come dice lo stesso Papetti, "per appartenenza a un modo di sentire e a una qualità dell’anima che si rispecchia". Il senso di questa mostra va cercato proprio in questa sintonia che motiva la ricerca pittorica. Papetti ha amato molto Munch, soprattutto durante le sue prime "scoperte" giovanili, quando cercava i tasselli che combaciassero tra loro, lo aiutassero a costruire la struttura della sua pittura. Munch ritraeva il volto di quell’anima che anche Papetti stava, senza saperlo, disvelando a se stesso. La capacità potente di fare pittura dell’inconscio; una pittura intima e implosiva allo stesso tempo. Munch ha aiutato l’artista a capire che attraverso il dipingere, il fare pittorico, si può vivere e accettare il giusto timore di provare paura, di sentirsi consapevolmente inesatti e, fortunatamente, incompiuti; si può entrare e uscire nella luce, così come uscire o cadere nel buio. E questa ricerca Papetti l’ha portata avanti nel tempo con coerenza. I suoi quadri, sia che si tratti di interni, di officine vuote o di figure sono caratterizzati dall’incisività del segno distribuito direttamente sulla superficie della tela, senza l’uso di matita o fusaggine. I colori sono freddi e accompagnano le pennellate sempre vigorose e precise; nessun segno è fuori posto, il loro intrico evidente, il loro groviglio diventa perfezione esecutiva. I viola, i bianchi, i verdi, il grigio, il marrone delineano i personaggi e le cose con una forza e uno spirito di osservazione che non vengono mai meno.

Si potrebbe definire una sorta di moderno espressionismo: le figure – ritratti o nudi –, gli animali squartati o le macchine in disuso, immobili; le persone sono in piedi con deformanti prospettive verticali o sedute su una vecchia poltrona. Tutto di queste immagini risponde al precipitare del tempo, lacera il silenzio nel quale si consumano le sofferenze nascoste ed esprime una sensazione di lamento che sembra un grido trattenuto. Le forme, le linee si sfilacciano, il colore si incupisce, tutto suggerisce qualcosa di tragico sempre meno riscattabile dalla pittura. La forza espressiva di queste immagini è appena trattenuta dai limiti e dalle esigenze della comunicazione. Papetti sembra indicare come, al di là di questi limiti, non ci sia che l’urlo, la caduta. Davanti a questo vuoto, davanti a questa immobilità e indifferenza, al pittore non sembra rimanere altro che uno sguardo capace di scavare in profondità nei paesaggi (siano essi figure, oggetti o ambienti) attraverso un metodo d’indagine storico-psicologico che pittoricamente ricorre alla tecnica dello straniamento.

Il disorientamento generale dell’uomo crea un vuoto che però è anche condizione di verità, l’unica premessa possibile per un viaggio tra cose e persone incapaci di comunicare. La ricerca continua di Papetti è lo scavo sofferto nella coscienza al fine di recuperarne dei frammenti costruttivi.

Prenotazioni - Call center
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Ufficio Stampa: Studio ESSECI - Sergio Campagnolo
tel. 049 663499
info@studioesseci.net

Immagine: Edvard Munch, Sogno di una notte d’estate. La voce, 1893 olio su tela, cm 88 x 108 Boston, Museum of Fine Arts, Ernest Wadsworth Longfellow Fund

Vernice per la stampa Giovedì 23 settembre dalle ore 11.00 alle ore 16.00
Inaugurazione per il pubblico ore 19.15

Villa Manin
Piazza Manin, 10 (frazione Passariano) - Codroipo (UD)
Dal 25 settembre al 1 novembre: tutti i giorni ore 9-19
Dal 2 novembre a fine mostra:
Da lunedì a venerdì: ore 9 - 18
Sabato e domenica: ore 9 - 19
Chiuso 24, 25, 31 dicembre 2010
1 gennaio 2011 ore 10 - 20
Intero €10,00
Ridotto €8,00 : studenti universitari con attestato di iscrizione, oltre i 65 anni, gruppi solo se prenotati (minimo 15, massimo 25 con capogruppo gratuito).
Ridotto €6,00: minorenni e scolaresche solo se prenotate (con due accompagnatori a titolo gratuito).
Ingresso gratuitoper i bambini fino a sei anni, giornalisti con tesserino, accompagnatore di portatore di handicap.
Per il diritto di prevendita, con esclusione delle scuole, € 1,50.
Visite guidate: Prenotate per i gruppi (fino a 25 persone): € 120.
Per le scuole (solo se prenotate, massimo 25 unità): € 50.
Non prenotate, solo in caso di disponibilità del personale, € 5 a persona.
Con esclusione delle scuole, le visite guidate verranno effettuate con l’ausilio di un apparato microfonico e cuffie personalizzate. Questo servizio è compreso nel costo della visita guidata.
Le scuole che non si servono per le visite di personale incaricato da Linea d’ombra Libri devono avvalersi del proprio personale docente.
Per i gruppi con guida propria, l’affitto obbligatorio delle cuffie è di € 80.
Non sono consentite visite guidate se non autorizzate dalla Direzione.
Servizio di audioguide per i visitatori singoli.

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