Martin Chambi
Max T. Vargas
Emilio Diaz
Vargas Hermanos
Carlos Vargas
Miguel Vargas
Enrique Masias
Guillermo Montesinos
Luigi Domenico Gismondi
Kenro Izu
Mimmo Jodice
Jorge Villacorta
Filippo Maggia
'Fotografia de los Andes' espone 60 scatti che documentano il carattere multietnico della societa' sudamericana di inizio secolo. 'Territori dello spirito' presenta il lavoro fotografico di Kenro Izu, spinto ad esplorare i piu' importanti luoghi sacri del mondo. 'Arcipelago del mondo antico' e' una personale di Mimmo Jodice.
Fotografia de los Andes
A cura di Jorge Villacorta
Dal 12 settembre 2014 all’11 gennaio 2015 Fondazione Fotografia presenta al Foro Boario di Modena la mostra Fotografia de los Andes.
A cura di Jorge Villacorta, studioso di fotografia sudamericana e direttore della II Biennale di Fotografia di Lima, la mostra collettiva conduce il visitatore in un viaggio nella straordinaria ricchezza della cultura peruviana, raccontata attraverso il lavoro di numerosi fotografi che, tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, lavorarono fra le città di Cuzco, Arequipa e Puno.
Le 60 fotografie in mostra, raccolte in anni di appassionato lavoro da Villacorta, provengono da numerose raccolte private e documentano il carattere multietnico della società sudamericana di inizio secolo, in cui le differenze di classe sociale fra gli indios e i bianchi erano evidenti. Ai ritratti si affiancano vedute delle città e spettacolari paesaggi andini, da Machu Picchu al vulcano El Misti, tutti realizzati fra il 1897 e il 1950.
Martin Chambi (1891-1973) è forse il più celebre dei fotografi presenti in mostra. È uno dei primi autori indigeni del Sudamerica e le sue preziose fotografie dei dintorni di Cuzco, tra siti archeologici, paesaggi e comunità indigene, testimoniano e ci fanno riscoprire la vera anima della terra peruviana. Accanto a lui i maestri Max T. Vargas (1874 - 1959) e Emilio Díaz (1870 - ?), considerati coloro che posero le basi tecniche e concettuali della fotografia moderna in Perù.
Fra i loro allievi oltre a Chambi anche i fratelli Carlos (1885-1979) e Miguel (1886-1976) Vargas, noti come Vargas Hermanos, presenti in mostra con alcuni ritratti e una bella foto panoramica di Arequipa, che seppero radunare intorno a loro un ampio numero di artisti, fra cui il pittore Enrique Masías (1898 – 1928), autore anche di alcune fotografie dal sapore pittorialista. Alla medesima corrente artistica si riferiscono anche le suggestive immagini di paesaggi naturali scattate dal musicista Guillermo Montesinos (1877 – 1925) appassionato di fotografia, la cui opera fotografica è stata portata recentemente alla luce da Jorge Villacorta attraverso una mostra presentata a Lima nell’aprile di quest’anno.
Nella selezione degli autori presenti in mostra figura anche l’italiano Luigi Domenico Gismondi, nato a San Remo nel 1872 ed emigrato in Perù nel 1891, attivo in Bolivia e Perù fino alla morte avvenuta ne 1947.
La mostra, promossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con il sostegno di UniCredit, da sempre impegnato in favore dell’arte e delle iniziative culturali dei territori in cui è presente, sarà accompagnata da un catalogo contenente tutte le immagini e una saggio del curatore Jorge Villacorta sulle origini della fotografia peruviana.
È inserita inoltre nel programma del festivalfilosofia 2014, che si svolgerà dal 12 al 14 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo e sarà dedicato al tema della Gloria.
-----
Kenro Izu
Territori dello spirito
a cura di Filippo Maggia
La raffinata ricerca artistica del giapponese Kenro Izu è al centro della personale che verrà inaugurata il 12 settembre negli spazi del Foro Boario di Modena. Curata da Filippo Maggia e aperta fino all’11 gennaio, la mostra è interamente dedicata al lungo lavoro che ha spinto l’artista ad esplorare i più importanti luoghi sacri del mondo, dalle piramidi d’Egitto alle antiche pietre di Stonehenge, dalla città di Angkor in Cambogia ai templi buddisti di India e Indonesia, dal deserto della Siria alle alte vette del Tibet. In un percorso di oltre sessanta opere – per la maggior parte platinotipie stampate dall’autore stesso – la mostra presenta l'evoluzione nel corso degli anni della sua personale visione: dalle prime opere realizzate in Egitto ai numerosi viaggi intrapresi per la serie Sacred Places (1979-2001), fino ad includere lavori successivi dalle serie Bhutan Sacred Within (2002-2007) e India Where Prayer Echoes (2008-2012), dove per la prima volta nella sua ricerca sulla spiritualità dei luoghi trova spazio anche la rappresentazione di figure umane raccolte in preghiera.
Nato a Osaka nel 1949 e cresciuto nei dintorni di Hiroshima, Kenro Izu inizia a fotografare negli anni settanta, completando la sua formazione presso la Nihon University di Tokyo. Nel 1970 si trasferisce a New York, dove tuttora vive e lavora. Ispirato dalle immagini del vittoriano Francis Frith e dalle antiche spedizioni fotografiche in Egitto, nel 1979 intraprende il suo primo viaggio nella terra delle piramidi, dove resta fortemente impressionato dalla spiritualità del luogo e dal profondo senso di caducità ispirato dalla vista delle rovine, le cui enormi pietre si ergono come tracce imponenti dell’azione costruttiva dell’uomo. Da questa esperienza e dalle fotografie realizzate durante il viaggio prende avvio Sacred Places, il lavoro che diventerà nel tempo uno dei cardini stessi della ricerca dell’autore: per oltre trent’anni, come un instancabile pellegrino, Izu si è spinto verso mete sempre più lontane, ricercando siti e monumenti dove fosse percepibile la costante tensione dell’uomo verso il divino.
Racconta l’autore – “Spesso mi domandano perché fotografo monumenti. È ciò che più si avvicina a qualcosa capace di durare in eterno. Ma se si guarda bene c’è una sottile linea di confine tra la pietra e la sabbia circostante. Nemmeno la pietra è eterna, come ci insegna il buddismo tutto è transitorio. La nostra vita, quella di un fiore, perfino quella di un albero o di una pietra non sono altro che un momento nell’eternità”. La condizione senza tempo delle sue immagini ben si sposa con il metodo di lavoro dell’autore, che individua nel recupero di stili e tecniche tipici della fotografia ottocentesca il mezzo più adatto per imprimere le atmosfere mistiche dei luoghi incontrati. Saldamente ancorato al procedimento analogico, con un’attenzione ancora artigianale per il dettaglio, Izu utilizza il più grande formato di fotocamera trasportabile: costruita sulle sue esigenze di fotografo e di viaggiatore, pesa all’incirca 90 kg ed è capace di produrre negativi 35x50cm.
È infatti necessaria un’attrezzatura di tali dimensioni per realizzare le finissime stampe al platino che sono divenute negli anni la cifra stilistica dell’autore. Stampate a diretto contatto con il negativo, sono realizzate con una tecnica ormai pressoché desueta – utilizzata da grandi maestri come Paul Strand, Alfred Stieglitz e Irving Penn – che richiede un’elevata abilità e un tempo di lavorazione di circa tre giorni per ogni stampa, ma che consente di ottenere immagini dalla più suggestiva intensità tonale. La mostra è promossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con il sostegno di UniCredit, da sempre impegnato in favore dell’arte e delle iniziative culturali dei territori in cui è presente. La mostra sarà accompagnata da un catalogo bilingue edito da Skira e si inserisce nel programma del festivalfilosofia 2014, che si svolgerà dal 12 al 14 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo e sarà dedicato al tema della Gloria.
----
In apertura della stagione espositiva 2014-15, *Fondazione Fotografia Modena* dedica una personale al grande fotografo napoletano "Mimmo Jodice", "Arcipelago del mondo antico", in programma dal 12 settembre 2014 all’11 gennaio 2015 al Foro Boario di Modena* e a cura di Filippo Maggia.
Reduce da una serie di prestigiosi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, culminati nell’invito nel 2011 a interpretare i capolavori del Louvre di Parigi attraverso il suo sapiente obiettivo, Mimmo Jodice (Napoli, 1934) torna a Modena, dove aveva già esposto più volte (da ultimo nel 2009, sempre per Fondazione Fotografia, nell’ambito della mostra collettiva /Uno/), con un nuovo allestimento originale, ideato appositamente per gli spazi del Foro Boario: /Arcipelago del mondo antico/. Il titolo evoca immediatamente i contenuti della mostra, incentrata sull'indagine sul Mediterraneo, ormai nota in tutto il mondo, alla quale l’artista ha dedicato gli ultimi trent’anni della sua lunga carriera.
Il percorso si snoda tra cinquanta opere fotografiche, in maggior parte mai esposte sinora, in cui Jodice ricompone l’immagine delle civiltà che hanno attraversato la storia antica del mare nostrum, facendo rivivere statue e templi, eroi e miti, in un tempo sospeso in cui passato e presente sembrano convivere.
Fondamentale per comprendere la poetica di Jodice è il suo rapporto con la città natale, Napoli, sempre presente nelle sue fotografie e nella quale, per scelta, continua a vivere, traendone un continuo stimolo creativo. È da Napoli che l’artista ha tratto i temi del mare e dell’antico, essendo nato nel centro storico della città, dove ci sono i ruderi e le pietre romane. Di Napoli, negli anni Settanta, Jodice è stato capace di raccontare anche i momenti più bui: il colera, il terremoto, il disagio sociale. Successivamente, ha deciso di non fotografare più persone e di passare da una fotografia che analizzava il sociale, sviscerandolo, e dalla necessaria militanza politica che accompagnava quest’indagine, ad un nuovo corso: ha cominciato a studiare gli spazi, i vuoti e i silenzi della città, volgendo poi lo sguardo al passato, all’antichità e offrendone una sua interpretazione.
Un'altra caratteristica di Jodice è l’incessante sperimentazione di tecniche e materiali. Come rileva Filippo Maggia nel catalogo che accompagna l’allestimento, pur avendo iniziato a fotografare cinquant’anni fa, Mimmo Jodice continua a "inventare, a studiare nuove tecniche sempre più raffinate di ripresa e soprattutto di stampa che implicano lunghe e faticose prove in camera oscura". "La nuova selezione da Mediterraneo operata per la mostra di Modena fa pensare che questa sia una raccolta di immagini che non avrà mai fine, in continuo ampliamento e sviluppo – aggiunge Filippo Maggia – La ricerca del fotografo diviene sempre meno celebrativa e più selettiva nella definizione dei soggetti, siano essi frammenti, statue, architetture o paesaggi. Questo lungo lavoro, portato avanti ininterrottamente dall’artista da più di 30 anni, ricalca un modus
operandi che assomma tutte le esperienze precedenti e sottolinea, come un valore aggiunto, il lavoro contemporaneo, anticipandone gli esiti formali e i contenuti".
Di fronte alle fotografie di Mimmo Jodice, alla contemplazione segue una sensazione di stupore per tanta bellezza abbandonata a se stessa, destino ineluttabile dell’uomo e dei suoi manufatti. Tuttavia, non è con atteggiamento nostalgico che questo autore si accosta al passato, ma con un’esortazione a non dimenticare e a ristabilire un contatto con il mondo antico. Fotografare l’antichità per Jodice è una sorta di antidoto al degrado in cui versa la società attuale, destinato a peggiorare
quanto più essa trascura le sue origini e dimentica la sua storia.
La personale di Mimmo Jodice Arcipelago del mondo antico è promossa da Fondazione Fotografia Modena e Fondazione Cassa di Risparmio di Modena con il sostegno di UniCredit, da sempre impegnato in favore dell’arte e delle iniziative culturali dei territori in cui è presente. È accompagnata da un catalogo, edito da Skira, e fa parte del programma del festivalfilosofia 2014, che si svolgerà dal 12 al 14 settembre a Modena, Carpi e Sassuolo e sarà dedicato al tema della Gloria.
Conferenza stampa 11 settembre ore 11
Inaugurazione venerdì 12 settembre ore 19
Foro Boario
via Bono da Nonantola Modena
martedì-venerdì 15-19, sabato-domenica 11-19, lunedì chiuso
€ 5,00 ingresso libero tutti i martedì e in occasione del festival filosofia