Lida Abdul
Mustafa Abu Ali
Bisan Abu Eisheh
Etel Adnan
Vyacheslav Akhunov
Can Altay
Omar Amiralay
Ayreen Anastas
Said Atabekov
Kutlug Ataman
Fikret Atay
Kader Attia
Vahap Avsar
Mahmoud Bakhshi
Gabriele Basilico
Neil Beloufa
CANAN
Céline Condorelli
Dina Danish
Cem Dinlenmi
Peter Friedl
Rene Gabri
Sadhi Ghadirian
Yervan Gianikian
Angela Ricci Lucchi
Barbad Golshiri
Mona Hatoum
Malak Helmy
Emily Jacir
Khaled Jarrar
Lamia Joreige
Alimjan Jorobaev
Hiwa K.
Hassan Khan
Abbas Kiarostami
Taus Makhacheva
Mona Marzouk
Ahmed Mater
Sabah Naim
Moataz Nasr
Navid Nuur
Walid Raad
Koka Ramishvili
Hany Rashed
Mario Rizzi
Ahmed Sabry
Roy Samaha
Hrair Sarkissian
Ariel Schlesinger
Hassan Sharif
Wael Shawky
Ahlam Shibli
Eyal Sivan
Jean Marie Straub
Daniasle Huillet
Jinoos Taghizadeh
Lawrence Weiner
Mohanad Yaqubi
Amir Yatziv
Akram Zaatari
Marco Scotini
Middle East and Modernity. Sessanta artisti, oltre cento opere e documenti storici, volti a indagare il rapporto dell'Oriente con la modernita' occidentale e raccontare la complessa struttura sociale di un'area culturale in transizione.
a cura di Marco Scotini
Dopo il successo riscosso lo scorso anno dalla mostra Il Piedistallo Vuoto, dedicata all’ex-blocco
sovietico, ArteFiera Collezionismi presenta, all’interno del proprio programma espositivo 2015, la
più ampia rassegna mai realizzata in Italia sulla scena artistica medio-orientale: Too early, too
late. Middle East and Modernity a cura di Marco Scotini, con la presenza di quasi sessanta
artisti, oltre cento opere - provenienti dalle più prestigiose collezioni private italiane - e documenti
storici, volti a indagare il rapporto dell’Oriente con la modernità occidentale e raccontare la
complessa struttura sociale di un’“area culturale” in transizione.
Too early, too late occuperà gli spazi delle esposizioni temporanee della Pinacoteca Nazionale di
Bologna ma si estenderà anche all’interno delle prestigiose collezioni del Trecento (da Vitale da
Bologna alle scuole tardogotiche). Questo per sottolineare il fatto che Bologna “la dotta” era tra le
cinque città (con Parigi, Oxford, Avignone e Salamanca) in cui il Concilio di Vienne del 1312
decise l’istituzione delle cattedre di arabo, ebraico e siriaco, ovvero le basi dell’orientalismo
nell’Occidente cristiano. Ma la data che segna l’irruzione della modernità nel campo discorsivo del
pensiero musulmano coincide con l’impresa Napoleonica in Egitto (1798), quando Bonaparte
sbarcò col suo esercito per esplorare il Paese. Ricostruzioni documentarie e materiali originali
d’archivio si alternano a opere d’arte di natura installativa, fotografica e filmica, in modo tale da
poter marcare alcuni passaggi fondamentali delle vicende culturali e politico-sociali di questa
progressiva occidentalizzazione dell’Oriente - dall’introduzione dello ‘stato-nazione’
all’importazione delle spettacolari istituzioni museali negli Emirati Arabi – attraverso alcune
testimonianze storiche per interrogare la produzione artistica e culturale più recente, proiettando la
macchina espositiva in una pluralità di tempi, spazi e narrazioni.
Nell’urgenza della situazione geopolitica in atto, la mostra Too early, too late cerca di analizzare,
attraverso l’arte, i luoghi comuni che hanno accompagnato nel tempo lo scontro e il confronto tra
l’idea di una tradizione orientale rispetto alla modernità di matrice occidentale.
Con il collasso dell’Unione Sovietica - scrive il curatore della mostra Marco Scotini - il
bipolarismo della Guerra Fredda sembra sia stato sostituito da una nuova dicotomia, quella tra
Islam e Occidente, così come il vuoto lasciato dall’alternativa al capitalismo sembra sia stato
colmato da identità nazionalistiche, etniche e religiose. Alla vecchia opposizione “politica” sarebbe
subentrato piuttosto un “conflitto di civiltà”, a diversi regimi temporali, tra forme culturali arcaiche e
avanzate, con l’idea di modernità (al-hadatha) quale discrimine
Medio Oriente è un termine geopolitico europeo coniato da un giornale inglese alla svolta del
secolo scorso. Da allora ha continuato a esistere più come oggetto teorico che come regione
geografica. Così viene assunto in Too early, too late per rappresentare un’area che si estende
anche al Nord Africa, Caucaso e Asia Centrale, tanto più che il centro di gravità tende a spostarsidal mondo arabo a quello turco-iranico: dall’Egitto all’Iraq e all’Arabia Saudita, così come
dall’Azerbaijan ai margini del Kazakistan e dell’Afghanistan. Proprio a causa della loro particolare
posizione, Istanbul e la Turchia rivestono nella mostra un ruolo cruciale quale porta d’Oriente, sia
in senso geografico che politico, con la Repubblica di Ataturk del 1924.
L’esposizione, nella visione curatoriale, non tenta di registrare o riscrivere una storia, pur
confrontandosi con un ampio spettro di accadimenti epocali, né di affrontare in una prospettiva
post-orientalista i codici visivi e linguistici delle rappresentazioni dell’Oriente da parte
dell’Occidente. Too Early, Too Late cerca di ricostruire l’incontro dell’Occidente con il mondo
musulmano e, concentrandosi sulla scena artistica contemporanea, si posiziona intorno a un
preciso “punto topografico”, da cui osservare quest’area aprendo a una costellazione tematica
che articola lo spazio espositivo e discorsivo della mostra attraverso una serie di concatenamenti,
a partire dal ritrovamento dell’unica copia rimasta dei filmati di Tel al Zaatar (1977) e attraverso il
quadro tracciato dal “Taccuino Persiano” di Michel Foucault per il Corriere della Sera
sull’insurrezione pro-Komeini a Teheran (1979).
Fino al titolo della mostra Too early, too late, tratto dal film sull’Egitto di Jean-Marie Straub e
Danièle Huillet Trop tôt/Trop tard del 1981 che ridefinisce i confini negoziabili del tempo storico.
Vero e proprio capolavoro della storia del cinema, il film si concentra sulle lotte contadine della
Francia del 1789 e dell’Egitto del 1952. Diviso tra la campagna bretone e quella egiziana, nella
prima parte una voce fuori campo legge il testo di una lettera di Engels a Karl Kautsky del 1897 a
proposito di ciò che rimane della rivoluzione francese. Nella seconda parte viene recitato un
frammento dalla postfazione del libro La lutte des classes in Égypt de 1945 à 1968 di due autori
arabi che scrivono sotto lo pseudonimo di Mahmoud Hussein (Maspero, 1969). Per tutto il film la
nota coppia di cineasti cerca di inquadrare l’orizzonte della campagna deserta trovando un punto
di vista ideale tra il cielo e la terra, lì dove Engels avrebbe precisato “se la Comune del 1793 con le
sue aspirazioni di fraternità è venuta troppo presto, Babeuf a sua volta è giunto troppo tardi”.
Uno dei pochi film in cui si è tentato di filmare il vento (Serge Daney), così la metafora di questo
secondo capitolo espositivo, che ne Il Piedistallo Vuoto era lo spettro, è ancora una forza invisibile,
qualcosa che c’è ma non si vede: dal vento che scuote gli alberi della campagna prima francese
poi egiziana, nelle sequenze di Straub-Huillet, al vento dei processi rivoluzionari che rovescia
l’ordine della storia. Una revisione dello sguardo sull’Oriente, invenzione dell’immaginario coloniale
occidentale, offre, in un segmento spazio-temporale differente, quello della mostra, una diversa
narrazione, tra percorsi di dominio e di emancipazione.
La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione edita da Mousse Publishing in cui oltre a un
intervista con Jean-Marie Straub sul film che dà il titolo al progetto compaiono numerosi contributi
degli artisti sulla loro visione del rapporto con l’Occidente, insieme a un saggio di Hamadi Redissi
e un testo critico del curatore Marco Scotini.
L’esposizione è stata resa possibile grazie alla consulenza curatoriale di Lorenzo Paini e ai
prestiti delle maggiori collezioni private italiane, tra cui la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo,
la Collezione Enea Righi, Collezione La Gaia di Torino, Fondazione Giuliani, Fondazione
Fotografia Modena, Collezione Agiverona, Collezione Palmigiano, Fondazione Nomas,
Fondazione Videoinsight.
Artisti:Lida Abdul, Mustafa Abu Ali, Bisan Abu Eisheh, Etel Adnan, Vyacheslav Akhunov, Can
Altay, Omar Amiralay, Ayreen Anastas, Said Atabekov, Kutlug Ataman, Fikret Atay, Kader
Attia, Vahap Avsar, Mahmoud Bakhshi, Gabriele Basilico, Neil Beloufa, CANAN, Céline
Condorelli, Dina Danish, Cem Dinlenmiş, Peter Friedl, Rene Gabri, Sadhi Ghadirian, Yervan
Gianikian - Angela Ricci Lucchi, Barbad Golshiri, Mona Hatoum, Malak Helmy, Emily Jacir,
Khaled Jarrar, Lamia Joreige, Alimjan Jorobaev, Hiwa K., Hassan Khan, Abbas Kiarostami,
Taus Makhacheva, Mona Marzouk, Ahmed Mater, Sabah Naim, Moataz Nasr, Navid Nuur,
Walid Raad, Koka Ramishvili, Hany Rashed, Mario Rizzi, Ahmed Sabry, Roy Samaha, Hrair
Sarkissian, Ariel Schlesinger, Hassan Sharif, Wael Shawky, Ahlam Shibli, Eyal Sivan, Jean
Marie Straub-Danièle Huillet, Jinoos Taghizadeh, Lawrence Weiner, Mohanad Yaqubi, Amir
Yatziv, Akram Zaatari.
Immagine: Ghadirian-Shadi, Qajar#18-(radio),1998, Fotografia-in-b_n,.90x60 cm, Collezione Giuseppe Iannaccone, Courtesy: Ghadirian-Shadi
Ufficio Stampa
BolognaFiere: Gregory Picco Tel. +39 051 282862 gregory.picco@bolognafiere.it
Arthemisia Group:
Adele Della Sala | ads@arthemisia.it | M. +39 345 7503572
Anastasia Marsella | am@arthemisia.it | T. +39 06 69380306
Nicolas Ballario I nb@arthemisia.it | M. +39 346 0243694
Barbara Notaro Dietrich | b.notarodietrich@gmail.com | M. +39 348 7946585
Inaugurazione 22 gennaio ore 19
Pinacoteca Nazionale
via delle Belle Arti, 56 Bologna
Orari: mar e merc 9-13.30, gio - sab 14-19, dom e festivi 14-19
ingresso alla galleria:
4 intero, 2 ridotto, gratuito per minori di 18 anni