Massimo Festi, artista global player coinvolto nelle odierne tecnologie, opera una radicale trasformazione che influenza fortemente il concetto d'identita' consapevole che il nuovo millennio c'introduce, che ci piaccia o no, ad un nuovo concetto di rappresentazione che si allontana da cio' che e' naturale e si avvicina a cio' che e' prodotto e artificiale. Attento alle manipolazioni e mutazioni virtuali ed estetiche l'artista ferrarese, esalta l'immagine video/digitale con prese di posizione scomode, irritanti, provocatorie offre allo spettatore una singolare e preziosa palestra della mente.
Massimo Festi, artista global player coinvolto nelle odierne tecnologie, opera una radicale trasformazione che influenza fortemente il concetto d'identità consapevole che il nuovo millennio c'introduce, che ci piaccia o no, ad un nuovo concetto di rappresentazione che si allontana da ciò che è naturale e si avvicina a ciò che è prodotto e artificiale. Attento alle manipolazioni e mutazioni virtuali ed estetiche l'artista ferrarese, esalta l'immagine video/digitale con prese di posizione scomode, irritanti, provocatorie offre allo spettatore una singolare e preziosa palestra della mente.
Assistiamo a ''nuove creazioni'' ad un mix tecnologico e percettivo in cui Festi si muove fra fotografia, pittura, grafica e video clips. Le sue elaborazioni dell'essere umano a volte gradevoli ma anche inquietanti, perdono via via gravità e spessore e, con abile intervento digitale, diventano ''altro'' si allontanano scivolano sull'ibridazione, sulla mescolanza dei riferimenti ed il superamento dei supporti.
Festi si avvale del software informatico depredando l'immagine, facendola propria con imprevedibili interventi di chirurgia estetico/digitale attivando cortocircuiti fra varie arti, varie discipline ma soprattutto, fra arte e tecnologia, creando un confronto fra tipologie umane e la loro percezione diversificata, magari dando anche spunti al superamento dell'immagine stessa. Il confine non è più rassicurante e certo, vi è l'intento di ''aprire gli occhi e la testa'' di spettatori spesso troppo assuefatti al ripetersi dell'immagine commerciale e della TV di tutti i giorni, provocando riflessioni sull'uomo.
Esplicito è il riferimento alla Body Art, una tecnica in cui il medium è il corpo, i cui campi d'esplorazione sono il corpo stesso, il sesso, e la malattia come metafora di una società alienata spinta verso il nuovo millennio, con chiare allusioni ad una rappresentazione che si allontana da ciò che è naturale. Termini come artificiale e ''post-umano'' assumono nuovi significati alla luce dei trapianti e della clonazione umana, un discorso molto complesso su cui si può non essere d'accordo, ma che non si può ignorare. Secondo Mc Luhan tocca agli artisti disegnare o immaginare il futuro. Festi, infatti, non si limita a recepire o trasmettere ma indaga, riflette, critica e rielabora indicando vari modelli di lettura.
Ecco la galleria dei ritratti digitali di Festi evocare una quadreria presentata idealmente nel salone d'onore della Casa dell'Ariosto, una improbabile cyber picture gallery situata in una zona e in un tempo di confine, tra culture reali e multimediali.
Questa nuova umanità di Festi produce però elementi diversi, più ''biologici'' rispetto a quelli cristallizzati nella figura dell'androide e del cyborg: basti pensare alla figura alchemica dell'homunculus di Paracelso vissuto proprio a Ferrara nei primi del '500, o all'intreccio d'elettricità e corpi su cui Mary Shelley costruisce la creatura di Frankenstein, fino al replicante di Blade Runner in cerca di risposte sull'esistenza '..chi sono, da dove vengo, quanto tempo mi resta?...'
L'incontro con la tecnologia digitale consente la costruzione o la decostruzione antropomorfa per giocare con i confini dell'identità , della produzione e della riproduzione sociale, e dunque perché non usare queste possibilità proposte per sfuggire ai condizionamenti ed alle tenaglie del pensiero (e del comportamento) unico?
Paolo Orsatti 04
Museo Casa Ariosto
Via Ludovico Ariosto 67 - Ferrara