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30/6/2005

A la guerre!

Villa Serena, Bologna

Sarenco, Innocente, Benedetti (non-opera finale di Luther Blissett). Alla guerra, perche' l'arte prenda parte. Per una rivendicazione della natura sensibile, profondamente contemporanea e p-artigiana dell'artista. Per sradicare con l'estetica la presunta etica del conflitto. Saranno proiettate alcune opere video ispirate all'inquietudine dell'esistente.


comunicato stampa

Sarenco, Innocente, Benedetti (non-opera finale di Luther Blissett)

a cura di Duccio Dogheria

“Un quadro non è un oggetto da salotto, ma un’arma da combattimento”
(Pablo Picasso)

Due artisti dal curriculum chilometrico, un giovane artista emergente, un non-artista. Alla guerra, perché l’arte prenda parte. Per una rivendicazione della natura sensibile, profondamente contemporanea e p-artigiana dell’artista. Per sradicare con l’estetica la presunta etica del conflitto. Saranno proiettate alcune opere video ispirate all’inquietudine dell’esistente: dalle lacerazioni indiscriminate delle mine in Afghanistan alle follie della guerra in Cecenia, dal marine ubbidiente & violento -sicut canis usque ad mortem fidelis- alle improvvise deflagrazioni della memoria individuale che colpiscono anche in tempo di pace con taglienti ricordi estraniati.

Durante la serata l’artista Emanuele Benedetti terrà una performance relativa alla “Human Factory Inc.”, azienda d’artista attiva nella produzione e diffusione di oggettistica in materiale epidermico.

Sarenco (1945)

Sarenco è stato, fin dagli anni Sessanta, uno dei massimi protagonisti della Poesia Visiva, intervenendo sul linguaggio dei media con caustiche interferenze deturnanti, manipolando il linguaggio del potere contro il potere stesso. Le sue provocazioni, portate avanti anche tramite innumerevoli pubblicazioni e periodici (su tutti ricordiamo ‘Lotta Poetica’) mirano a più bersagli, quasi sempre centrati ad occhi chiusi: autorità politiche, religiose ed economiche, senza tralasciare naturalmente il sistema dell’arte, museo compreso. Sarenco ha pure all’attivo anche una vasta produzione di video, alcuni dei quali proiettati alla Mostra del Cinema di Venezia.

Allahu Akbar

L’immobilità della morte domina questo video dedicato al blitz nel teatro di Mosca, una delle pagine recenti più cupe ed ancora avvolte nel mistero del conflitto russo-ceceno. Il non colore dell’abito di queste giovani donne stride col velluto rosso del lussuoso teatro, palcoscenico di sfarzo, joie de vivre ed innocente spensieratezza. Stride come stridono le schegge di bellezza rubate al segreto del velo, incompatibili/incomprensibili per chi ha deciso che non ha più nulla per cui vivere, e per far vivere. La scelta della morte va portata addosso, è un marchio, una divisa da indossare con tutti i gadjet del caso, dall’esplosivo al plastico alle armi più comuni.

Innocente (1948)

Innocente è uno dei protagonisti del Nuovo Futurismo, importante corrente artistica degli anni Ottanta. Rispetto alle prime opere, caratterizzate da spiccati fenomeni dinamici ed esplosivi mediati da una sorta di pop fumettistico, gli attuali lavori di Innocente paiono profondamente evoluti, rafforzati nell’interesse -espresso spesso con acuta ironia- per le dinamiche della storia, i suoi protagonisti e i suoi tragici eventi, soprattutto bellici.

Red Cross

La polpa della guerra, in tutta la sua insensatezza e in tutto il suo dramma. Red Cross è un collage di cartoline dall’inferno, in cui il conflitto è rapportato al dramma tutto umano delle sue vittime, scarnificate non solo fisicamente. Nel video, sorta di danza macabra contemporanea in cui l’uomo è però elevato a una dimensione di profonda responsabilità, compaiono frammenti di altri lavori di Innocente, quasi a ricordare una costante presenza dell’artista nella riflessione su tematiche così vive e drammatiche, ma al contempo così spesso cinicamente ignorate dal sistema dell’arte.

Emanuele Benedetti (1978)

Al centro della riflessione artistica di Benedetti -espressa in una varietà di media che vanno dalla performance alla fotografia, dall’installazione alla videoarte- c’è la condizione dell’individuo dentro e fuori la società. A tal proposito l’artista ha dato vita alla “Human Factory Inc.”, azienda d’artista in franchising che si occupa della produzione e vendita di oggettistica in materiale epidermico.

Il migliore amico dell’uomo

Sottilmente grottesco e neobarocco, Il migliore amico dell’uomo di Benedetti può apparire simile a una serie di sequenze tratte da un b-movie, uno dei tanti che vengono trasmessi dalle televisioni locali e che si presentano come un melange di immagini soft-porno, violenza più o meno gratuita, allusioni neanche troppo velate al nazi-fascismo, al militarismo e a porcherie del genere.
Guardiamo con più attenzione. Non sembra di scorgere, nella solidità militaresca della bionda fanciulla che intruppa e regge le fila, il sadismo della giovane Lynndie England, la riservista americana ventunenne che nel carcere di Abu Ghraib si abbandonava facendosi per giunta immortalare a torture e numeri circensi con prigionieri iracheni nudi e bendati? Perversione violenta e ceca obbedienza, costrizione e spersonalizzazione. L’anima della guerra e dei suoi burattini, ancora.

Niente va al niente

Come in ogni guerra, a rasserenare le menti dei combattenti al fronte è la presenza femminile. Lasciva o crocerossina poco importa; la sua vera assenza è l’abbandono della linea di tensione. Benedetti la ripropone qui in una versione al di là del contingente, profondamente onirica; come una moderna Sibilla, la fanciulla che scivola sulla pelle morbida del Lago di Garda sembra profetizzare l’unica soluzione possibile per uscire dalla guerra permanente, dagli opposti estremismi e da un angosciante senso di vuoto: sbarazzarsi della tragedia con la dolcezza di un gesto poetico.

L’oggetto del desiderio, I

Il corpo ostentato nella sua precarietà, nel suo handicap fisico, nel suo souvenir di guerra. Le mine antiuomo provocano ogni anno nel mondo oltre 26000 vittime, e molte più sono le mutilazioni. Ad ogni problema la sua estetica, ad ogni limite la sua protesi: il fascino indiscreto dell’imperfezione -merce ambita, ricercata ed esibita dal cannibalismo mediatico- è qui ricondotto al silenzio di un dramma e di una ricerca tutta personale, che può avvicinarsi, senza mai giungervi, alla completezza. Un video dedicato dall’artista alle migliaia e migliaia di mutilati da mine in Afghanistan.

Luther Blissett (1926)

Con questa prima non-opera l’artista ha deciso di cambiar nome e di scrollarsi di dosso una cinquantina d’anni. Inutili quindi informazioni sul suo passato, né tanto meno sul suo futuro.

Re-fresh

Ispirato al romanzo di Wu Ming ‘54’, Re-fresh è una non-opera realizzata assemblando registrazioni amatoriali 8 mm girate nel corso degli anni Cinquanta a Bologna e in alcune località turistiche della Penisola. Sui generis l’accompagnamento musicale, trovato dal non-artista s’un treno ed utilizzato così a mo’ di colonna sonora ready made. La guerra è qui metafora della lacerazione tra i melliflui ricordi di una passata spensieratezza e l’attuale e persistente senso d’inquietudine dato dalla precarietà dell’esistente.

Immagine: Sarenco and the Marseille connection

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