I tre lavori in mostra condividono il boicottaggio dei codici di rappresentazione visiva e delle strutture. Il video di Giona Bernardi trova i suoi precedenti nella traduzione visiva di eventi vissuti e di un mondo immaginario. Il lavoro di Driton Hajredini documenta il suo confessionale, da musulmano, con un prete ortodosso. Emre Huner presenta il suo nuovo progetto in cui gli elementi e immagini mentali vengono organizzati in un archivio e poi de-costruiti e ricomposti.
Giona Bernardi, Driton Hajredini, Emre Hüner
A cura di Stefano Romano e Alessandra Poggianti
1/60 insurgent space è il nome di uno spazio che muovendosi
continuamente all'interno delle città produce mostre il cui scopo è quello di mettere a confronto artisti internazionali con luoghi diversi rispetto a quelli "istituzionali" per creare nuove discussioni intorno all'arte e ai suoi confini.
Tutte le mostre sono curate da Stefano Romano e da un altro curatore (diverso di volta in volta), questo mese è stata invitata Alessandra Poggianti.
1.60insurgent space inaugura la prima serie di appuntamenti del secondo ciclo, con la mostra "Apart".
Il progetto viene realizzato all'interno di un'appartamento privato nel centro di Tirana, le cui stanze accolgono diverse forme di immagini in movimento: una dimensione privata temporaneamente aperta al pubblico. Sono presentati tre lavori video, diverse piattaforme topografiche che condividono il boicottaggio dei codici di rappresentazione visiva e delle strutture identitarie imposte.
"Superfluminababylonis" è il video dell'artista svizzero Giona Bernardi, che trova i suoi precedenti in una pratica artistica che nasce dalla traduzione visiva di eventi vissuti e di un mondo immaginario.
I suoi numerosi disegni, che trovano le loro radici nel mondo delle "strips", diventano la base di questa videoanimazione. Pur non avendo una vera e propria struttura semantica e referenziale, una delle possibili letture di "Superfluminababylonis" è la visualizzazione del processo di subordinazione al potere che regola oggi la società del capitale.
Il lavoro di Driton Hajredini, artista Kossovaro residente in Germania, documenta il suo confessionale, da musulmano, con un prete ortodosso. L'artisa gli chiede se è un peccato essere Albanese e in tal caso come espiare questa colpa.
L'incertezza da parte del prete sulla risposta circa la sua presunta "colpevolezza" si conclude con la proposta di recitare qualche Ave Maria come penitenza. Il momento
profondamente privato viene reso pubblico per mostrare i paradossi e l'inadeguatezza dei sistemi che regolano la vita sociale.
Emre Hüner presenta in anteprima il suo nuovo progetto video. La strategia di lavoro è quella che solitamente l'artista turco utilizza: l'accumulo di elementi e immagini mentali, indizi di un sistema o di un concetto che vengono prima organizzati in un archivio e poi de-costruiti e ricomposti.
In questo caso il punto di partenza è il Panottico, il progetto di Bentham analizzato da Foucault: un sistema di
sorveglianza in una prigione perfetta, un modello di cittÃ
immobilizzata nel funzionamento di un potere estensivo. Un modello utopico della città perfettamente governata che l'artista descrive attraverso gli apparati chirurgici dei minerali, delle piante e alcune invenzioni della meccanica dell' 800, un mondo immaginario che arriva dalla storia, dal
naturalismo e dal pensiero modernista.
È un'iniziativa prodotta da: 1.60insurgent space
Input director: Stefano Romano
Curatore: Alessandra Poggianti
Coordinamento mostre: Edi Muka
Inaugurazione. 22 ottobre h. 19.00
1.60insurgent space
Rr. Besim Imami, Pall.56, ap.9 - Tirana