Galleria del Carbone
Ferrara
via del Carbone, 18/A
0532 761642 FAX 0532 761642
WEB
Gianfranco Goberti
dal 18/11/2005 al 11/12/2005

Segnalato da

Paolo Volta



approfondimenti

Gianfranco Goberti



 
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18/11/2005

Gianfranco Goberti

Galleria del Carbone, Ferrara

L'esposizione presenta un ciclo pittorico che l'artista ha ideato nel 1978. Di quell'idea la mostra propone il testo della conversazione avvenuta tra Goberti ed il critico Pierre Restany, alcuni bozzetti dell''Ultima cena' e del 'Trigramma di S. Bernardino'.


comunicato stampa

La moltiplicazione dei pani, Ultima cena, Annunciazione

L’esposizione presenta un ciclo pittorico che Gianfranco Goberti ha ideato nel 1978. Di quell’idea la mostra propone il testo della conversazione avvenuta tra Goberti ed il critico d’arte Pierre Restany, alcuni bozzetti dell'''Ultima cena'' e del ''Trigramma di S. Bernardino''. Le opere in mostra, ora realizzate per la Galleria del Carbone, si inseriranno nelle sale espositive in forma di installazione. Le tecniche utilizzate da Goberti: pittura ad acrilico, fotografia, pane... su supporti di carta su tavola e stiferite. La mostra rimarrà visitabile fino all’11 dicembre 2005.

Introduzione alla mostra di: Marco Bertozzi

L'arte ci salverà?

Conosco Franco da tempo ''immemorabile'', come si usa dire. Ma il tempo ha le sue scansioni, con cui lascia riaffiorare i ricordi: profumi, sapori, immagini... le temps retrouvé... Era il 1989, anno fatale, e con alcuni amici ce ne andammo a fare un giro verso gli argini del Po. Qualcuno non aveva ancora visto la Rocca Possente (ma lo è davvero?) di Stellata e così indugiammo in questo luogo ''delizioso'', trovando - nelle anguste sale della Rocca - una bella mostra di Franco. Non ne sapevo nulla, nessuno mi aveva avvertito. Tanto meno Franco, forse per quella delicatezza nei confronti degli amici, che a volte diventano gli ultimi a sapere le cose... Tra vivide immagini di corde annodate, sfilacciati o stretti cordami e nodi che inanellavano le loro segrete trame, rimasi a lungo a contemplare un quadro raffigurante una calda poltrona a righe, che rispecchiava il suo disegno nella parete di fondo, coperta dalle stesse tonalità di bruno e giallo. Un'altra analoga poltrona affiancava la prima, duplicando le forme: magico specchio, lì posto a lasciar respirare ed espandere la fantasia dello sguardo. Quel morbido ed accogliente rifugio di velluto, dove sembrava di veder impressa l'impronta di qualche mano, era il luogo ideale in cui immergersi e lasciarsi andare a leggere, pensare, e anche scrivere: privilegiato sostegno di sogni o di bruschi risvegli. Un'attrazione fatale, un amore improvviso, una sorta di colpo di fulmine... Da allora, come si può immaginare, il dipinto di Franco fa bella mostra di sé, discreta e avvertita presenza, in un punto speciale della casa, posto di fronte ad uno specchio ovale, incorniciato da volute barocche, dove riverbera la sua suggestiva immagine.

Qualche giorno fa, Franco mi ha fatto vedere, invitandomi ad entrare nel suo studio, il materiale che andrà a formare questa nuova mostra, a lungo pensata e coltivata, come risulta dalla conversazione con Pierre Restany del 1979. Si tratta, come ormai sapete, di una moltiplicazione di pani e di pesci: evocazione simbolica, in un'epoca di umana carenza. Un piccolo segno, un invito ad essere più generosi verso l'altro, una flebile voce sulle tracce della nostra mondializzata realtà. Franco ama particolarmente il trigramma di San Bernardino (JHS), francescano predicatore di carità, unità, concordia e giustizia. Fra Tre e Quattrocento, egli si erse a fustigatore di ricchi mercanti, banchieri, usurai e sensali, che chiamava (con un gioco di parole) ''senz'ali''. Essi non erano capaci di alzarsi in volo, di sollevarsi dalla loro ''robba'', che Dio aveva dato al mondo per sopperire ai bisogni di tutti gli uomini, non di uno solo o di pochi. E aveva parole di fuoco per ''le belve dalle zanne lunghe che rodono le ossa del povero''. Con simili atteggiamenti, così radicali, possiamo immaginare che non dovette avere vita facile...Forse Franco aveva in mente queste cose, o forse no, quando ha pensato di porre, alla fine del suo percorso, un grande angelo nunziante, sullo sfondo di un cielo nordico, con le ali dispiegate e il volto abbassato, nascosto in un cono d'ombra, mentre ci mostra il biondo colore dei suoi capelli.

Un angelo postmoderno, anche questo, che rievoca Il cielo sopra Berlino del tedesco Wenders, o il biondo replicante sul tetto di un livido grattacielo, nel finale di Blade Runner, che Ridley Scott ha ricavato da un celebre libro di Philip Dick...E come non pensare all'angelo della storia di Walter Benjamin, che volge lo sguardo verso il passato e che una irresistibile bufera di vento, soffiando sulle sue ali dispiegate, spinge verso un futuro che non riesce a vedere? Non so, usando un vecchio e un po' retorico detto, se l'arte potrà salvarci. Ma può nutrire i nostri sensi e aiutarci a vivere meglio. Penso al grande libro di Jacob Burckhardt, Il cicerone, e al suo significativo sottotitolo: guida al ''godimento'' dell'arte... , davvero un bel termine, che qualcuno vorrebbe neutralizzare con una più anonima ''fruizione''. Uno slancio di ''passione'' visiva potrebbe scaldare il nostro animo raggelato, inducendo qualche lieve speranza in questa nostra epoca, messa a ferro e fuoco dai dèmoni della guerra e dalla ormai dilagante insicurezza.

Galleria del Carbone
Via del Carbone, 18/a - Ferrara

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