In mostra circa 30 opere - tra tele, carte, disegni e sculture - che ripercorrono il percorso poetico e pittorico dell'artista. L'esposizione si snoda tra le drammatiche figure dei Feticci e dei Sanniti, includendo le suggestioni plastiche delle Navi e delle Anfore, fino a raggiungere la levita' dei “disegni" di Carro D’Amore e l’estrema liberta' formale delle sue Case, episodi recenti della storia creativa dell’artista. A cura di Ivan Quaroni.
Tele, carte, disegni e sculture
A cura di Ivan Quaroni
Primo’s Gallery e' lieta di presentare la mostra “Arcangelo", una miscellanea di opere che riassumono alcune tappe della ricerca dell’artista benevantano.
Saranno in mostra circa trenta opere - tra tele, carte, disegni e sculture - che ripercorrono il percorso poetico e pittorico di Arcangelo.
Il percorso espositivo si snoda tra le drammatiche figure dei Feticci e dei Sanniti, includendo le suggestioni plastiche delle Navi e delle Anfore, fino a raggiungere, infine, la levita' dei “disegni" di Carro D’Amore e l’estrema liberta' formale delle sue Case, episodi recenti della storia creativa dell’artista.
L’arte di Arcangelo, classe 1956, nasce all’inizio degli anni Ottanta, nel clima artistico dominato dalla Transavanguardia, ma si precisa fin da subito per la sua completa originalita' e per il forte legame con le suggestioni derivanti dalla sua terra d’origine.
Utilizzando una pittura cromaticamente ridotta ai soli pigmenti del bianco e del nero, con l’ausilio di una componente fortemente gestuale e con una particolare attenzione verso i materiali - che lo avvicina semmai alla sensibilita' degli artisti Poveristi - Arcangelo afferma, gia' nel ciclo intitolato Terra mia, un’appartenenza tutt’altro che folcloristica alle sue radici.
Il suo Sannio - terra aspra e dura, celebrata in quelle prime buie visioni - e' una zona geografica di stratificazioni multiple, un crocevia di culture e di storie che serba traccia dei popoli che vi abitarono: dai sanniti ai romani, dai longobardi ai bizantini. L’impronta forte di questo “suolo" - memore dei sacri riti del Ver Sacrum come degli storici conflitti presso la Valle Caudina e il beneventano - torna ossessivamente anche nei lavori successivi, dove innovazioni del linguaggio pittorico si mescolano a nuove suggestioni visive.
Nei cicli scultorei delle Montagne sante e degli Altari, come in quelli pittorici dei Pianeti, delle Stanze e dei Misteri - quest’ultimo direttamente ispirato alle processioni dei battenti di Guardia Sanframondi - emerge un elemento specifico dell’arte di Arcangelo: quello di mescolare e confondere tutti gli elementi di una ideale aurea mediterraneita', con l’intento di rintracciare, non tanto storicamente quanto attingendo all’intimo patrimonio archetipico della sua infanzia, le radici comuni delle culture del Sud, siano esse greco-bizantine, romane, islamiche o africane
Arcangelo riunisce, in una visione sintetica e misteriosa insieme, icone di Madonne Nere e di Battenti incappucciati con figure orientaleggianti di barbuti pope ortodossi, che a loro volta finiscono per somigliare a certi mullah arabi.
Persino le sue incursioni in culture lontane - dall’Africa dei Dogon, all’Oriente immaginario dei suoi Tappeti persiani fino all’atmosfera erotico-iniziatica dei suoi shunga contemporanei - altro non sono che tentativi di riappropriarsi di una matrice culturale che prescinde dalle differenze tra nazioni e civilta', e che puo' quindi trovare punti in comune col suo Sannio.
Non e' un caso che, nel corso del tempo, immagini e simboli dei suoi cicli si siano infine mescolati e fusi in un unico grande affresco, che trova nel ciclo dei Sanniti una ulteriore conferma.
Recentemente, Arcangelo si e' avvicinato alla dimensione poetica ed etica dell’affresco, affascinato dalla delicata visione dei giardini interni e degli Orti Conclusi della Domus Aurea, dalla potente lezione figurativa dei graffiti rupestri del Sahara e dall’iconografia dei grandi cicli allegorici medioevali.
Oggi antichi segni e nuovi pittogrammi si affastellano sulle tele dell’artista, completando infine quell’alfabeto pittorico che ha reso riconoscibile ed unico il suo stile.
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Arcangelo di Ivan Quaroni
Vocabolario lirico imperfetto
Terra mia
Lupanare di spettri e demoni, correnti telluriche, forre spaccate. Notte lugubre di ululati.
Latrare di venti funesti e suoni rubicondi di sibille sguaiate.
Un tremore di superfici sulle dorsali appenniniche.
Opera al nero. Terrae Motus dell’anima.
Navi
Non le Isole dei morti, ma gli infiniti ritorni.
L’attenzione immota delle sentinelle, che scruta il confine tra terra e mare.
La processione lenta dei legni corsari. Prima la costa, poi il porto e la taverna.
Festa d’oro e di spezie, di sale e allume di rocca.
Ogni marinaio come Ulisse, ogni terra come Itaca.
Anfore
Frammenti di un sapere sconosciuto. Sacro calice, pietra nascosta, vaso di Pandora.
Tesoro di Tunisi: il colore di rue des teinturiers.
Terra fresca e sale grosso, olio di canfora, crocus sativus, acqua di dalibour.
Le droghe per medici e speziali.
Feticci
Viaggio al termine della notte. Simulacri di carbone fossile, maschere funebri di un carnevale a lutto.
Inno liturgico, orazione vespertina, ex voto, candomble'.
Una preghiera per lo schianto, una lacrimosa omelia mediterranea.
Il silenzio dopo il crollo. Un battito d’ali.
Mantra dei rosari, suono argentino di campane.
Monte di anime
Santuari di pietra, colline d’ombra.
L’erezione della terra come asse mistico. Pene d’amore.
La mistica penitenziale.
Il Monte Purgatorio: un sentiero di battenti incappucciati.
Sanniti
La primavera sacra. La genesi di una stirpe combattente.
Il popolo della terra di mezzo (medi-terraneo).
Oggi l’aratro, domani il gladio.
L’arena delle genti.
Il soffio di scirocco e il suono arabo di un respiro.
Carro d’amore
Aratro celeste. Tracciato di stelle sannite. Orsa d’amore.
Muscolo pulsante e fuoco centrale.
La stagione della caccia alle antilopi.
In campane di vetro, le impiccagioni amorose senza suono di ossa spezzate.
Case
Meraviglia del tempo. Scrigno di memoria.
Le lunghe scale lignee e i pagliericci per la notte.
L’aroma acre dell’origano.
Sulle gambe ferite di sterpi e punture d’ortica.
Una fame di pane raffermo e formaggio di capra.
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Inaugurazione: 13 Gennaio, h. 18.00
Primo’s Gallery
via Trieste 10/d - Brescia
Orari: dal martedi' al sabato; h. 10.00-12.30/16.00-19.30