Le fotografie hanno la proprieta' di sospendere una successione di istanti, rinviandoci in una dimensione indifferenziata e sollevano il problema della correlazione fra spazio e tempo nell'opera.
Non ci sono confini nella luce
Ed è così che, osservazione e riflessione si coniugano per l’idea di concretare una forma, un’ atmosfera, un’indeterminata e indicibile appariscenza; le immagini pensate sono inserite in una composizione organica e originaria, accompagnate dai dialoghi dell’ alternanza delle apparenze. Giorgio Cutini è risalito dalla percezione di un’armonia preesistente ad un senso compiuto, dal concetto della rappresentazione, dalla suggestione dell’ idea, ai suoi probabili significati. Il pensiero riflessivo lo porta a predisporre un progetto capace di contenere modelli e linguaggi, il più rispondenti alle proprie intenzioni, nell’impresa di trasporre le sensazioni immaginarie nel disposto combinato delle immagini. L’ansia metafisica di Cutini, questo stato di sospensione, accelera l’ideazione per raggiungere, definire una composizione capace di provocare e stupire.
“ Il critico è un nostro simile, per pratica ed estrazione culturale …”(Il Manifesto del Passaggio di Frontiera, 1995) e la coscienza dell’arte, il consapevole trattamento dei suoi elementi, distanzia la poesia tanto la casualità quanto la facile effusione, scongiurando il pericolo dell’inefficacia come dire che la fantasia non è creativa semmai ordinatoria; quindi alla pura accensione fantastico-emotiva, e soprattutto all’ansia estetica, Cutini associa l’intervento dell’intelletto nella sua funzione ordinatrice e aggregatrice. Siamo impegnanti in un progetto di fotografia globale, tra realtà, astrazione e concetto…”, purchè si mantenga “…slegata da ogni dominio strumentale dell'arte e dal suo progetto di utilizzo..”( Il Manifesto del Passaggio di Frontiera, 1995). Una sorta di dominio della forma riconducibile ad una percettibilità ritmica e modulatoria sono alla base della sua programmazione che per quanto interminabile è in questo caso ancor più definita dall’eccitazione nervosa, dall’entusiasmo improvviso che diviene provocazione visiva quindi canto, luogo dell’intensità e di meraviglia.
Vedere la musica per non arrestare il flusso del mutamento inarrestabile, come il movimento del mare in un luogo dove la luce non ha confini. Come l’occhio che nel sud della Francia si è soffermato più volte sul solidificarsi della roccia, nella memoria e dentro l’originaria incandescenza del magma e si è allungato ad ascoltare le vibrazioni delle rose, poi soffermato sul respiro dei grovigli di particelle, trattenuto dall’affanno del grande albero, stregato dal mistero delle piume.
Vedere la musica e dare termine alle immagini.
Dentro le lunghe atmosfere le immagini cantano e rievocano il canto degli inermi; le pause e silenzi sono intervallati dal soffio della disperata armonia. Il vento parla con la sua voce stonata e apre sui buchi del tempo insinuandosi nella memoria e ritorna corpo ed luogo e fluido nella musica delle immagini; si plasma nell’austerità della forma, si insinua nei segreti pertugi delle crepe, scivola nel lungo tratteggio tonale, ascolta il silenzio, si snerva nel rassicurante territorio delle idee.
Le immagini possiedono la specifica proprietà di sospendere magicamente una successione di istanti, rinviandoci in uno spazio- tempo indifferente e sollevano il problema in che modo esista nell’opera di Cutini, la correlazione con lo spazio ed il tempo.La fotografia, in relazione alla nostra sensibilità e percezione ci fornisce ogni volta, una diversa dilatazione di quel tempo a noi intimamente legato.
Questo può essere significativo anche del fatto che ogni fotografia opera un trasferimento del reale in uno spazio ideale le cui coordinate sono legate ad un’interpretazione soggettiva del tempo e alla funzione di coscienza, determinati o correlati alle motivazioni inconsce del fotografo.Il concetto di evocazione diviene sempre più “centro” del linguaggio della fotografia.
Ecco perché la forza dell’evocazione insita nell’immagine fotografica è strettamente correlata con il concetto della rappresentazione spazio-temporale. Per la visione creativa dell’osservatore non esiste quindi un “adesso”, un tempo assoluto universalmente accettato, ma corpi opachi dotati di enormi campi gravitazionali in cui il tempo non ha un percorso lineare e può fermarsi inaspettatamente (tempo nel tempo).Come se fosse un ordine sovrastante, un campo vasto e sconfinato, un unicum dove materia, spazio, tempo e coscienza si coniugano e potrebbero stabilire complessi rapporti, reciproche invasioni e conquiste che possono aprire su una visione dilatata della percezione fantastica.
Questo può essere significativo del fatto che il lavoro espressivo di Cutini, determinato o correlato alle sue profonde stimolazioni, coniuga il trasferimento del reale in uno spazio fantasmagorico le cui coordinate sono legate ad una privata interpretazione della funzione di coscienza.
Le immagini sono riduzioni dello spazio tempo, concentrati di magia in cui tutto partecipa alla costruzione di significati, fino al tempo dell’eterno ritorno all’uguale. La capacità di astrarre superfici dallo spazio tempo in uno spazio bidimensionale dove il prima diventato poi, lascia adito ad interpretazioni; certamente quella propria dell’immagine e quella dell’osservatore. Lo sguardo vaga in queste superfici significanti che portano alla luce le relazioni tra gli elementi dell’immagine ed i loro significati complessi fino al punto che un elemento può conferire significato all’altro e da questo ottenere il proprio significato e tutto questo attraverso la mediazione delle motivazioni intrinseche dell’autore, del suo vedere, sentire e mostrare.
La selezione che compie Giorgio Cutini del quale abbiamo già tracciato le caratteristiche operative (“La vertigine del Movimento”, Ed. Gribaudo, Torino 2002)è quella di ricostruire le proprie condizioni culturali senza esserne condizionato dal punto di vista fotografico, tanto più dal “prelievo venatorio” nella giungla degli oggetti cultuali disposti ad essere preda del vagare furtivo del fotografo. Nel gesto fotografico Giorgio ha racchiuso tutta una serie di intenzioni programmate nel senso della reciprocità con il mezzo; l’apparecchio fa ciò che vuole il fotografo e Cutini ha voluto ciò che l’apparecchio è in grado di fare, subordinando ciò che è registrabile con la fotografia al filtro della propria interiorità. Con il proprio approccio concettuale, mettendo in gioco le sue conoscenze ed il senso estetico, ha alterato quindi il programma già definito nell’apparecchio fotografico, cercando le possibilità ancora inesplorate nelle immagini di provocazione. La realtà di Cutini esiste solo nella sua fotografia. Un stravolgimento semantico del significato reale con il simbolo ed il significante. Le vibrazioni del bianco che si amalgamo con i buchi del nero, appartengono al suo metacodice; le affascinanti immagini, comparse da un intangibile universo lontano, sono diffuse rappresentazioni mentali del mondo irraggiungibile.
(Enzo Carli)
Giorgio Cutini chirurgo, per vocazione fotografo, nasce a Perugina nel 1947.
Fondamentale per la sua formazione fotografica l’incontro con Ugo Mulas, momento in cui si è avvicinato al mondo delle arti figurative collaborando alla pubblicazione di numerose monografie e testi critici di autori contemporanei.
Si è inoltre dedicato alla fotografia scientifica nell’ambito della sua attività chirurgica.Ha partecipato a numerose esposizioni sia in Italia che all’estero, è membro fondatore del Manifesto “Paesaggio di Frontiera” del 1995 e tra gli ideatori della galleria Kn di Ancona.Si sono occupati della sua opera fra gli altri, Umberto Piersanti, Gualtiero De Santi, Mariano Apa, Armando Ginesi, Dario Evola, Alberto Pellegrino, Enrico Carli, Massimo Renzi, Enzo Carli, Gabriele Perretta.
L'Idioma
Via delle Torri, 23 - Ascoli
Orario: feriali: 18 - 20 / festivi: 10.30 - 12