Per forza di cose. L'artista espone una nuova serie di lavori realizzati nel 2007 e incentrati - come sua consuetudine - sull'esplorazione semantica di alcune metafore universali. Rintracciate come sempre in parte nelle iconografie dell'Arte, in parte nella realta' quotidiana, attraverso una rinnovata strategia di lettura delle cose che ci circondano.
Per forza di cose
Pianissimo è lieta di presentare la seconda mostra personale di Roberto Ago presso la galleria. Per l’occasione l’artista espone una
nuova serie di lavori realizzati nel 2007 e incentrati - come sua consuetudine - sull’esplorazione semantica di alcune metafore universali.
Rintracciate come sempre in parte nelle iconografie dell’Arte, in parte nella realtà quotidiana, tutte attraverso una rinnovata strategia di
lettura delle cose che ci circondano.
La ricerca artistica di Roberto Ago si caratterizza innanzitutto come prassi. C’è un sistema procedurale, un modello operativo vero e
proprio che soggiace ad ogni sua realizzazione. L’artista lavora, infatti, utilizzando quegli oggetti, immagini e iconografie preesistenti che
siano riconducibili in modo pertinente ad altri oggetti, immagini e iconografie preesistenti. Ovvero formalizza metafore, anche solo approntando
titoli o attraverso le modalità di presentazione degli oggetti stessi, che una volta manipolati e quindi affidati all’interpretazione
dello spettatore lasciano emergere aspetti importanti e rivelatori circa i contesti (non solo reali) dai quali sono stati prelevati o a cui rimandano.
Le cose risultano, nelle sue elaborazioni, perlopiù intonse e conservano la memoria dei luoghi e degli usi per i quali sono state create.
Spogliate tuttavia del loro abito “tautologico” e immerse nel regno della rappresentazione, rimandano sempre a qualcos’altro. Questo
“altro” che Ago invita a riconoscere implica un mix di elementi noti e di risvolti inediti. Si tratta ovviamente di individuare i sopraggiunti
referenti iconografici, reali o immaginari che siano; ma costituiscono dei referenti anche i codici di “traduzione”, e i significati (contestuali)
sia dei referenti, sia dei codici, sia delle traduzioni. Può essere necessario, insomma, fare uno sforzo ermeneutico per cogliere appieno
le sue sottili e ironiche alikenesses, poiché il bagaglio enciclopedico che l’artista presume di avere in comune con lo spettatore, o di negoziare
con lui, a volte ne costituisce un ingrediente primario. D’altra parte è soprattutto il rimando intertestuale, potenzialmente infinito,
che consente il dischiudersi di significati inediti, anche attraverso delle ri-cognizioni intorno a quelle nozioni acquisite che lo spettatore
può ora riesumare, ripensare e rivitalizzare alla luce delle nuove analogie istituite dalla metafora. Per Ago un intento conoscitivo può e
deve accompagnarsi alla contemplazione estetica, ed è per questo che invita spesso a considerare il suo modus operandi nel segno di
un’attività critica (e addirittura euristica), oltre che artistica.
Questa sua inclinazione all’uso semantico e critico degli oggetti non si nutre di sola enciclopedia, né di mero “realismo”. Un sapore onirico
tipico della metafora visiva, infatti, permea perfino i suoi lavori più marcatamente oggettuali. Ago sembra intuire gli oggetti in quanto
funzioni segniche o dispositivi semantici all’interno di un campo di forze dinamico che contempla, oltre alla realtà dei fatti, dei segni e dei
testi, anche la nozione psicanalitica di Inconscio. Il punto di raccordo tra i “due regni” segna l’avvenuto ingresso nel registro Simbolico.
Da non confondersi col Simbolismo o con l’accento surrealista, è simbolico il modo perlopiù inconscio con cui la mente umana costruisce
e percepisce se stessa e il mondo attraverso il suo continuo prodursi in metafore, e di conseguenza è simbolico l’orizzonte concettuale
entro il quale traduce i significati delle sue percezioni e costruzioni metaforiche. La ratio simbolica investe in modo sotterraneo molti
aspetti “significativi” della vita reale. Oggetti compresi. Alcuni costrutti dell’homo sapiens, con differenti gradi d’intensità, testimoniano la
viva compresenza della cosa reale con la cosa mentale. Ma, data l’appartenenza dell’una allo statuto “diurno” della cosa in se e dell’altra
allo statuto “notturno” della metafora, è necessario un sodalizio tra ragione analitica e immaginazione simbolica per rilevarne differenze
e compenetrazioni.
L’ Enciclopedia e una dialettica sodale tra queste due attitudini solo in apparenza opposte costituiscono, dunque, gli strumenti privilegiati
dall’artista per “dimostrare” che molte cose-che-abbiamo-in-comune abitano quella terra di mezzo dove, “se l’immaginale è estremamente
reale, allora il reale è estremamente immaginale “(J. Hillman). E poiché le cose (e le immagini e le iconografie) sono spesso
portatrici “inconsce” di istanze universali sia etiche che estetiche, il loro portato artistico primigenio, socialmente rilevante e antropologicamente
oggettivo - nel senso che riflette senza distorsioni individuali una realtà immaginale massimamente condivisa – costituisce il
“materiale” prediletto da Ago e il vero oggetto delle sue indagini dimostrative. Chi parla sono le cose, e i significati, i rimandi, le analogie
che esse veicolano precedono l’artista e intercettano le sue intenzioni, al punto che egli non fa che cogliere le loro intrinseche potenzialità
metaforiche. Ago opera esclusivamente in post-produzione, per lui un lavoro è più un fatto “già depositato” e meno qualcosa “da fare”.
E quando concede il minimo sindacale alla sua inventiva d’artista, tanto da costruire più che riconoscere una metafora attraverso uno o
più oggetti, si affida comunque ad un principio di pertinenza analogica che sia tale “per forza di cose” e non per una qualche mediazione
soggettiva o stilistica. Per questo scommette, e necessariamente, sulla disponibilità all’interpretazione dello spettatore. In caso di successo,
è lui che dovrà verificare l’oggetto in quanto “opera”, investendolo di inferenze e disponendo intorno all’intero materiale trattato
un surplus di informazione, valutando la pertinenza della metafora e riconoscendo infine quelle particolari analogie come “autentiche” a
prescindere dalla firma dell’autore, e in quanto tali utili anche ai fini di un incremento di conoscenza vera e propria.
Inaugurazione 12 aprile 2007
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Pianissimo is pleased to present the second solo exhibition of Roberto Ago. On this occasion, the artist shows a new series of artworks
made in 2007, centered – as he usually does – on the semantic exploration of certain universal metaphors. His words are retrieved partly
from the iconography of art, partly from everyday life, and always through a renovated strategy of reading the world around us.
Roberto Ago’s artistic research is characterized first of all as praxis. A true procedure, an operating scheme that underlies each one of
his works: the artist works, in fact, using pre-existing objects, images and iconographies that can be referred, in a pertinent way, to other
pre-existing objects, images and iconographies. Or, he formalizes metaphors, even by simply preparing the titles, or by the modality of
presentation of the objects. Once manipulated and therefore open to the viewer’s interpretation, the metaphors help to disclose important
and revealing aspects about the context (not always real), from which they were taken or to which they refer.
After Ago’s elaborations, things appear rather untouched and maintain a memory of the places and scope for which they were initially
meant. Stripped of their tautological ‘clothes’, however, and plunged into the realm of representation, Ago’s works always relate to something
else. This “else” that Ago tries to have us recognize, implies a mix of known elements as well as the unexpected outcomes. Clearly,
the issue is to identify the emerging iconographic references, whether they be real or imaginary. However the codes of “translation” and
the (contextual) meanings of the references of the codes and of the translations, constitute the references. In other words, in order to fully
grasp Ago’s subtle and ironic alikenesses, a hermeneutical effort may become necessary, since in some case the primary ingredient that
the artist expects to have in common with the viewer, or to negotiate with him, is the encyclopedic burden.
On the other hand, it is the hypertextual reference, potentially infinite, that allows for the disclosure of novel meanings, also through recognitions
around those acquired notions that the viewer can now re-vive, re-think and re-vitalize, in light of the new analogies set up by
the metaphor. For Ago, the impulse towards knowledge can and must be accompanied by aesthetic contemplation, and for this reason
he often proposes to consider his modus operandi within the framework of a critical (and even heuristic) activity, besides being artistic.
Ago’s inclination to the semantic and critical use of objects does not feed simply on encyclopedia, neither on mere “realism”. A dreamlike
flavor, typical of visual metaphors, in fact, seeps through all his works, even those markedly object-oriented. Ago seems to grasp
objects as signaling functions or semantic devices, within a dynamic field of forces that contemplates also the psychoanalytical notion
of subconscious, beyond the reality of facts, signs and text. The merging point between the two “kingdoms” marks the admission to the
Symbolic register. This should not be confused with Symbolism or with the surrealist accent: symbolic is the rather unconscious way by
which the human mind builds and perceives itself and the world, through its continuous generation of metaphors. And therefore, symbolic
is the conceptual horizon within which the mind translates the meanings of its perceptions and metaphorical constructions. The symbolic
ratio affects in a subterranean way several “significant” aspects of real life, objects included. Some constructs by Homo sapiens testify
the living co-presence of the real thing with the mental thing, with varying intensity. But, since the first belongs to the metaphoric “daily”
status, and the other to the “nightly” status of the thing per se, a sodality becomes necessary between analytical reason and symbolic
imagination, to uncover differences and interconnections.
The encyclopedic and a sodality of the dialectic between these two attitudes, only apparently opposed, are the preferred artist’s instrument,
to “demonstrate” that many things-that-we-have–in-common belong to that grey zone where “if the imaginary is extremely real,
then reality is extremely imaginable” (J. Hillman). And since things (as well as images and iconographies) are often “non conscious”
bearers of universal issues, ethical and aesthetic, their artistic primigenial accomplishment, socially relevant and anthropologically objective
- in the sense that reflects, without individual distortions, an imaginary reality maximally agreed-upon – constitutes Ago’s privileged
material and the very object of his demonstrative investigations. Things speak, and all the meanings, references, analogies they convey,
anticipate the artist, and intercept his intentions, to the point that he simply catches their intrinsic metaphorical potential.
Ago operates exclusively in post-production, for him an artwork is more a question of “already in deposit” rather than “to be done”. And
this grants to the artist’s invention, the minimal legal salary, so much so that a metaphor is constructed rather than recognized, through
one or more objects, relying in any case on a principle of analogical pertinence, because so-it-must-be, and not following a subjective or
stylistic mediation. For this reason, the artist counts on the viewer’s disposition to interpret, and necessarily does so. If successful, it is
he/she that will need to validate the object as “artwork”, vesting it with inferences and arranging around the entire material a surplus of
data and information, evaluating the pertinence of the metaphor and at last recognizing those specific analogies as “authentic”, useful for
the aim of expanding true knowledge, regardless of the author’s signature.
Opening april 12, 2007
Pianissimo Contemporary Art
via Ventura, 5 - Milano
Tue – Sat: 3 – 7 pm
Free admission