Mostra personale di opere su carta. I lavori presentati, pittura ed acquerello, riguardano paesaggi urbani, particolari architettonici dal taglio fotografico ed anche momenti di vita quotidiana .
La carta. Il peso, la consistenza, la sua ruvidità. E poi i tocchi di colore,
modulati e pazienti, in punta di dita. Dietro ad ogni acquarello c'è una forma di resistenza.
La resistenza di una pittura che oppone la forza della delicatezza, delle piccole
quantità, del particolare, alla fisicità violenta della materia e all'impatto delle
grandi estensioni.
E questa premessa è assolutamente necessaria per il lavoro di Gabriele Coccia, che
nasce da una visione dell'arte come mestiere ed esercizio quotidiano, una concezione
antica, "di bottega", all'interno della quale il raffinamento del sentire la
rappresentazione deve corrispondere ad una progressiva crescita dell'abilità
manuale, senza distonie. Occhio e mano. Insieme, lentamente.
Così, gli squarci urbani, uno dei soggetti più frequentati da certi asfissianti,
eccessivi sperimentalismi contemporanei, vengono ripensati in modo da apparire
inaspettatamente leggeri.
Il tratto dell'acquarello, applicato all'ambiente della città, riproduce il ritmo di
una camminata a piedi, dischiudendo punti di vista e prospettive decisamente "a
dimensione d'uomo", nonché una visione fotografica en plein air, in cui la
grandiosità delle costruzioni, la direzione dei percorsi, il gusto per certi
impercettibili particolari si propongono come visioni "inattese", scoperte dietro
l'angolo. Passages, appunto.
In una sorta di raffinato "fermo immagine", la città "si lascia guardare", per
permettere all'artista di ricercare una qualche traccia umana, un battito, più o
meno percepibile, tra pietra, vetro e acciaio. E c'è un sentimento estetico sottile
nel voler rubare questi attimi alla loro luce migliore, la piazza nel chiarore
abbacinante del mattino o la "rua" in morbida penombra: una scelta e, al contempo,
una velleità rappresentativa che rasentano l'idealizzazione.
Come a dire che può esistere una bellezza unica in tutte le cose, anche in quelle
che, in frenetica e seriale velocità, ci scorrono accanto ogni giorno. E che, infondo, è possibile rapportarsi alla dimensione urbana, senza necessariamente sentirsi alienati o fagocitati, senza mettersi in fuga, ma rimanendo saldi di fronte ai pochi attimi di respiro e di umana vivibilità.
Basta sorprenderla, la città. "In controtempo", naturalmente. (A.Morelli)
Inaugurazione sabato 17 novembre ore 18
L'Idioma
Via delle Torri 23, Ascoli Piceno
Feriali 18-20; festivi 10.30-12
Ingresso libero