Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni
Cento (FE)
piazza del Guercino, 39 (Palazzo del Governatore)
051 6843390 FAX 051 904531
WEB
Antenore Magri
dal 20/3/2008 al 26/4/2008
10.30-13 e 15-18.30, lunedi' e mercoledi' pomeriggio chiuso

Segnalato da

Ufficio Cultura Comune di Cento



approfondimenti

Antenore Magri



 
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20/3/2008

Antenore Magri

Galleria d'Arte Moderna Aroldo Bonzagni, Cento (FE)

Futurista, metafisico, surrealista. Retrospettiva del pittore a trent'anni dalla morte. La mostra illustra la sua parabola artistica e l'evoluzione stilistica del suo lavoro. Dall'incontro nel 1940 con Corrado Forlin e gli altri componenti del Gruppo Futurista Savare', agli anni '60 con i "quadri musicali" ed i cicli delle "attese" fino alla pittura per "icone".


comunicato stampa

Una mostra dedicata alla parabola artistica ed all’evoluzione stilistica del pittore Antenore Magri, nato a Ferrara nel 1907.

Negli anni ‘20 e ’30 dipinge con uno stile post impressionista senza particolari note di rilievo nel panorama artistico locale. Sarà l’incontro nel 1940 con Corrado Forlin e gli altri dinamici componenti del Gruppo Futurista Savarè a condurlo come parte attiva alla X mostra di Milano degli Aereopittori, presentata da Marinetti. Negli anni a seguire anche la sua tavolozza impressionista prende spessore ed i suoi dipinti cominciano ad uscire da Ferrara.

Nella metà degli anni ’50 diventa segretario della sezione ferrarese dell’Unione Sindacale Artisti dei Belle arti aderente alla U.IL. Questa esperienza gli permette di esporre in tutt’Italia, di organizzare mostre e conoscere artisti, grazie anche alla sua attività di gallerista.

Questa frenetica attività culmina con le mostre di Parigi e Milano presentate da Virgilio Guidi, Ernesto Treccani ed Orfeo Tamburi.

I titoli delle opere di quegli anni richiamano a luoghi, particolari, angoli, scorci o immagini della Natura, quasi a suggerire un desiderio di intimità con il mondo incorrotto che lo circonda.

L’artista scrive in un catalogo: “Amo ancora tutte quelle cose che pur vivendo vicine all’uomo non partecipano al suo frastuono ed ascoltano la voce del vento, gli echi che si perdono nel grande spazio, per gli ampi orizzonti senza limite in una ansietà infinita”.

Con gli anni sessanta arrivano nei suoi quadri i manichini, senza mani e senza volto e la sua pittura tocca i vertici espressivi con i “quadri musicali” ed i cicli delle “attese”.

Alla fine del decennio la sua pittura si fa più seriale, per “icone”, quasi ad anticipare l’avvento dell’era informatica.

Magri muore a Ferrara nel maggio del 1978, dipingendo sino all’ultimo, secondo quello stile surreale-metafisico ma senza disegnare brani di pittura post-impressionista pur sempre espressione di una personalità gentile, dolce e nello stesso tempo energica e schietta.

La rassegna promossa ed organizzata dall'Assessorato alla Cultura di Cento beneficia del numero speciale della rivista trimestrale "La Pianura", edita dalla Camera di Commercio della Provincia di Ferrara, che dedica la sezione culturale della pubblicazione ad Antenore Magri. I testi critici affidati a Carlo Bassi, Lucio Scardino, Antonio Torresi, Gianni Cerioli, Gabriele Turola, Giorgio Mantovani e Lucia Boni, contribuiscono nei diversi articoli a delineare la personalità dell'artista ferrarese rispetto gli ambiti socio-culturali nei quali Magri è stato protagonista o semplice testimone.

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La metafisica di Antenore Magri

HA SOLO SPOSTATO L’ATTENZIONE
di Carlo Bassi

Racconta Juan Gris il maestro spagnolo che con Picasso e Braque inventò il Cubismo che, nella loro ricerca il tempo che a loro interessava era “il loro tempo”. “Ci interessava il nostro tempo”. A differenza dei futuristi che volevano correre verso il futuro e di de Chirico a cui il tempo non pareva interessare, “volevano addirittura starne fuori”.

Penso che voler stare fuori dal tempo, dopo averlo inseguito verso il futuro nella sua esperienza futurista sia stata, per segreta sollecitazione, la condizione esistenziale cercata da Antenore Magri nel periodo che segna la sua opera facendola estremamente significativa: il periodo metafisico-ludico come lo hanno chiamato i critici.

La suggestione degli enigmi che de Chirico, il grande istrione, aveva da tempo messo in scena, sono stati i catalizzatori di questa ricerca di un tempo ‘altro’, ai quali Magri ebbe ad aggiungere il suo mistero della notte: presenza fondamentale per caricare di sogno le sue visioni.

Bisogna dire davvero che quella stagione che ha inizio nell’immediato dopoguerra, fu per Magri una straordinaria scoperta: finalmente era sollecitato a guardare al di là della siepe del suo giardino nel cui recinto si era costruito come un vero maestro del postimpressionismo che disponeva di una tavolozza ricchissima e di uno straordinario senso dei luoghi della sua vita e del suo mondo: la campagna ferrarese con tutte le sue suggestioni. Sembrò rinnegare tutto costringendosi ad un esercizio intellettuale e a una ricerca interiore che non era mai stato sollecitato ad affrontare, affascinato com’era sempre dalla felicità e dalla esaltazione che gli offrivano il plein-air davanti alle scene che la natura e i luoghi instancabilmente gli offrivano.

In realtà non rinnegava niente di quella felice stagione: ne accantonava i risultati per sperimentare da neofita una full-immersion in un mondo nuovo per fare degli oggetti che comparivano sulla tela: i volumi delle case, i palloncini, le barche, le strade avvolte nella notte, gli alberi, i manichini, dei paradigmi per una esperienza profonda, una esperienza nuova.

Erano oggetti incantati, oggetti di un sogno che vivevano la loro vita in una atmosfera che era fuori del tempo, o dove il tempo era immobile o, forse, non pareva esistere. La tessitura della pennellata non aveva più i brividi degli incantamenti della natura ma scorreva levigata a costruire atmosfere cristalline e irreali come fossero dentro a una sfera di vetro. Diventavano ‘metafisiche’ proprio per essere, esse, fuori e oltre la realtà. Quando in quei luoghi notturni arrivava a baluginare la luce compariva il silenzio immobile dei “cinquali” di Carrà o traspariva la nebbia che chiudeva nel mistero le architetture che avvolgeva.

Gli esiti di questo viaggio dentro il silenzio incantato dei palloncini e dei riflessi delle case in golena furono molto significativi. Ad un certo momento Magri fu il pittore di quella metafisica-ludica e la sua opera si identificò esclusivamente in questa ricerca. Era diventata una cifra, uno stile, un mondo che affascinava,

Alcune opere a mio avviso sono di alto livello e sono certamente destinate a rimanere nella storia della pittura di quegli anni: non solo per la loro autonomia da un contesto che si trascinava in tardi stilemi ripetitivi dell’opera malamente interpretata di Filippo De Pisis, ma per la novità che questa autonomia proponeva: quei quadri mostravano una realtà ‘altra’, un tempo fermo, notti di incanto, strade vuote con intuizioni geniali che rimescolavano le carte come nell’emblematico capolavoro “Chiesa di S. Agnese” del 1955 dove il mistero del luogo è colto nel silenzio assoluto de sole e delle ombre in conflitto con il cielo della notte.

Ma questo quadro che, a mio avviso, è veramente centrale nell’excursus extra moenia di Magri ha anche un altro significato: quando operoso in Diamantina, sentì il richiamo della favola, e si diede anima e corpo ad inseguirla, non aveva rinnegato niente della sua storia e quel quadro è il documento di una intatta fedeltà.

Aveva solo “spostato l’attenzione” come felicemente ebbe ad esprimersi Franco Patruno, o, come altrettanto felicemente diceva de Chirico: aveva scoperto che nella propria arte bisogna saper “girare l’angolo del proprio sguardo” .

In quel quadro c’è il mistero e la favola (il complesso gioco delle ombre, i tagli della luce, il cielo quasi nero) ma c’è anche un aggancio figurativo alla realtà del luogo: c’è la sua pittura, la sua storia. Aveva solo spostato l’attenzione come gli era capitato nella lontana avventura futurista.

In “Ascolto il tuo cuore, città” Alberto Savinio ha parole dure contro gli “esteti”, i falsi artisti che credono di fare arte cercando l’ineffabile, cercando l’ideale. Il vero artista, dice Savinio, non sconfina mai dalla “immoralità terrestre” non evade dalle “cose a portata di mano” nelle quali veramente si nascondono mistero e lirismo, stupore e profondità (Vincenzo Trione).

Ritengo queste norme di Savinio un patrimonio di Antenore Magri. Magri sapeva che nelle cose a portata di mano c’era tutto quello che un artista deve rivelare al mondo (il suo curriculum sulle orme della immediatezza materica di Arturo Tosi e dell’insegnamento cezanniano lo dimostrano abbondantemente).

Il suo sconfinamento nel mondo dei sogni è stata l’occasione, per Magri come ho detto, di avviare una ricerca interiore, di cimentarsi in un esercizio intellettuale che non aveva nulla di snobistico o di falsamente estetico. Egli voleva, come dice Vincenzo Trione nel suo bellissimo libro “Atlanti metafisici” Skira 2005, “scoprire l’enigmaticità del mondo, rivelare il senso oscuro del reale, sondare il lato notturno dell’esistenza”. E questo ha fatto coinvolgendoci tutti.

Immagine: Autoritratto, 1942, cm 40x30 olio su tavola

La mostra, ad ingresso gratuito, verrà inaugurata venerdì 21 marzo alle ore 18 presso la Sala Zarri di Palazzo del Governatore.

Nell’occasione verrà presentato il numero monografico della rivista LA PIANURA, della Camera di Commercio di Ferrara, dedicata al tema “Imprese e cultura una risorsa per il territorio”. Sono previsti gli interventi di Carlo Alberto Roncarati, Presidente della Camera di Commercio di Ferrara, Daniele Biancardi, Assessore alla Cultura del Comune di Cento, Corrado Pocaterra, Redattore della rivista “LA PIANURA”.

Galleria d'Arte Moderna "Aroldo Bonzagni"
piazza del Guercino, 39 Cento (FE)
Orari di apertura al pubblico: 10.30-13.00 e 15.00-18.30 (lunedì e mercoledì pomeriggio chiuso).
Ingresso libero

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Piero Fonio
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