Palazzo Reale
Milano
piazza Duomo, 12
02 0202, 02 88451 FAX 02 88450104
WEB
Arturo Ghergo
dal 19/5/2008 al 28/6/2008
mart-dom 9.30 - 19.30; giov 9.30 - 22.30; lun 14.30 - 19.30

Segnalato da

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approfondimenti

Arturo Ghergo



 
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19/5/2008

Arturo Ghergo

Palazzo Reale, Milano

L'immagine della bellezza. L'esposizione ripercorre, attraverso 350 opere dai primi anni Trenta alla fine degli anni Cinquanta, la carriera di uno dei protagonisti della fotografia del XX secolo che ha reso immortali dive del cinema e della moda, celebrita' politiche e religiose, cosi' come esponenti dell'alta societa' della meta' del Novecento.


comunicato stampa

L’esposizione ripercorre, attraverso 350 opere, la carriera di uno dei protagonisti della fotografia del XX secolo che ha reso immortali dive del cinema e della moda, celebrità politiche e religiose, ed esponenti dell’alta società della metà del Novecento.

“Ghergo ha un forte ascendente psicologico sulla persona che sta davanti alla macchina fotografica, in particolare se si tratta di una donna: la capisce, sa metterla a suo agio, farla sentire bella. Spesso impiega una, due ore prima di scattare una fotografia. Non di rado l’attrice finisce quasi per svenire dallo sforzo al quale è sottoposta sotto le luci calde dei proiettori. Questo è il momento migliore per ottenere l’espressione voluta: quando la volontà del soggetto non si oppone più alla volontà del fotografo.”
Nelle parole della moglie Alice, la sintesi del modo di lavorare di Arturo Ghergo, uno dei grandi fotografi italiani del XX secolo, la cui arte sarà celebrata a Milano con una raffinata mostra allestita dal 21 maggio al 29 giugno in Palazzo Reale.

L’iniziativa, promossa dal Comune di Milano – Assessorato alla Cultura, prodotta da Palazzo Reale, si avvale del contributo di BNL (main sponsor), Tod’s, Alfa Romeo e Combi Line. Sponsor tecnico: Epson. Catalogo Silvana Editoriale. Il percorso espositivo, curato da Claudio Domini e Cristina Ghergo, presenterà 350 fotografie che documentano trent’anni di lavoro, dai primi anni Trenta alla fine degli anni Cinquanta.

Le immagini testimonieranno la grandezza di questo fotografo che, con i suoi scatti, ha reso immortali dive del cinema e della moda, celebrità politiche e religiose, ed esponenti dell’alta società della metà del secolo scorso.
Davanti al suo obiettivo sono sfilati personaggi dell’alta borghesia, della nobiltà nonché personaggi famosi in campi diversi: l’Aga Khan, Agnelli, Pietro Badoglio, Galeazzo Ciano, Alcide De Gasperi, Luigi Einaudi, Leonor Fini, Hussein di Giordania, Donatella Pecci Blunt, Mario Scelba...

E poi attrici come Alida Valli, Isa Miranda, Sofia Loren, Ingrid Bergman, Valentina Cortese, Marina Berti, Doris Duranti, Assia Noris, Isa Pola, Mariella Lotti, Clara Calamai, Gina Lollobrigida, Silvana Mangano, Silva Koscina, Silvana Pampanini, Rossella Falck, e attori quali Vittorio Gassman, Massimo Girotti, Amedeo Nazzari, per citarne solo alcuni.

Il visitatore potrà ripercorrere le tappe salienti della sua carriera, iniziata nel 1929 quando si trasferisce a Roma dalle Marche. Nonostante la sua totale mancanza di mezzi, decide di dedicarsi unicamente a ritratti di formato non inferiore al 18 x 24 cm e riesce ad aprire uno studio in pieno centro città, il famoso Studio Ghergo di via Condotti – che per decenni sarà crocevia di personaggi famosi provenienti da tutt’Italia. Dalla metà degli anni Trenta allo studio inizia a lavorare Alice Barciska che, dieci anni più tardi, diventerà la moglie di Ghergo.

Alice sarà anche la principale testimone di quegli anni, dalle cui memorie riportiamo alcuni brani significativi:

“Un giorno capita in studio una ragazza molto magra, bellissima, sofisticata, proprio il soggetto che si addice al suo gusto e alla sue esigenze estetiche. Le foto ottengono un notevole successo nel mondo cui appartiene la ragazza, il cosiddetto “gran mondo” di Roma, e questo fa nascere la lunga serie di “ritratti di Ghergo”, inconfondibili per lo studio delle luci e per l’espressione del viso e dello sguardo del soggetto.”

“Nel 1939 Arturo Ghergo viene chiamato a fotografare papa Pio XII. Mentre gli fanno la proposta, Ghergo già inquadra il papa, mettendosi in posa lui stesso nel gesto di benedire. Durante l’effettiva ripresa, si avvicina a Sua Santità e, prendendogli la mano, gliela atteggia nel modo armonioso che soddisfa il suo senso artistico, ripiegandogli il dito mignolo e l’anulare e lasciando le alte tre dita quasi distese. Da allora papa Pio XII benedice sempre ed esclusivamente in questo modo.”

“Quando arriva una giovanissima Alida Valli, nel pieno della sua bellezza, realizza venti ritratti, ognuno con pose ed espressioni differenti come se si trattasse di venti donne diverse, quelle saranno le immagini che, inviate negli Stati Uniti, frutteranno all’attrice il contratto con la Paramount.”

“Una delle caratteristiche vincenti del suo lavoro, è non aver paura, disponendo l’illuminazione durante la posa, di lasciare in evidenza un difetto prodotto sul soggetto da una luce. Se questa luce è necessaria, non ci rinuncia ed elimina in seguito il difetto con il ritocco del negativo: corregge i corpi con tagli audaci e sicuri. I seni salgono, la vita si assottiglia, i fianchi spariscono, la silhouette della donna diventa sottile, slanciata, moderna.”

“Ghergo controlla scrupolosamente la posa, l’illuminazione, il taglio dell’inquadratura, il tipo di obiettivo, la velocità della pellicola, il valore della carta da stampa, il ritocco del negativo, coniugando tutti questi elementi in una sintesi che conferisce una particolarissima cifra al suo stile. Rifiuta di fare riprese in esterni, non accetta la presenza nella composizione di elementi estranei (eccezioni possono essere una sigaretta o un fiore)”.

“Le fotografie di Ghergo sono tecnicamente e qualitativamente insuperabili. Fotografi si rivolgono a lui per sapere come riesce ad ottenere certe stampe con sfumature di mezzi toni per loro irraggiungibili. Dagli stabilimenti Ferrania viene da lui il direttore, per chiedere delle stampe da inserire nel loro catalogo delle carte fotografiche. In seguito, quando la Ferrania comincia a produrre il materiale fotografico a colori, chiedono a Ghergo di collaborare per la loro pubblicità.”

Arturo Ghergo e la via italiana alla glamour photography
Prima di Arturo Ghergo, in Italia non esisteva ancora uno stile fotografico che si proponesse di comunicare fascino. La glamour photography era nata negli anni Venti fra i major movie studios di Hollywood, accompagnando il passaggio dal cinema muto al sonoro. È la fotografia il mezzo principale con il quale divismo cinematografico viene diffuso al di fuori dei grandi schermi, principalmente attraverso la stampa dei rotocalchi, proponendo nuovi modelli estetici, in linea con una più generale evoluzione del gusto modernista internazionale che dall’Art Nouveau era giunto al Deco. La glamour photography ricorre frequentemente a pose scultoree e coreutiche, abbigliamenti eleganti, espressioni distaccate, gesti sofisticati, forme sensuali esaltate da marcati contrasti di luce, tutti elementi che concorrono a stabilire un’aura con cui si segna una distanza insormontabile fra il divo, oggetto di ammirazione, e i comuni mortali. Parallelamente, iniziava ad assumere un’identità più connotata la fotografia di moda (fashion photography), non solo attraverso le riviste specializzate (“Harpers’s Bazaar”, “Vogue”), ma anche presso la stampa più popolare in cui compare con frequenza crescente, non definendo una precisa linea di distinzione dalla glamour, di cui condivide molti caratteri.

La glamour e la fashion photography arrivano in Italia negli anni Trenta, dunque nel pieno di una fase in cui il regime fascista si prefigge con sempre maggiore consapevolezza di incarnare una via nazionale al modernismo, fondata su valori coerenti con la tradizione culturale latina, facendo dell’ideale estetico un veicolo di propaganda politica che avrebbe dovuto favorire la presunta nascita di una nuova razza italica. L’isolamento internazionale che si determina negli anni dell’autarchia (1936-43) favorisce notevolmente lo sviluppo di un’industria culturale di massa per la quale Cinecittà diventa una precisa alternativa a Hollywood e il rotocalco “Tempo” una risposta all’americano “Life”, il più celebre nel mondo.

In questa industria, la fotografia svolge un ruolo di grande importanza nel divulgare i nuovi modelli estetici di riferimento. Non serve più la fotografia d’arte e pittorialista, improntata a criteri formali ed espressivi derivati dall’arte accademica o del modernismo tardo-ottocentesco, a cui ancora si ispira la ritrattista più affermata di Roma, l’ungherese Ghitta Carell. Serve, piuttosto, una via nazionale alla glamour e alla fashion photography che esprima un nuovo stile nazionale, moderno, portatore di nuovi valori, ma non in senso iconoclasta rispetto alla tradizione, informato degli indirizzi “novo-classicisti” che l’arte italiana del Ventennio stava proponendo. Lo studio Ghergo diventa il promotore più efficace ed evoluto di questa nuova fotografia, il più sofisticato ed emblematico rappresentante del glamour nazionale, concentrato in particolare nel definire nuovi modelli femminili, decisamente evoluti rispetto al cliché matronale e familiare dell’Italia più conservatrice, destinato a riscuotere successo fino alla fine degli anni Cinquanta.

Nota biografica
Arturo Ghergo (1901-1959)
Nativo di Montefano (Macerata), dove aveva appreso i rudimenti della tecnica fotografica nello studio del fratello Ermanno, Arturo Ghergo era giunto a Roma nel 1929, con il proposito di affermarsi come il miglior fotografo della Capitale. Nonostante i mezzi economici fossero inadeguati, riuscì ad aprire uno studio nella centralissima via Condotti, e a farsi conoscere nell’ambiente dell’alta società romana come ritrattista raffinato e originale, anche grazie ad una tecnica di ripresa e di successiva manipolazione delle immagini di straordinaria qualità.
Dalla metà degli anni Trenta è il ritrattista prediletto dall’aristocrazia romana e dal mondo cinematografico. Praticamente tutti i divi di Cinecittà passano dallo studio di via Condotti 61, per esigenze legate alla produzione dei film di cui sono protagonisti, ma anche per vezzo personale, tale è il riconoscimento goduto da Ghergo nel suo ambiente.

Ghergo non ama la celebrazione del potere e, seppur ambito come ritrattista da molti personaggi celebri del mondo istituzionale, raramente si concede, lo farà per Pio XII, per l’allora Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, per Alcide De Gasperi e Giulio Andreotti. Accanto alla ritrattistica nella produzione di Ghergo trovano posto le immagini di moda, in quegli anni poco o nulla praticata come “specialità fotografica”, e di cui egli risulta indubbiamente un precursore, e qualche incursione nella pubblicità, prevalentemente per la Ferrania.
A metà degli anni Cinquanta, in quelli che saranno gli ultimi anni della sua vita, decide di dedicarsi con trasporto alla pittura, di cui ci restano pochi ma apprezzabili esempi. Muore a Roma nel gennaio 1959.
Alla sua morte la moglie Alice prima e la figlia Cristina poi, proseguiranno l’attività dello studio.

Catalogo Silvana Editoriale


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Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 - Milano
Orari: martedì - mercoledì - venerdì - sabato - domenica 9.30 – 19.30; Giovedì 9.30 - 22.30, Lunedì 14.30 -19.30
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