Galleria Patricia Armocida (vecchia sede)
Milano
via Bazzini, 17
02 36519304
WEB
Blu
dal 17/6/2008 al 24/7/2008
mar-sab 11.30-13 / 15.30-19

Segnalato da

Patricia Armocida



approfondimenti

Blu



 
calendario eventi  :: 




17/6/2008

Blu

Galleria Patricia Armocida (vecchia sede), Milano

La mostra prevede due modalita' d'intervento in spazi sia interni che esterni. Una prima parte si svolge su tre pareti esterne all'Hangar Bicocca, in Zona Navigli e in Zona 3 a Milano. Una seconda parte, pensata per il luogo della galleria, presenta 15 disegni inediti a inchiostro su carta, la proiezione del video MUTO in anteprima assoluta e un book fotografico a testimonianza e memoria dell'attivita' dell'artista.


comunicato stampa

Dopo l’intervento sulla facciata della Tate Modern di Londra mercoledì 18 giugno 2008, alle ore 18.30, la Galleria Patricia Armocida è lieta di presentare la prima mostra personale milanese di BLU, con testo critico in catalogo di Fabiola Naldi. La mostra, intitolata BLU, prevede due modalità di interventi in spazi sia interni sia esterni. Una prima parte si svolge su tre pareti esterne: Hangar Bicocca, Zona Navigli e Zona 3 di Milano. L’Hangar Bicocca ha concesso uno dei muri perimetrali all’ingresso dello spazio per offrire ad un giovane artista la possibilità di “siglare” con il proprio lavoro uno dei luoghi più prestigiosi sulla scena dell’arte contemporanea milanese, nello spirito di un coinvolgimento sempre maggiore dei giovani.

Una seconda parte, pensata per il luogo “chiuso” della galleria, presenta 15 disegni inediti ad inchiostro su carta, la proiezione del video MUTO in anteprima mondiale e un book fotografico a testimonianza e memoria dell’attività dell’artista. Due situazioni differenti, costruite in tempi diversi, che vedono Blu al lavoro sulle superfici urbane (impegno primario dell’autore) e una fase più ragionata, più riflessiva e più intima all’interno della galleria.

Come scrive Fabiola Naldi nel testo critico del catalogo della mostra: "La parte fondamentale del lavoro di Blu è l’aderenza diretta sulla pelle muraria della città, luogo privilegiato e contenitore perfetto di testimonianze, interventi, cancellazioni e sovrascritture intese come memoria collettiva di una città sempre più frenetica e sempre meno attenta a ciò che le accade intorno.

Adoperando solo vernice e pennelli Blu tramite un segno netto, crudo e sintetico realizza mondi figurativi paralleli in cui strani personaggi, dal volto unico e ripetuto all’infinito, divengono ogni volta altre storie, altri pensieri, altre riflessioni sulla realtà che loro, come noi, vivono e subiscono. Ecco chi sono questi alieni e alienati: il pretesto perfetto di testimoniare, in una sorta di grande specchio riflettente la realtà di chi, stupito ma affascinato, si riconosce in loro.”

Dal 2000 BLU ha dipinto muri in Italia, Spagna, Germania, Inghilterra, Argentina, Costa Rica, Nicaragua, Messico, Guatemala e Brasile. Nel 2006 insieme al regista Lorenzo Fonda ha documentato il viaggio e il lavoro realizzato attraverso Messico, Guatemala, Nicaragua, Costa Rica e Argentina dal titolo "Megunica". Tra le mostre collettive più importanti ricordiamo: Street Art, Tate Modern, Londra (UK) 2008; Santa's ghetto, Betlemme (Palestina) 2007; The streets of europe , Jonathan Levine Gallery, New York (USA), 2007; Super Fluo, Lazarides Gallery, Londra (UK), 2007; BackJump Live Issue#3, Kunstraum Kreuzberg/Bethanien, Berlino (Germania), 2007; Street art Sweet art, Padiglione Arte Contemporanea , Milano 2007; Urban Edge P4, Milano, 2005.

Tra i progetti pubblici: Planet Prozess, Senatsreservenspeicher, Berlino (Germania), 2007; A Conquista do Espaço Sesc Pinheiros, Sao Paulo (Brasile), 2007; Via Lombardia 36, Bologna, 2007; Walls Around Verona, 2006; Spina Comacchio, 2006; Fill in Good, Pesaro, 2006; Sound Zero, Merano, 2006; Outides,Wuppertal (Germania), 2006; Urban Eyes, Belfast (Ireland), 2006; Segundo Asalto, Zaragoza (Spagna), 2006; Poliniza, Valencia (Spagna), 2006; Murales de Octubre, Managua (Nicaragua), 2005.

BLU = BLU di Fabiola Naldi
Da quando Blu non firma più i suoi pezzi, e lo stile si è sostituito alla semplice tag, unico codice cifrato in grado di certificare la presenza del writing, i muri su cui si è fermato sono diventati molto noti. Quasi questo significasse che, se la figurazione scelta è immediata e sintetica, allora l’apporto di una cifra linguistica autodeterminante può facilmente scomparire. Credo sia più opportuno affermare che il lavoro di questo artista si è così velocemente sofisticato da non dipendere più da scelte stilistiche precise, bensì solo dalla forza, dalla determinazione e dalla precisione con cui Blu interviene sulle superfici urbane. Dal lontano 1997, anno in cui Blu scopre la tecnica e la disciplina del writing, frequentando l’istituto d’arte, il proprio modo di riflettere sulle superfici, sui materiali e soprattutto sulle immagini è notevolmente cambiato e, soprattutto, dopo un paio d’anni, e per diversi motivi, l’immagine essenziale sostituisce la lettera, diventando il luogo immaginifico in cui trasferire esperienze, riflessioni e nuove soluzioni segniche. La lettura quasi onnivora dei più svariati fumetti, e quindi il modo di riassumere per singoli archetipi complessi universi, ha permesso a Blu di raggiungere una progressiva sintesi visiva basandosi solo sul segno netto, istantaneo, privo di sfumature e sulla copertura opaca e uniforme di vernice monocroma stesa con pennelli e rulli. Tutto qui? In parte sì, se si considera che questo è realmente il metodo con cui Blu realizza i tanti muri in giro per il mondo. Più precisamente è necessario aggiungere che la semplificazione del metodo ha diverse anime e intenzioni. Una parte fondamentale è data dal fatto che più si è veloci e meglio è, visto che non sempre i muri scelti sono legali. In seconda istanza i colori utilizzati – mai più di due - sono quasi sempre gli stessi (outline nera e campitura monocroma) non nell’ordine della comunanza con un unico tema, ma di una forte determinazione nel sottolineare la presa diretta sull’ambiente circostante. Infine, l’estrema riduzione del tratto amplifica l’aderenza concettuale delle situazioni presentate, eliminando i “fronzoli”, le ridondanze stilistiche e i compiacimenti pittorici. Blu non ha solo scelto di abbandonare le tag, le lettere, gli spray (e i tappi che permettono, oltre alla marca della bomboletta, di misurarsi con cromoluminarismi opposti all’à plat del nostro), a favore di un essenzialismo tecnico, cromatico e segnico. Blu ha fortemente combattuto per affermare un linguaggio personale che gli permettesse liberamente di dipingere ciò e chi voleva, dove e quando voleva. E sembrerà strano ma ci è riuscito più di quanto non si creda, prima con gli illegali e poi poco alla volta ufficialmente interpellato dai contesti nazionali e internazionali che lo hanno voluto proprio per quei rifiuti stilistici predeterminanti. La presenza della lettera (o di una breve frase) si riduce perciò a micro, e molto rari, interventi atti a essere il commento al disegno. Oramai si è capito che Blu non è un writer e che anche il termine street art non è solo banale ma anche riduttivo: diciamo che (come ha detto lui una volta in un’intervista) “drawing” potrebbe essere il termine più preciso anche se continua a generalizzare un lavoro faticoso che procede da diversi anni. Blu è Blu e niente altro.

La forza con cui si è imposto anche a livello internazionale è data proprio dall’immediatezza dei suoi sketches che, privi di firma e di pretesti linguistici, vivono solo della propria semplicità e dell’incredibile impatto che esercitano non sul pubblico bensì sui cittadini: perché, non dimentichiamolo mai, i reali interventi di Blu sono e saranno sempre sulla strada e nelle città. La chiarezza e la facile comprensibilità dei soggetti raffigurati lo hanno portato a essere sempre più aderente alla superficie che lo accoglie e lo contiene, conducendo i suoi strani uomini privi di riconoscibile fisionomia a liberarsi di aspettative pittoriche classiche e di uniformarsi sempre più a un unico grande intervento. I personaggi di Blu raramente sono diversi fra loro, perché testimoni di una perdita di referenzialità a favore di una sempre nuova breve storia da raccontare. Questi strani uomini grassi, goffi, simili gli uni agli altri, sono la più importante cifra stilistica del nostro autore che permette a questi strani soggetti, dal volto unico e ripetuto all’infinito, di divenire ogni volta altre storie, altri pensieri, altre riflessioni sulla realtà che loro, come noi, vivono e subiscono. Ecco chi sono questi “alieni e alienati”: il pretesto perfetto per testimoniare, in una sorta di grande specchio riflettente, il dentro e il fuori, la superficie del muro e la strada, la finzione del ”pezzo” finito e la realtà di chi, stupito ma affascinato, si riconosce in loro. E l’insegnamento non proviene solo dai tanti fumetti letti ma anche dallo studio della storia dell’arte (poiché Blu ha frequentato anche l’Accademia di Belle Arti di Bologna) e (so che sorriderà leggendo) voglio scomodare due grandi momenti passati per meglio sottolineare il modo in cui si è giunti anche allo stile di Blu.

Nel 1891 Albert Aurier pubblica “Il Manifesto della Pittura Simbolista” affermando cinque punti sostanziali per giungere alla nuova frontiera pittorica contemporanea. Simbolismo, soggettivismo, ideismo, decorativismo, sintetismo sono i cinque passaggi necessari per fare di un dipinto un’opera simbolista. E niente mi si può controbattere nell’affermare che la forza con cui i simbolisti rivalutarono la superficie pittorica ha indubbiamente (con Paul Cézanne) aperto le porte all’arte contemporanea così come noi la intendiamo oggi. In questi semplici cinque passaggi c’è molto dello stile pittorico di Blu, ovviamente con le giuste ricollocazioni storiche. Stesso discorso vale per il gruppo dei muralisti messicani attivi dagli anni venti del secolo scorso: Diego Rivera, David Alvaro Siqueiros e José Clemente Orozco formalizzano un’intenzione artistica che esplode fuori dagli ambienti espositivi decisi a organizzare una nuova forma di arte collettiva che possa essere goduta da un pubblico che proprio perché non cerca l’arte la trova e si auto disciplina nel fruirla. Le intenzioni del gruppo di Città del Messico evidenziano il ruolo che si riteneva la cultura dovesse avere, quasi ci si riferisse a un’arte sociale ante litteram. E, forse, considerando le tristi deviazioni che la cultura visiva internazionale in parte ha preso, il loro atteggiamento non è molto diverso da ciò che si svolge negli interventi sui muri pubblici di artisti come Blu.

Non sto certamente dicendo che il suo lavoro sia un’altra ennesima forma di arte sociale, ma è innegabile che, superato l’iniziale impatto compiaciuto, ci si accorga che c’è dell’altro. C’è che l’ultima possibilità di lettura è solo ed esclusivamente del cittadino, volente o nolente. Se volessimo spingerci ancora oltre le semplici letture stilistiche potremmo anche aggiungere che Blu pare un cantastorie post moderno simile agli antichi narratori dei pupi siciliani, quelli, per intenderci, che animano inerti marionette lasciando a loro la possibilità di narrare racconti in bilico tra realtà e finzione. Il percorso quindi è tuttora in atto, alimentato da una fervida curiosità materiale e culturale in grado di abbattere anche le comunicazioni virtuali della rete. I pezzi realizzati in Nicaragua, in Argentina, in Brasile oppure a Berlino, Londra, Barcellona sono ancora lì, costantemente in mostra, definitivamente inseriti entro la trama architettonica e simbolica delle città ospitanti. E se vengono cancellati poco importa: resta la memoria di un passaggio e la possibilità di ripeterlo.

Inaugurazione mercoledì 18 Giugno ore 18.30

Galleria Patricia Armocida
via Bazzini n'17 Milano
Orario: dal martedì al sabato, 11.30-13.00 / 15.30-19.00
Ingresso libero

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Alex Fakso
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