Arte e natura, impressioni sensoriali e tecnica tradizionale si uniscono con esito particolarmente felice nella pittura di Ana Kapor e Vladimir Pajevic, nati entrambi a Belgrado e da tempo ormai residenti a Roma. I loro soggetti sono prevalentemente paesaggi intimi e intrisi di malinconia.
Arte e natura, impressioni sensoriali e tecnica tradizionale si uniscono con esito particolarmente felice nella pittura di Ana Kapor e Vladimir Pajevic, nati entrambi a Belgrado e da tempo ormai residenti a Roma. Compagni di vita e di viaggio nel mondo dell'arte e della pittura, ma con due personalità ben distinte tra loro, i due artisti lavorano al cavalletto, insieme nella loro casa in un angolo adibito ad atelier, l'una di spalle all'altro per restare vicini, confrontarsi, dialogare, ma rimanere nello stesso tempo concentrati sui propri pensieri e sulle proprie visioni, che spesso si accomunano, ma che vengono espresse poeticamente in immagini differenti.
Tanto gli infiniti paesaggi del mondo della Kapor quanto i magici, intimi luoghi di Pajevic sono topoi dell'ardente desiderio di trovare spazi in cui ritirarsi, racchiudere il segreto, riconquistare l'innocenza originaria, sono i loro rifugi segreti. Ma contemporaneamente essi danno un nuovo significato alla creazione, come se volessero sanare il mondo e compensare i contrasti in un'unità perfettamente armonizzata, trascendere il reale ed annullarlo, con la sensazione di essere al sicuro all'interno del mondo e dell'infinito.
La vena malinconica che accompagna le opere di entrambi appare sublimata, anche se il paradiso si è fatto ormai da tempo perduto e irraggiungibile, e proprio qui risiede gran parte dell’attrazione esercitata da questi quadri, che non solo sono in senso generico belli e per di più dipinti egregiamente, ma anche carichi di malinconia appunto, di tristi ricordi e misteri: toccano le più profonde corde dell'io, rispecchiano struggimenti e irrealizzate promesse. E proprio questo accomuna le due produzioni artistiche: non sono solo tradizionalmente realizzate in stile figurativo, ma nel loro nucleo esse sono anche profondamente metafisiche. Né la Kapor, né Pajevic sono alla ricerca di una semplice convalida del visibile: ad una prima lettura i loro quadri ci appaiono fortemente realistici, ma in fondo sono il risultato di una pura invenzione artistica, o meglio l’espressione della ricerca di un elemento spirituale, il quale a sua volta ha per presupposto immediato un’esperienza sensoriale.
Mirano a una visione dell’essere, alla conoscenza, senza ostentazione, concentrando il loro interesse non tanto sul mondo esteriore quanto su quello interiore. La loro pittura appare tranquilla, quasi lirica, composta con calma interiore o anche con istintiva sicurezza, e al contempo ricca di sentimento, ma senza il minimo accenno di sentimentalismo. È un’arte estremamente seria, riflessa, spirituale, fondata sulla possibilità di esprimere soggettività e interiorità rappresentando il mondo delle apparenze esteriori.
ANA KAPOR è profondamente caratterizzata da un’impostazione classica e mediterranea, e come quasi nessun altro artista a lei contemporaneo attinge le sue invenzioni dall’esperienza di natura e cultura propria dell’area mediterranea. Ci mostra solitari, isolati elementi d’architettura e di vegetazione nella vastità di un paesaggio infinito. L’orizzonte è lontano, l’aria calda, il cielo e l’atmosfera tremolante sono di una "velata chiarezza". Con mezzi semplicissimi la Kapor riesce a trascendere il paesaggio: proprio nella limitazione trova l’approccio per una nuova, totalizzante immagine del mondo. Lei usa pochissimi elementi per realizzare le composizioni dei suoi quadri, cercando un equilibrio perfetto. La sua ricerca e la ripetizione continua degli stessi temi diventa quasi un esercizio di ascetismo. Alla severità costruttiva dell’immagine corrisponde la finezza della pittura: nonostante tra le opere dell’artista vi siano anche formati considerevoli, che raggiungono il metro di larghezza, la fine esecuzione delle sue tavole ricorda spesso la pittura miniata. Il motivo dell’isola è a lei molto caro, come anche le fortezze sull’acqua, le chiese, i fari e i palazzi con giardino. Sono luoghi magici, incantati, sacri, una mescolanza di "isola dei morti", "isola Sacra" e "isola che non c’è", tanto attraente quanto precaria nella sua sintesi di paradiso, romitaggio, terra di sogno in cui basta credere a qualcosa perché si avveri.
Ha scritto di lei Valdimir Pajevic : "[...quando Ana è arrivata a Roma...] si è così incamminata fra i capolavori della storia dell’arte, ha rivisitato le figure dominanti dei primi piani che abitavano le strane prospettive, ha rivisto i crocifissi, i Santi e i condottieri temerari che cavalcavano nei paesaggi delle colline vestite di blu, con le loro fortezze e le città medioevali, come in un sogno infantile. Lei non era attirata dalla scena mitologica piena di pathos, di dolore e degli infiniti drappeggi, ma piuttosto dagli sfondi ed architetture che nascondevano, forse, il mistero dell’arte dei tempi passati. Ana non ha voluto distruggere quel sogno. Lei non è mai entrata dentro gli edifici passando per i corridoi misteriosi dei castelli che dipingeva, non ha percorso le maestose sale da ballo dove risuonava il canto dei menestrelli, non ha mai visitato le polverose ed oscure quinte dove si consumavano intrighi, congiure e drammi d’amore. Rimaneva affascinata soprattutto da quei dannati, misteriosi palazzi che ci davano la possibilità di sognare la loro vita interiore. I suoi quadri sono uno sguardo malinconico della Principessa imprigionata nel proprio castello, che nel cuore del Quattrocento contemplava le colline lontane, i boschi ed il mare, sognando di viaggiare e di fuggire. [...]"
VLADIMIR PAJEVIC, nelle sue opere, ha una forte impronta nordica. Per quanto egli non si consideri un realista, i suoi dipinti a prima vista appaiono molto naturalistici e severamente improntati al principio della mimesis. Nella sua opera la natura è chiaramente animata, ma anche oscura ed enigmatica, abbandonata dagli uomini e inselvatichita, eppure -o forse proprio per questo – immensamente attraente.
Ma non è la pura rappresentazione della natura che preme all'artista : i suoi paesaggi non sono fedeli riproduzioni di cose viste, bensì metafore di una propria percezione del mondo, piena di sensualità eppure anche intrisa di malinconia, ricordi, nostalgia e mistero. Protagonisti delle sue opere sono spesso la luce e il buio, ma anche l'isolamento e la chiusura, il finito e l'infinito. I quadri di Pajevic sono di una bellezza panica, di natura solitaria, pensierosa eppure anche epicurea. Il paradiso sembra perduto, perché non si ha mai la sensazione di esservi dentro. Ci si ritrova sempre di fronte alla porta o alle mura, rigorosamente al di fuori. Per riconquistarlo, dobbiamo ritornare nel giardino proibito assaggiare ancora una volta il frutto dell’albero della conoscenza per poter tornare in una condizione di originaria innocenza.
Ha scritto di lui Ana Kapor : " Ho letto da bambina un racconto che si chiamava "Il portone verde". Parlava di un uomo che vagando in un giorno qualunque per un vicolo anonimo, trovò dietro la mole di un socchiuso portone verde il giardino dei miracoli. Era un mondo di quiete, d’indicibile bellezza e serenità. Aveva passato solo un po’ di tempo là dentro, ma il ritorno alla quotidianità gli apparve insopportabile e scoprì di non poter vivere senza il giardino. Tornò speranzoso nel vicolo ma mai più riuscì a trovare il grande portone verde. A volte ho l‘impressione che Vladimir sia andato cercando quel giardino per tutta la sua vita. Talvolta lo trova ma c’è sempre un muro, un cancello rinserrato che lo separa da quel tranquillo e verde universo. Poi, anni fa, la sensazione che il giardino con il portone misterioso fosse nascosto proprio a Roma lo persuase a cercarlo dietro i muri scrostati degli antichi palazzi vestiti d’edera e addormentati in un sogno metafisico.[...]"
La mostra dedicata ad Ana Kapor e Valdimir Pajevic è la prima realizzata in un museo pubblico tedesco, dove vengono presentati contemporaneamente i due artisti attraverso un percorso espositivo di più di 110 opere, molte delle quali di età meno recente.
In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo corredato da illustrazioni a colori di tutte le opere esposte, con testi, in lingua tedesca e italiana, di Alberto Agazzani, Ana Kapor, Nathalia Laue, Gerd Lindner, Vladimir Pajevic, Tullio Kezich
Ufficio stampa in Italia
Stefano Prizio
rosaria.fab@alice.it
Inaugurazione 11 ottobre 2008 ore 16
Al vernissage saranno presenti gli artisti, Ana Kapor e Vladimir Pajevic.
Panorama Museum
Am Schlachtberg 9 - Bad Frankenhausen
La mostra sarà aperta tutti i giorni, salvo il lunedì, dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Da novembre invece, sarà aperta dalle ore 10:00 alle ore 17:00. Chiuso il 24 dicembre.