M'n's. Ricostruendo, attraverso un percorso iconografico, la vita del Cristo, Battaglia riporta gli assunti dogmatici della spiritualita' occidentale a stretto dialogo con la realta' oggettiva, quotidiana.
Muzzica 'n sutta è un’espressione del dialetto siciliano che letteralmente si traduce “mordere sotto”.
Metafora che identifica un’azione, di per se meschina, con atteggiamenti maligni, sotterranei, comportamenti subdoli e opportunisti, con la figura del doppiogiochista insomma.
Ma viene utilizzata anche per definire il carattere birichino di un bambino vivace, capriccioso. Ha quindi un’accezione prettamente negativa, ma se declinata ironicamente, assume una valenza più leggera, in qualche modo positiva. Ha per cui, si potrebbe dire, un duplice contenuto semantico.
Il progetto M ‘N S si fonda per l’appunto, ed essenzialmente, sulla necessità di verificare la natura dualistica della realtà e dell’essere umano, ricercando tracce e indizi nell’ambito antropologico, e in particolare nel contesto cultural-popolare d’appartenenza dell’artista (la Sicilia), per costruire un percorso a ritroso e che inevitabilmente rintraccia le radici di tale ambigua doppiezza nell’ambito che in maniera più profonda dialoga con la storia dei popoli, ovvero la sfera sacra, e che in questo caso si identifica con la religione cristiana.
Ricostruendo, attraverso un percorso iconografico, la vita del Cristo, Battaglia riporta gli assunti dogmatici della spiritualità occidentale a stretto dialogo con la realtà oggettiva, quotidiana, individuando nell’arte l’idonea neutralità di territorio in cui l’approfondimento della dimensione manichea, che regola la condizione esistenziale, si apre ad una serie di verifiche incrociate, che trovano nella rappresentazione artistica lo sviluppo di possibili ipotesi, di ulteriori decostruzioni e sdoppiamenti che, contemporaneamente, e paradossalmente, mettono in atto nuove riunioni, svelando la profondità del legame di interdipendenza tra elementi contrapposti.
La riflessione sulla natura dicotomica della realtà prende avvio dall’idea di paradosso, come elemento insito nella religione cristiana a partire dal concetto di dogma, come soluzione a questioni, appunto, spesso paradossali, inesplicabili, assurde. E individua nella figura del Diavolo, una delle principali incongruenze della storia, quindi l’emblema più logico di questa antinomia.
Prima di esso Dio era infatti unità, ed è nel momento in cui decide di guardare a se stesso che egli si sdoppia, diventando automaticamente osservatore ed osservato, e creando così una diabolè (dal greco διαβολή) letteralmente, una scissione, termine diametralmente opposto a simbolè (dal latino symbolum e dal greco σύμβολον) unione.
Il Diavolo (o Anticristo) è, appunto, la figura antitetica di Cristo, è la materializzazione del male, ma che deriva dal Cristo, da questa sua scissione, è una sua costola, l’altra faccia della medaglia.
Una decostruzione che, smontando la dicotomia soggetto/oggetto suggerisce l’impossibilità di sostenere l’uno o l’altro, in quanto entrambi vicendevolmente legati da uno strano fenomeno di compensazione.
A suggellare questo nesso paradossale interviene un elemento esterno, un’altra figura, che diviene la cerniera tra la condizione del bene e quella del male, segnando, e provocando, il momento di passaggio da uno stato all’altro, l’anello mancate che divide e al contempo unisce le due fasi temporali ed esistenziali, perpetuando l’idea di oscillazione perenne tra due opposte e conformi possibilità: Giuda.
Metaforicamente presente in mostra (nel quadro di monete d’argento prive di conio posto al centro della prima sala tra le due testine in ceramica affrontate raffiguranti rispettivamente il Cristo vivo e il Cristo morto), Giuda non solo è l’apostolo traditore, ma è il traditore per eccellenza. Il tradimento di per se è asimmetrico, nel senso che crea un divario tra le aspettative personali e la realtà dei fatti. Il verbo latino tradere significa dare, consegnare, affidare e definisce un’azione che muta l’andamento e il senso di un rapporto tra persone, che infrange un legame e una continuità, in seguito al quale si separa un prima e un dopo.
Giuda, dietro il pagamento di trenta monete, consegna il Cristo alla morte, ma al contempo, attraverso il suo gesto, segna una svolta: provoca la Passione di Cristo, il suo Sacrificio, quindi la Resurrezione e la proclamazione a Redentore.
L’inscindibilità di questo legame tra opposti, tra il bene e il male, si perpetua nel progetto di Battaglia in forma di racconto che da figurato diviene aniconico. Il passaggio dalla vita alla morte del Cristo si consuma sulla superficie bianca e immacolata della ceramica, nella trasformazione della soave espressione della testina a sinistra in ghigno diabolico nella testina a destra, che sfigura il volto fino a mostrarne il teschio sottostante. Questo processo di mutazione e progressiva cancellazione dei connotati diviene epurazione totale nel monocromo della Deposizione: qui il nero tonto e famelico della superficie pittorica assorbe tutto (figura, fisicità, espressività) e introduce ad uno nuovo stato di materialità, evanescente, intangibile, astratta: il suono.
Il principio di ambivalenza, quindi di compresenza, si procrastina sotto forma di indizi: le disorientanti percezioni olfattive di gelsomino e di zolfo, e la reliquia (i tre chiodi in argento simbolo della Trinità, della lunghezza di 6cm ognuno, 6+6+6, adagiati su un panno di lino bianco, simbolo della Sacra Sindone), che è l’unica materiale testimonianza, è ciò che resta, è il reperto in grado di riassumere le contraddizioni di un percorso enigmatico e che, nel suo valore di icona doppia, si offre allo spettatore sotto forma di frammento sacro e sacrilego, di oggetto prezioso e pregno, nonché sotto forma di rebus intrigante.
Emanuela Nobile Mino
Inaugurazione 3 ottobre ore 18.30
Motelsalieri
Via Giovanni Lanza, 162 - Roma
Orari: dal lunedi al venerdi 14.00 - 19.30 o su appuntamento
Ingresso: libero