#occupyitalia

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1 Alla Biennale #occupytheworld free access to culture

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11 #occupyitalia
















Lavoratori dell'arte è un gruppo di operatori delle arti visive. Siamo critici, artisti, curatori, storici, giornalisti, attivisti e tecnici.
Ciò non significa che abbiamo un’attitudine corporativa, al contrario, decliniamo la nostra specificità e i nostri linguaggi dentro quella comune lotta alla crisi e al precariato che, sebbene in forme diverse, è la cifra del nostro tempo.
Due considerazioni di base ci hanno spinto verso questa esperienza.
1) Non siamo più dei lavoratori atipici e, anche se i lavoratori dell'arte fanno fatica ad identificarsi con i lavoratori della conoscenza o i lavoratori in generale, dovrebbero rendersi conto insieme a loro - che questo discorso l'hanno capito già da tempo - che non c'è più nulla di atipico nelle forme non contrattuali dei lavori dell'arte. Anzi sono proprio questi lavori ad aver suggerito l'attuazione di nuove forme di sfruttamento nel lavoro contemporaneo.
2) Siamo inseriti all'interno di un meccanismo di continua espropriazione del plusvalore che produciamo con il nostro lavoro e la nostra vita. Viviamo una situazione di precariato infinito in attesa di un “dopo” che non verrà mai. Questo è il vero motore dell'economia della creatività.
Ci riconosciamo in quelle pratiche che hanno valore costituente, quindi in grado di dare corpo a nuove realtà.
Qui, oggi, ci riappropriamo temporaneamente di uno spazio, come sta accadendo in altre città d'Italia e del mondo. Questa pratica, anche quando parliamo di arte e cultura, allude alla necessità di rovesciare l'attuale modello economico, creando nuovi modelli di autogestione e di distribuzione del reddito.

Le esperienze di occupazione di spazi pubblici e le pratiche partecipative nell'ambito della produzione culturale, hanno come proprio tratto comune la richiesta di un nuovo welfare.

La forza politica di queste azioni non è quella di chiedere sconti o agevolazioni di categoria, bensì quella di mettere in discussione, nella pratica, i modelli di produzione culturale, mettendone in crisi fino in fondo la modalità di sfruttamento del carattere cooperante delle pratiche creative.

La cultura, la conoscenza e l'arte come bene comune nascono da qui: dall'affermazione del loro carattere collettivo, dal desiderio di tutelarli.

I Risultati referendari, la Sala Arrigoni, il Valle Occupato, il S.a.L.E, e tante altre realtà, gruppi e soggetti che negli ultimi mesi stanno dimostrando, nella pratica come nella teoria, cosa voglia dire occuparsi, ovvero prendersi cura di ciò che è nostro, ovvero della cultura, del lavoro, della comunità, degli spazi, del territorio, delle economie, e come ci sia la necessità di riscrivere il presente nelle pratiche.
Il movimento oggi, sempre più eterogeneo, sta dimostrando di aver fatto un passaggio ineludibile quanto necessario.

Due punti a nostro avviso sono stati fondamentali in questo processo: la riconoscibilità di lavoratori della conoscenza e il mettere al centro, nella cultura politica, il concetto di bene comune.

Questo è il punto essenziale. I beni comuni non sono tali per natura, ma sono il risultato di quello che ciascuno di noi vede come elemento necessario, ogni giorno, per la vita, la libera costruzione della personalità e la partecipazione ai legami sociali.
La costruzione del bene comune quindi come il risultato di un’azione culturale e politica.
I giuristi possono scrivere lo statuto più bello del mondo, ma se si perde la spinta vitale o statuto più bello del mondo ci serve poco o nulla.

Firmato Lavoratori dell'arte


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