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ArtSEEN Journal (2006-2007) Anno 1 Numero 4 inverno 2007



I ♥ communism

Denis Isaia e Paolo Plotegher

Bolzano - Londra - Bolzano





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!kw e: /xarra //ke
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Claire Fontaine
Untitled (14.09.06 I love communism) 2006
Exhibition view
Courtesy MUSEION, Bolzano
Foto Ivo Corrà
Courtesy ArtSEEN journal

Caro Paolo,
quando due anni fa sono arrivato a Bolzano da Torino sapevo già che uno dei quartieri piu' popolari aveva al suo interno una delle opere italiane di public art piu' note. Mi riferisco al “cubo” di Alberto Garutti come tutti lo chiamano qui. Si tratta di una sorta di filiale del museo di arte contemporanea, un cubo trasparente di vetro posizionato al centro di un cortile con accesso diretto dall'arteria stradale principale della zona. Il cubo all'interno è vuoto ed è stato pensato per ospitare l'opera di altri artisti. Dal cubo sono passati ormai in molti, Gino Severini, Carla Accardi, Mario Schifano, Ascan Pinckernelle, Jota Castro. Da qualche settimana c'è un'opera del duo Claire Fontaine che ha esposto un cartello con la scritta "I ♥ communism". Il quartiere o forse una parte (evidentemente però abbastanza rumorosa) notoriamente di destra non ha apprezzato il gesto, chiedendo la rimozione sia dell'opera che del “cubo”. Tu da Londra, cosa ne pensi?

Ciao Denis,
come sai da anni ho lasciato Bolzano per trasferirmi a Londra, del “cubo” ho sentito parlare ma non l'ho mai visto. La mia famiglia vive nel quartiere dove il cubo e' stato installato, il quartiere Don Bosco, ma nonostante ciò, e nonostante riceva le news del museo di arte contemporanea, del “cubo” ho sentito parlare solo quando e' stato inaugurato. Ora, a proposito del quartiere di Don Bosco, questo e' abitato prevalentemente da italiani, la maggior parte di loro vota a destra, e questo voto è spesso inteso come un voto contro il potere tedesco della Volkspartei1 . Dalle mie informazioni le proteste sono venute da piu' parti, e sono state rivolte, sin dall'inizio, al cubo prima ancora che al lavoro di Claire Fontaine. Mi sembra azzardato identificare una parte "di destra" del quartiere con le persone che "non hanno apprezzato" il lavoro di Claire Fontaine, proprio perché si rischia di creare un'antitesi "comunismo" e "fascismo" che e' troppo semplicistica, se non anacronistica. Inoltre, ho l'impressione che il cubo sia stato fatto atterrare un po' come un'astronave su un territorio alieno, su un quartiere periferico e marginale di Bolzano. Un quartiere con un'identità storica specifica, un quartiere popolare, ancor oggi considerato in qualche modo "malfamato", per quanto possa essere definito tale nella fiorente cittadina di Bolzano (e dico questo scrivendo da New Cross, Londra). Il cubo è atterrato, ma come ho detto non ho mai avuto notizia di inaugurazioni o altre iniziative collaterali organizzate dalla "casa madre" del Museion per renderlo qualcosa di piu' di quattro mura piazzate in periferia, forse nella speranza che i passanti possano essere in qualche modo edificati dalla visione del prezioso frammento di arte contemporanea che racchiude. Che gli abitanti abbiano protestato, che l'arte faccia parlare, questo lo reputo positivo, la coppia Claire Fontaine ha generato una reazione del pubblico. Mi sta bene, ma forse non basta. Non basta installare un cubo, non basta riempirlo con una scritta "I ♥ communism" e aspettare (o meno) la reazione della gente. La responsabilità credo sia dei curatori del Museion: cosa e' stato fatto per mediare la presenza di un cubo e quella degli abitanti del quartiere? E per quanto riguarda gli artisti la provocazione è interessante, ma a me pare decisamente sbrigativa. Che ne pensi Denis?

Caro Paolo,
ho cercato altre informazioni in aggiunta a quelle che avevo. Quando il “cubo” è atterrato nel quartiere c'è stato un lungo lavoro di preparazione dell'artista seguito da un'opera continuativa di inserimento nella popolazione con compleanni del “cubo”, feste, vino, musica e buona partecipazione. Ma a me interessa il rapporto che si crea fra passanti e opere, perché quella è la differenza fra una festa con arte e una festa ad arte come tante altre. Rispetto ai lavori sino ad oggi non esisteva feedback, potevano piacere o non piacere, stimolare o creare indifferenza, ma rimanevano nello spazio intimo del fruitore, credo con riflessi sostanzialmente positivi per quanto non verificabili. Quest‘opera invece buca il vetro e chiede una posizione fortemente condivisa e pubblica, rispettando al meglio lo spirito sia del “cubo” che dell'opera contenuta. Il dubbio che mi sorge si raccoglie tutto intorno alla questione: è possibile che per sviluppare una reazione pubblica si debba per forza tirare uno schiaffo? Credo che tu abbia ragione, provocazione ingenua e un po' sbrigativa.



1Partito di maggioranza che tradizionalmente raccoglie i voti della popolazione di lingua tedesca. L'Alto Adige è infatti teatro di una convivenza normalizzata ma non priva di giochi di potere fra il gruppo linguistico tedesco (minoranza all'interno dello Stato italiano, ma maggioranza all'interno della Provincia altoatesina) e il gruppo linguistico italiano