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Espoarte Anno 8 Numero 50 dicembre 2007-gennaio 2008



Wim Delvoye

Matteo Galbiati

Intervista



Contemporary Art magazine


[GIOVANI]
46 Ericailcane
52 Margot Quan Knight
56 Noga Inbar
60 Margherita Moscardini
64 Mauro Soggiu
68 Balint Bolygo

[PROTAGONISTI]
74 Wim Delvoye
80 Zofia Kulik
86 Bruna Esposito
92 Giuseppe Panza di Biumo
96 Mariano Pichler
100 Giacinto di Pietrantonio

[SPECIAL GUEST]
106 Georgina Starr
110 Marcello Maloberti
114 Marko Mäetamm
118 Adrian Tranquilli

[RUBRICHE]
124 [No man's Land]

130 [Rapture]
Vivienne Westwood

[Dossier Luoghi Spazi]
132 Collezione Maramotti
134 Palazzo delle Esposizioni

139 Editoria

[Progetti&Dintorni]
140 Afterville
142 Enel Contemporanea
144 Premio Internazionale della Performance
146 Paola De Pietri
147 Young in the Future
148 Arte in cantiere

[EVENTI]
152 Il Velo
154 Why Africa?
156 GNAM - Gastronomia nell'Arte Moderna
159 India: Arte Oggi & Urban Manners
162 David Lynch
164 Il Futuro del Futurismo
166 Bruno Munari
168 Mark Rothko
170 Mario Airò / Herbert Hamak
172 China Contemporary Art
173 Jessica Dimmock
174 Andrea Di Marco
175 Melanie Pullen

[IN GALLERIA]
180 Diamante Faraldo
181 Diango Hernàndez
182 Jorge Peris
183 Alicia Martin
184 Diego Scroppo
185 Jun Iseyama / Hyemi Cho
186 Christoph Hinterhuber / Peter Senoner
187 Gianni Cuomo
188 Davide Coltro
189 Vania Comoretti
190 Hermann Nitsch
191 Paolo Scheggi
192 Eduard Habicher
193 Silvano Tessarollo
194 Giorgio Ciam
195 Tomas Saraceno
196 Alterazioni Video
197 Richard Wilson
198 Ettore Spalletti

[New Opening]
199 Galleria Maria Grazia Del Prete
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Wim Delvoye
Cloaca V, 2006
mixed media
cm 390x70x330
Kaohsiung Museum of Fine Arts
Kaohsiung, Taiwan (01.06.06 - 30.06.06)

Wim Delvoye
Cloaca Quattro, 2004–2005
mixed media
cm 210x210x340
Xin Beijing Gallery
Beijing, China

Wim Delvoye
Caterpillar # 4, 2002
acciaio corten tagliato con laser
cm 305x600x187

Wim Delvoye è cortese e amichevole, mai ingenuo e superficiale, si concede sempre con generosa disponibilità al dialogo e al confronto, per parlare di arte e di ogni altro argomento. Ho avuto modo, incontrandolo, di riscontrare in lui una personalità originalissima, estrosa e penetrante allo stesso tempo.
Il suo lavoro è l’esatta traduzione del suo spirito e del suo pensiero: le opere, quasi sfacciatamente pop ed irriverenti rispetto all’aura di rispetto attribuita all’arte – lui non disdegna di mischiare e confondere gli stili, i soggetti e con essi le nostre esperienze e certezze – trasgrediscono ogni schema e, in ogni contaminazione che le compone, acuiscono il senso tanto di ciò che sembrano dissacrare quanto di ciò che paiono celebrare. L’estetica (se non anti-estetica) di Delvoye si volge alle cose di tutti i giorni, alla gente comune, alle consapevolezze diffuse e a queste, in una cortocircuitazione rappresentativa e di senso, sovrappone, fino ad ibridarle in nuove risultanze, contenuti e riferimenti più importanti e profondi. Davanti ai suoi interventi non si rimane immuni dall’essere immediatamente divertiti, ma di conservare poi anche una certa drammatica impressione di disorientamento.

Matteo Galbiati: Nelle tue opere appare forte l’elemento dell’ironia, dell’irriverenza, della dissacrazione: cosa sono e cosa significano per te?
Wim Delvoye
: C’è molto prestigio inerente all’Arte. Come un blasone araldico o un tatuaggio, un’opera d’arte ha la funzione di trofeo per imprese passate, come legittimare la posizione sociale di una classe al di sopra di un’altra. Ogni dissacrazione è il risultato della lotta di classe o, per lo meno, il mettere in questione l’ordine sociale.

La tua azione artistica mescola le carte della cronologia storica ed artistica e riassume il tutto in qualcosa che ci appare insolitamente nuovo e fuorviante ma pieno di fascino. Come concili tutto questo? Come riesci a rendere efficace questo lavoro senza cadere nella banalità?
Veramente non so, credo di essere al corrente di questi pericoli, bado molto a non cadere nel banale, compresa la banalità nella semplice dicotomia fra cultura di alto e basso livello, tra il buono e il cattivo gusto.

Come relazioni e coordini queste sovra-strutture iconologiche e semantiche?
Mantengo sempre una supervisione. Raggruppo gli specialisti in funzione di ogni singolo progetto: disegno molto e passo i disegni ai miei assistenti. Come un architetto eseguo un piano generale e poi discuto i singoli dettagli con ogni artigiano in particolare. Io scelgo i migliori artigiani di ogni settore, perché voglio fare qualcosa che la gente chiami “Arte”. Per me l’Arte non è un pretesto. Se la proiezione di un DVD fosse mostrata in un museo d’arte, perché non dovrebbe essere migliore della roba che vedo in TV? L’Arte dovrebbe meritarsi sempre il titolo che le appartiene.

Poi ci sono anche i maiali tatuati, resi pelli o sculture: com’è nato il lavoro con questi animali?
Sono tutti elementi che difficilmente rientrano in un discorso intellettuale o nella relativa esperienza estetica. È anche molto difficile trarre prestigio dai maiali. Sono la classe inferiore.

È vero che hai addirittura predisposto un allevamento in Cina? Come mai questa decisione? Non sarebbe stato più semplice comprarli che allevarli?
Per tenere impegnato un tatuatore un’intera settimana occorrono, più o meno, sei maiali, perché ciascun maiale viene tatuato, sotto anestetico, solamente per due ore alla settimana. È meglio allora avere due tatuatori ogni maiale: fanno un maiale al mattino e uno al pomeriggio. Tatuare è abbastanza stressante e quindi anche il tatuatore non potrebbe incrementare il lavoro con l’ago in un giorno. C’è poi la pulizia quotidiana, la sterilizzazione degli aghi, ecc.
Quindi posso avere una produzione sufficiente solo in una struttura come quella di una fattoria. In Cina ci sono moltissime fattorie e tutti gli allevatori sognano la città. Io sono andato con i tatuatori dalla città alla campagna, mentre i poveri contadini facevano il percorso opposto. Nel frattempo la mia fattoria ha significato molti posti di lavoro per il villaggio.

Non hai incontrato ostacoli burocratici, politici o polemiche ecologiste verso un’operazione come questa, in Oriente e in Occidente?
Non in Europa fino al 2003. Prima di allora non ero abbastanza famoso per suscitare l’attenzione degli attivisti dei diritti degli animali.
In Cina ho avuto una controversia politica per quanto riguarda un solo tatuaggio. Avevamo esibito nove maiali vivi in un famoso centro d’arte a Pechino ed un unico tatuaggio su un maiale causò tutto lo scompiglio. Era un tatuaggio con l’immagine di Lenin con un filo luminoso, come un’aureola sulla testa, immagine tratta da un libro sui tatuaggi dei detenuti russi. Ci siamo scusati con le autorità cinesi. Ci piace la Cina e i suoi leader, non avevamo intenzione di offendere il Partito Comunista.

Parliamo ora della tua opera, forse la più conosciuta, la Cloaca, che non è altro che una macchina per produrre escrementi, un progetto complesso ed elaborato. Ci spieghi come funziona?
Funziona esattamente come il corpo, solo che lo stomaco potremmo convertirlo in una lavatrice mentre l’intestino retto in una macchina per la pasta.

Piero Manzoni per primo, con ironia e polemica, fece le famose scatolette con la Merda d’Artista. In lui c’era un valore concettuale, nella tua opera invece noi non solo la vediamo ma, molto più significativamente, ne possiamo seguire tutto il processo di creazione. Quali sono le analogie e le diversità con il lavoro di Manzoni?
Come giustamente sottolinei, il mio lavoro è tutto trasparente: la macchina, i contenitori degli escrementi sono trasparenti. Ho sempre avuto il desiderio di poter aprire una scatoletta di Manzoni per verificare se il contenuto corrispondesse al titolo; poi il suo lavoro evidenzia l’autenticità o l’unicità di un singolo essere umano come un “Artista”. La sua merda è la reliquia di un genio divino, come il fiato di Piero in un palloncino. Tu hai bisogno di credere almeno nell’arte.
Non con me! Persino un’attività intima e solitaria, come defecare, diventa uno spettacolo freddo e comune. La merda è impersonale, biotecnologica, è fatta da una macchina. L’essere umano non è più al centro. Questa è una merda differente!
Le scatolette di Manzoni mi hanno aiutato a legittimare la Cloaca come opera d’arte, ma non mi hanno ispirato. Mi ha ispirato di più guardare Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato che vedere Merda d’Artista in un museo d’arte.

Come hanno reagito il pubblico e gli addetti ai lavori davanti alla Cloaca?
Il pubblico è differente per ogni paese: a Düsseldorf, le persone discutevano sullo spreco di cibo; a New York, abbiamo avuto folle di gente; a Lione i curatori avevano chiamato i migliori chef per nutrire la macchina e il pubblico discuteva principalmente su cosa avesse mangiato la Cloaca quel giorno; a Zurigo, lasciavano pulita la macchina ogni mattina; a Bordeaux, il pubblico si lamentava del fatto che il museo non puzzasse abbastanza; a Toronto, invece, voleva sapere come era fatta la macchina. A Prato, le persone e i giornali erano tutti eccitati da Sgarbi che visitava la Cloaca.

Per questi lavori – i maiali e la cloaca – non ti sei posto un problema di etica? E in generale, cos’è per te l’etica e l’etica applicata all’arte?
Comunque sì, ho i miei vincoli: mi assicuro che i maiali non soffrano e che la Cloaca non offenda nessun gruppo in particolare. Visto che ognuno defeca, non categorizzo nessuno con il mio humor.

Dove trovi l’ispirazione? Come mantieni piena di energia la carica espressiva e salda la forza della narrazione in lavori tanto differenti ma dentro ai quali si ripercorre un comune e caratteristico senso di ricerca?
È molto bello, non trovi? Ora sta diventando più semplice. Non avrei mai potuto fare dipinti in nero con delle date sopra e farli poi per il resto della mia vita. Non sono un tipo così. Ogni giorno ho bisogno di far qualcosa per non annoiarmi. Penso tanto e ho buoni assistenti, lavoro intensamente e amo tantissimo farlo.

Che valore ha il rapporto tra linguaggio, comunicazione, esperienza e storia tanto nelle tue opere quanto nel pubblico, e poi nell’incontro che hanno nel momento della visione?
Come artista non scendo a compromessi per aumentare il mio pubblico, anche se questo è il mio scopo. Non solo un pubblico internazionale, ma globale in un senso più sociale. Tengo in maggior considerazione l’attenzione della gente comune che non il denaro dei collezionisti. Dato che il mio modello è l’artista, i miei esempi nella vita personale non erano Manzoni o Duchamp, in realtà nemmeno Walt Disney. I miei modelli erano le Figurine Panini, una famiglia di Modena.

Cosa rappresenta – e cosa deve rappresentare – l’Arte per Wim Delvoye?
È molto difficile rispondere. Che si dice dell’opera di Wim Delvoye?

Il tuo giudizio sull’Arte di oggi?
Noiosa. Gran parte di essa è, davvero, solo una mercificazione.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Ci puoi fare un’anticipazione?
Lavoriamo a degli edifici gotici: stiamo per aprire una cappella ad Anversa a grandezza naturale. Voglio fare modelli in scala di templi, moschee o chiese, ma anche un museo per ogni Cloaca. Ho fondato una religione proposta negli Stati Uniti, con un amico e alcuni giuristi. Abbiamo bisogno anche di una chiesa. Siamo totalmente assorbiti da bronzi a spirale, come le scultura che avevo fatto a Zurigo la prima volta. Sto facendo molte nuove sculture. Sto anche lavorando al Caterpillar Gotico D-11.
Ogni opera d’arte occupa mesi, a volte anni, per essere ultimata.


Wim Delvoye è nato a Wervik nel 1965. Vive e lavora tra Grand, Berlino e Pechino.

Selezione mostre personali recenti:
2007 - Galerie Emmanuel Perrotin, Parigi (F)
- Cloaca Quattro, Xin Beijing Gallery, Pechino (RC)
- Wim Delvoye: Cloaca 2000-2007, Casino Luxembourg (L)
2006 - Cloaca N° 5, Kaohsiung Museum of Fine Arts, Kaohsiung (Taiwan)
2005 - Scale Models & Drawings, Sperone Westwater, New York (USA)
2004 - Cloaca - New & Improved, The Power Plant, Toronto (CDN)
- Oeuvres sur papier 1968-2004, Galerie Nathalie Obadia, Parigi (F)

Selezione mostre collettive recenti:
2007 - Into Me/Out of Me, MACRO, Roma
- Intersezione III, Parco Archeologico di Scolacium, Catanzaro
- Guesthouse 2007, Mudam, Lussemburgo (L)
2006 - Fiction@Love, Moca Shanghai (RC)
- Into Me/Out of Me, PS1, New York (USA)
- Eldorado, Mudam, Lussemburgo (L)
2005 -Visionary Belgium, Bozar, Bruxelles (B)
- Biennale d’Art Contemporain, Lione (F)
- Two Asias/Two Europes, Duolun Museum, Shanghai (RC)


Gallerie di riferimento:
Corsoveneziaotto, Milano
Galerie Emmanuel Perrotin, Parigi