Espoarte Anno 9 Numero 51 febbraio-marzo 2008
Intervista
Steingrimur Eyfjörd ha rappresentato l’Islanda all’ultima edizione della Biennale di Venezia, realizzando un progetto intitolato The Golden Plover. Un padiglione affascinante, collocato al piano terreno di una dimora storica, con affaccio diretto sul Canal Grande. L’artista ha preso contatti con il medium Thorunn Kristin Emilsdottir, che gli ha permesso di parlare con un vecchio elfo, che vive in un’altra dimensione nel sud dell’Islanda, in un’area attualmente occupata da un campo da golf. Egli vive in una comunità con altri elfi e la loro vita è molto simile a quella che si conduceva nel nostro mondo 300 anni fa. Lo scopo di Steingrimur è quello di poter acquistare dalla creatura nascosta una delle loro pecore, per poterla portare con sé a Venezia. L’elfo chiede in cambio un banco da lavoro per affilare i suoi strumenti, unica cosa del nostro mondo, di cui sente la mancanza. Steirgrimur glielo procura e...
Viviana Siviero: Hai affermato che «credere agli elfi è una qualità di vita», affrontando un discorso complesso riguardo il significato e la morfologia dell’identità. Con l’aiuto delle creature nascoste, sei riuscito in modo inequivocabilmente geniale a rispondere alla discussione sulle partecipazioni nazionali che ha ritmato l’ultima Biennale veneziana, mentre l’Italia ha preferito affidarsi allo “spirito” del talk show…
Steingrimur Eyfjörd: Penso che credere negli elfi possa rappresentare uno stile di vita. Non mi riferisco ad una fede religiosa, ma al fatto di dare a questa credenza la possibilità di essere. Provengo dal Nord e sono un Barbaro. Il talento dei Barbari consiste nell’acquisire la cultura altrui, per tradizione. Per questo, ho sempre considerato qualunque cosa fosse a sud di casa mia come esotica; allo stesso tempo mi rendo conto che la gerarchia, in Italia, è più rigida che nel mio paese. Da voi, le persone lavorano per ottenere privilegi e status. Qui, nel Nord, siamo ancora Barbari.
La tua poetica riesce ad esprimere coerenza pur ruotando attorno a medium variegati, che rendono difficile l’identificazione del filo conduttore che li sottende: vuoi rivelarci la traiettoria del tuo pensiero?
Sono interessato al metodo di lavoro e a tutte le componenti inaspettate, senza limitazioni in termini di soggetto e medium. Desidero che i miei lavori sollevino dubbi riguardo i valori e i parametri della società, stimolando vie alternative di pensiero.?Contramundi come piano B.
Fra essi ne utilizzi alcuni poco impiegati nel mondo visuale per la loro difficoltà d’impatto: alcuni dei tuoi lavori ricorrono alla conversazione o all’intervista, di solito più avvezze nel mondo delle relazioni che avvengono per vie verbali…
The Golden Plover si compone di lavori realizzati con medium differenti, che si combinano in una miriade di possibilità. La registrazione della seduta con il medium e le interviste realizzate con le persone sono una parte fondamentale. In Islanda e in molti altri paesi “plover” significa primavera, quindi speranza. Il mio lavoro parte da una parola e dal suo significato per sottolineare il mio interesse per gli elementi dell’identità culturale islandese. Si dice che quando le persone osservano altre culture, in realtà stiano osservando se stessi e questo si concretizza nella costituzione di una vera e propria cultura collettiva.
… la cui relazione è basata soprattutto sullo scambio. Al di là del mezzo, l’esito finale del tuo lavoro risulta, in ultima istanza, di tipo antropologico…
Oltre al progetto portato in Biennale, sono legato a Wild Bunch e Conversation with Brad and Ási, entrambi basati sul confronto fra la cultura islandese e quella americana. Nel 2001, partecipando alla festa di compleanno dell’artista Gunnhildur Hauksdóttir, ho incontrato il regista Brad Rust Gray, che iniziò a raccontarmi della propria esperienza di vita in Islanda e di quando – ormai americanizzato – scoprì quanto nel paese noi tutti fraintendiamo della cultura americana. Così ho realizzato alcune ore di girato in cui io, Brad e l’artista, parliamo della post americanizzazione in Islanda e in altri paesi del mondo. Da ciò io ho tratto 3 grandi frammenti, inserendoli in altrettanti grandi disegni.
Islanda vs America: per questo esiste un piano B?
I meccanismi e le connessioni tra l’Islanda e il resto del mondo hanno rappresentato, per lungo tempo, una parte fondamentale all’interno del dibattito sulla nostra isola. Secondo me gli artisti di tutto il mondo sono elfi globali, immersi nella cultura mondiale; la nozione di arte internazionale è essenzialmente un’illusione, perchè non si riferisce al lavoro proprio dell’artista, ma alla massima distribuzione e al marketing, che si esauriscono in una regione molto limitata quale è il mondo occidentale.
Molto poetico… quindi a Venezia un Barbaro Elfo globale, ha portato con sé una pecora nascosta: non un semplice traguardo che consacra e dona visibilità, ma qualcosa di più importante e profondo, particolarmente esaltato dalla convergenza di buona parte del mondo…
Un determinato dialogo sta andando avanti tra gli elfi globali ma questa è tutta un’altra questione. I mezzi più variegati ed irriconoscibili ne sono gli ambasciatori: in particolare i lavori connessi al consumo e al mutamento delle situazioni nazionali o mondiali, o le installazioni che si riferiscono a determinate dottrine religiose o, ancora, lavori testuali che sconfinano nella poesia.
Da parte tua molti elementi affascinanti, capaci di suggerire come le briciole di Hänsel e Gretel, svelano la strada solo a chi abbia voglia di rendere visibile l’invisibile…
Fra gli altri, l’immagine di un campo da golf, la trascrizione e la registrazione della seduta con il medium, le fotografie di alcuni oggetti donati dagli elfi agli uomini, provenienti dall’Iceland’s National Museum, ritagli di giornale, un bronzo che riproduce il piccolo trampoliere che da il titolo al progetto e un paio di scarpe da elfo, fatte cucire appositamente dalla descrizione di due persone che vent’anni fa – quando ne avevano 10 – ebbero la fortuna di incontrare una creatura nascosta. Io li ho rintracciati e ho acquistato il disegno che essi fecero dopo l’incontro.
… e una pecora nascosta, di cui io sono riuscita a vedere solo il recinto… Come sta adesso?
La pecora nascosta sta bene! The Golden Plover permette molte possibilità di lettura, che fondamentalmente si basano sui meccanismi psichici tipici del popolo islandese, che non può evitare di vedere e fare esperienza di alcune cose nella natura. Un’antica teoria afferma che le persone abbiano bisogno di visualizzare questi esseri, descrivendoli, per riuscire a definire loro stessi.?Vent’anni fa lessi il libro di Borges sulla zoologia fantastica e pensai di creare un’associazione per la protezione delle creature immaginarie, affinché non si estinguessero: la conseguenza diretta sarebbe stata la protezione stessa della natura. Ho aspettato un’opportunità per realizzare questo progetto, troppo grande da proporre alla Biennale di Venezia.The Golden Plover rappresenta l’istanza iniziale di questo processo. Ho pensato che fosse disumano trasferire un’intera famiglia di elfi dall’Islanda a Venezia, così ho optato per la pecora misteriosa.?Questi esseri/fenomeni sono stati uccisi dal business dello spettacolo, dalla televisione e dalla produzione cinematografica, che si sono appropriati della loro natura, del loro aspetto e delle loro caratteristiche per soddisfare le aspettative dei consumatori e della fabbrica dell’intrattenimento. Per questo non a tutti è dato di vedere la pecora che l’elfo mi ha venduto. Mio nonno raccontava che chi ha una mente pura e un cuore aperto potrebbe avere il privilegio di vedere le sue impronte.
Promesso, farò il possibile, nel frattempo ci anticipi il tuo futuro?
Al momento ho una mostra personale al Reykjavík Municipal Art Museum nella quale espongo gli stessi lavori della Biennale, mentre alcune vecchie opere sono alla Nordatlantens Brygge di Copenhagen. Attualmente sono presente in una collettiva all’Akureyri Art Museum, in Islanda dove espongo A conversation with Brad and Ási. ?A maggio terrò una mostra personale con una nuova installazione, alla Max Protetch gallery a New York ed in contemporanea sarò ad una collettiva al Reykjavík Art Festival, dove presenterò un nuovo lavoro incentrato su globalizzazione e amore.
Steingrimur Eyfjörd è nato a Reykjavík (Islanda) nel 1954, dove vive e lavora.
Selezione mostre personali recenti:
2008 - Four Works, Grýla, Bones in a Landslide, Völsungasaga, Hervarar Saga ok Heidreks, Nordatlantens Brygge, Copenhagen (DK)
2007 - The Golden Plover is arrived!, Padiglione Islanda, 52. Biennale di Venezia
2006 - Steingrimur Eyfjörd, National Gallery of Iceland, Reykjavík (IS)
- Solo Show, 101 Gallery, Reykjavik, Bones in a landslide
2005 - Cowboys and Indians, Kunstraum Wohnraum, Akureyri (IS)
- Under the l inden tree, Gallery Banananas, Reykjavík (IS)
Selezione mostre collettive recenti:
2008 - Bye bye Iceland, Akureyri Art Museum, Reykjavík
- Exhibition at the Nordic House in Reykjavík, nell’ambito del The Reykjavík Art Festival
2007 - Einar 1 til Einar 2, Skaftfell, Seydisfjordur (IS)
2006 - Dreamlands Burn, Mücsarnok, Budapest (H)
- Crumpled Darkness, Aceartinc., Winnipeg (CDN)
- Quantity is Quality, The Living Art Museum, Reykjavík
- Carnegie Art Award 2006, Royal College of Art, Londra (UK)
- Carnegie Art Award 2006, Centre International d’Art Contemporain di Carros (F)
- Carnegie Art Award 2006, Konstakademien, Stoccolma (S)
- Carnegie Art Award 2006, Meilahti Museum, Helsinki (FIN)
Galleria di riferimento:
Max Protetch gallery, New York