L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Espoarte Anno 12 Numero 74 dicembre 2011- gennaio 2012



Stefano Di Stasio

Viviana Siviero

Il gioco vertiginoso della pittura



Contemporary Art magazine


SOMMARIO N.74

New Media Art #7 a cura di Chiara Canali

Gremlins # 6 a cura di Mattia Zappile

Esercizi di Stile # 6 a cura di Luisa Castellini

Pensieri Albini # 7 a cura di Alberto Zanchetta

INTERVIEW
Stefano Di Stasio
intervista di Viviana Siviero
Steve McCurry intervista di Ilaria Bignotti
Milo Manara intervista di Francesca Di Giorgio
Max Rohr intervista di Laura Francesca Di Trapani
Francesco Merletti intervista di Igor Zanti

GIOVANI
Andreco di Silvia Conta
Lamberto Teotino di Alessandro Trabucco
Daniele Salvalai di Matteo Galbiati
Elisa Bertaglia di Chiara Serri

TALKIN'
Andrea Pazienza – intervista a M. Comandini di Francesca di Giorgio
Shen Wei di Chiara Serri
Ellequadro Documenti di Francesca Di Giorgio

PREVIEW
Indian Highway, MAXXI, Roma di Michela Di Stefano
Vanni Spazzoli, Magazzino dei ricordi, L'Ariete artecontemporanea, Bologna di Mattia Zappile
DEFAULT, Spazio Testoni, La2000+45, Bologna di Mattia Zappile
DECLINING DEMOCRACY, CCCS, Firenze di Matilde Puleo
Birdhead, New Village, Ex3, Firenze di Rosa Carnevale
Kinki Texas/Daniele Pignatelli, Io ed esso... Ergo sum, Galleria Bianca Maria Rizzi & Matthias Ritter, Milano di Emanuele Beluffi
Mark Harris, Applicazioni Strutturali, Galleria UNO+UNO, Milano di Ginevra Bria
Farahn Siki, Implosion: Imperfect Signs, Primo Marella Gallery, Milano di Igor Zanti
SUPERSTUDIO/backstage, Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato di Ilaria Bignotti
Spencer Finch, Rome Project, Galleria Erica Fiorentini, Roma di Michela Di Stefano
Davide Nido e Robert Pan, Trame Riflesse, emmeotto, Roma di Daniela Trincia
Marc Angeli, artesilva, Seregno (MB) di Matteo Galbiati
Svetlana Ostapovici, in/NATURA/le, Palazzo Collicola, Spoleto di Michela Di Stefano
Nedko Solakov, All in (My) Order, with Exceptions, Fondazione Galleria Civica, Trento di Federica Bianconi
THE GENTLEMEN OF VERONA: sperimentazioni sul contemporaneo in Italia, Palazzo Forti, Verona di Rosa Carnevale

SPECIALE PREMI
Premio Patrizia Barlettani Next_Generation 2011, III edizione di Francesca Di Giorgio
Enel Contemporanea Award 2011, V edizione di Francesca Di Giorgio
Premio Internazionale Giovane Scultura Fondazione Francesco Messina, II edizione di Francesca di Giorgio
RUBRICHE
No Man's Land, Passerelle ad arte..., Il “lato B” fra moda, arte e concetto: la Fratelli Calgaro per My Ass Jeans, Elena Monzo per il marchio spagnolo Factoria Rent Me: fra quadri da indossare e modelle truccate ad arte, molto più che moda in sé, a cura di Viviana Siviero
Rapture, dialogo ArteModa, Walter Van Beirendonck: Dream the World Awake, a cura di Sonia Vigo
Editoria, Quaderni del collezionismo/1, Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli (a cura di), Johan & Levi, di Matteo Galbiati; Tre strade per la fotografia, Luca Panaro, APM Edizioni, di Matteo Galbiati; La Via dell’ArtCounseling. Il Teatro-danza e il Cinema d’Arte per conoscere se stessi, Barbara Bedini, Edizioni Creativa
, di Francesca Di Giorgio; Cattelan ALL, Nancy Spector (a cura di), Skira, di Matteo Galbiati; Maurizio Cattelan. Un salto nel vuoto. La mia vita fuori dalle cornici, Maurizio Cattelan con Catherine Grenier, Rizzoli, di Francesca Di Giorgio
Progetti&Dintorni, Vitrine, L’arte italiana (anzi sabauda) va in vetrina. Parte a Torino il nuovo progetto dedicato all’arte locale della Gam, intervista a Luigi Fassi di Maria Cristina Strati; Milanofficine, La terra delle visioni..., intervista a Gabi Scardi di Ginevra Bria
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Silvia Camporesi
Chiara Serri
n. 88 aprile-giugno 2015

Andres Serrano
Isabella Falbo
n. 87 gennaio-marzo 2015

Michelangelo Pistoletto
Matteo Galbiati
n. 86 ottobre-dicembre 2014

Mustafa Sabbagh
Isabella Falbo
n. 85 luglio-settembre 2014

Cildo Meireles
Ginevra Bria
n. 84 aprile-giugno 2014

Beatrice Pediconi
Chiara Serri
n. 83 gennaio-marzo 2014


1. “Metà della vita”, 2011 Courtesy Art’s Events Arte Contemporanea, Torrecuso (BN)

2. “Musica poiana”, 2011
olio su tela, cm 80x60
Courtesy AndreA Arte Contemporanea, Vicenza

3. “Notizie dall’altrove”, 2007
cm 130x100
Courtesy Studio Vigato, Alessandria | Bergamo | Milano

Abbiamo nuovamente incontrato il coltissimo e raffinato Stefano Di Stasio, per parlare della sua più recente produzione, che diventerà mostra prima e libro poi. Siam partiti discutendo semplicemente di arte e pittura, per finire poi a parlare di mimetismo, sistema, contemporaneità, mercato, passato e molti altri massimi sistemi. Il passato è un grande maestro da cui si deve imparare, la tradizione può essere impugnata come un vero strumento per aizzare la rivoluzione, il futuro è una vecchia malattia del presente; questi solo alcuni dei punti salienti che sono scaturiti dalla conversazione con un personaggio che ormai da quarant’anni realizza un lavoro d’eccellenza completamente teso fra pensieri, osservazioni puntuali della realtà, sogni e tanta pratica...

Viviana Siviero: Stai preparando una nuova mostra. Come si intitolerà e qual è il significato del titolo? Sentir raccontare il tuo fare e i suoi perché è sempre molto affascinante, emozione superata solo dalla visione diretta dei tuoi pregiatissimi lavori…
Stefano Di Stasio: La mostra che presento, a dicembre, da AndreA Arte a Vicenza, non ha titolo. Semplicemente il mio nome, per una classica mostra personale...
Come sempre, affido all’amore per la pittura radicalmente figurativa, ma direi meglio pittura di immagine, le nuove, anzi eterne, visioni dell’interiorità, dell’immediatezza, dell’immaginazione. Parlo di immediatezza perché figure, cose e luoghi che rappresento e colgo nel loro primitivo apparire, fanno a meno della mediazione della ragione: sono simboliche in senso junghiano, non allegorie di programmi concettuali o morali. Sono visioni razionali ma libere di fluire di un racconto intuitivo. Credo che l’artista “palombaro”, che si spinge, come cerco di fare, a scandagliare luoghi veritieri del pensiero per immagini, riesce a parlare al cuore degli altri, senza necessariamente avere messaggi da dare...

Lo abbiamo già ricordato insieme in passato (vedi Espoarte n. 61, ottobre-novembre 2009), ma è doveroso un riferimento al movimento che ti ha contraddistinto e che hai caratterizzato, dalla fine degli anni ’70 alla metà degli anni ’80, insieme a Mariani, Piruca, Gandolfi, Galliani e “battezzato” Anacronismo da Maurizio Calvesi. Hai affermato che allora il movimento sorse «per contrastare lo zero assoluto che accompagnava le avanguardie artistiche che gridavano all’eliminazione delle arti». Forse è un’eredità pesante ricordare sempre i vecchi tempi, eppure ti chiedo in cosa l’Anacronismo è ancora attuale?
L’Anacronismo è attuale proprio nella sua… inattualità. Quest’ultimo è un termine a cui tengo molto; io sono consapevole di lavorare percorrendo una strada che è completamente scissa dal contemporaneo. E questa è esattamente la forza che mi spinge a produrre. Pur se nei miei quadri ci sono riferimenti alla vita di oggi, insisto su una pittura mimetica che si rifà ad una certa tradizione. Non tanto nelle tematiche, appunto, che possono essere più o meno libere o vicine alla mia vita interiore qui ed ora, ma l’uso di un medium “antico” rende ancor più forte lo scarto fra l’arte e la realtà. Il messaggio insito nel mio pensiero, oltre a “passare” per la tematica scelta, viene sottolineato ulteriormente, trasfigurato, dalla scelta di una pittura che definisco mimetica, in senso “antico”. È una forza del “passato” che dà il vero senso della mia arte. Potrei cambiare medium, fare foto, film, tecniche digitali o altro, utilizzando le mie stesse immagini; eppure il mio divertimento originale risiede nel dipingere; per me la pittura rappresenta un culto ed io la considero nella sua accezione di “valore” e non come mero mezzo di comunicazione. Questo valore aggiunto, che potrebbe anche non servire nel mondo di oggi, è per me il gioco più vertiginoso.

Consideri l’Arte come qualcosa che debba esprimere una forza rivoluzionaria. Di che tipo di rivoluzione avremmo bisogno oggi e a che genere di futuro andremo incontro seguendo i tuoi consigli pittorici? 

Per esempio avremmo necessità di rivendicare il passato come utopia. Il futuro è una (vecchia) malattia del mondo di oggi. L’arte potrebbe incaricarsi di proiettare l’utopia nel passato e farne una forza dell’oggi. La pop art ci ha abituati al fatto che l’artista e l’arte siano adeguati ai tempi e per questo necessariamente ne utilizzino mezzi e prodotti: ne consegue un’arte in tutto e per tutto adeguata al mondo. Nulla di male in questo, il mondo va dove deve andare… ma è necessario che in ogni villaggio ci sia un “folle”… qualcuno che sfugga all’omologazione.

Ci racconti nello specifico qualche tua opera recente che vedremo in mostra da AndreA Arte a Vicenza, in relazione al suo significato simbolico? Come ti è capitato di scegliere le tematiche e in che modo si relazionano all’oggi e alla particolarissima situazione in cui siamo immersi?
Quello che ho detto sopra non è in contraddizione con il fatto che, a volte, accolgo una committenza precisa o una richiesta “esterna”. Così, nel caso di questa mostra, ho accettato volentieri il suggerimento di Paolo Dosa, direttore della galleria, di dedicare qualche quadro al grande architetto vicentino Andrea Palladio, a patto, ho aggiunto io, di immergere il riferimento a qualche sua opera nel mio mondo “metafisico”. Ecco la parola a cui mi affido volentieri: metafisica... In tutto e per tutto sono un devoto alla metafisica, sia nella vita, sia nel pensiero, sia, naturalmente, nell’arte, attività umana quanto mai lontana dalla cosiddetta “realtà”. Vedo, invece, che la maggioranza dell’arte che si fa oggi è ricaduta nel vecchio equivoco dello sguardo sul mondo come pura percezione, si è tornati a “spiare” la realtà, come fa già benissimo la TV, la fotografia, il cinema... L’arte come fotocopia di ciò che esiste!... Penso che l’arte, senza paura, debba dire addio al mondo, essere un’alternativa a ciò che esiste, indicare un “altrove”, un “non qui” e “non ora”, riabbracciare, insomma, l’utopia, sia pur rivolta al passato, ma che abbia tutta la capacità di fare de l’“inattuale” la propria forza.

In mostra vedremo una quindicina di opere dal formato 40x50 ai 2 metri: ci anticipi qualche titolo, che sicuramente aumenterà in tutti noi il desiderio di scoprire le opere in mostra?
Sto finendo adesso un’opera che considero molto affascinante dal titolo La sera del teatro, ispirata al palladiano teatro Olimpico di Vicenza, in cui gioco come di consueto fra realtà ed immaginazione, ponendo la prima, apparente, come quinta proporzionata ai personaggi, alcuni dei quali al limite del buon gusto, che somigliano a certi fantasmi, folli e metafisici. Al centro, un modellino del teatro, è posato su un tavolo, elemento chiave per innescare un gioco strano e curioso fra l’apparenza della realtà e la sua essenza, nel complicato gioco della percezione: sono tutti riferimenti calati nel mio mondo. C’è un quadro, mi sembra ben riuscito, dedicato a un mai avvenuto incontro tra S. Gaetano da Tiene e Pulcinella. La colonna quotidiana rappresenta un uomo che regge faticosamente una colonna classica che è appena piombata dalla sua finestra mentre alle sue spalle la vita domestica continua tranquillamente. Ancora, Musica poiana, dedicata alla palladiana Villa Poiana, propone oltre alla storica dimora anche una vera poiana che sta sulla testa di un pianista intento a suonare. Non anticipo oltre, per il resto si dovrà visitare la mostra…

Come vedi la tua pittura oggi, cosa ha mantenuto e modificato nel tempo e cosa pensi dovrà essere domani?

Una delle grandi “malattie” dell’Occidente è il desiderio continuo del “nuovo”, parola che a me fa sbadigliare... Si pensa che il valore delle produzioni sia nella loro dose di novità, basta vedere quante volte ritorna questa parola nei messaggi pubblicitari, conseguenza dello sguardo unicamente “orizzontale” di considerare lo scorrere della vita, in cui tutti, me compreso, siamo immersi nel nostro quotidiano. Ma lo sforzo che dovrebbe fare il poeta, l’artista, è proprio nella ricerca della “verticalità” di certi valori e sensi che esprime col proprio lavoro. Così, il mio “progetto” è sempre identico alla scelta iniziale di ritrovare i mezzi della rappresentazione pittorica come la storia ci ha tramandato. Ma, rispetto agli antichi, è cambiato il committente: non più la religione, lo stato, la società, i potenti, la cronaca, ma unicamente la vita interiore.

Molti giovani artisti, in tempo di crisi, faticano a trovare una galleria di riferimento che li aiuti nel difficile cammino della loro carriera, tu collabori con quattro gallerie: oltre ad AndreA Arte di Vicenza, la storica galleria L’Attico di Roma, Studio Vigato e Art’s Events di Benevento… Qual era il ruolo delle gallerie d’Arte agli albori della tua carriera? E adesso? Come è cambiato da allora col mutare delle situazioni sociali?

Abbiamo già parlato del mio debutto con “la Stanza”, galleria autogestita, filosofica, riflessiva, preparatoria di nuove idee, a cui seguì il mio incontro con Plinio De Martiis. Negli anni ’70, il ruolo di figure come Plinio, Sargentini, Sperone, era ancora legato ad un’idea di galleria ideologica che si occupava principalmente di promozione culturale più che di mercato. Tutto è cambiato negli anni ’80 e l’oggi non ha fatto che confermare, accentuandoli, quei caratteri di mercato che erano già palesi trent’anni fa. Gallerie di promozione culturale estranee al mercato non ce ne sono più, è impossibile la loro sopravvivenza. Il gallerista è obbligato per sopravvivere a fare il mercante e il pittore è il suo operaio. Quando il gioco funziona bene si hanno ottimi lavori e soldi a palate. La promozione culturale, il dibattito delle idee che c’erano una volta adesso sono scomparsi insieme alla tensione culturale. Un Pasolini non c’è più e forse oggi non potrebbe nemmeno esistere: la società si è omologata, se si vuole restare nel sistema ci si deve adattare ad esso, altrimenti si scompare. La società ha piano a piano demolito qualunque possibilità di esistenza a forze alternative. Io stesso posso fare discorsi teoricamente rivoluzionari ma, alla fine, non posso fare altrimenti che restare nel sistema, coltivando, questo sì, il rigore tecnico e la riflessione autonoma