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Cross (1999 - 2000) Anno 1 Numero 1



L'altissimo e il luminosissimo, il silenzio e la distanza.

Amedeo Martegani

L'onnipotenza nella fotografia contemporanea.



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Walter Niedermayr VEDRETTA PRESENA I, 1996.Colorprint, 86 x 106 cm cd.

Walter Niedermayr VEDRETTA PRESENA I, 1996.Colorprint, 86 x 106 cm cd.

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La fotografia conosce il valore del tempo più di ogni altra disciplina e spesso ciò che produce non è altro che la limpida riflessione di questa dipendenza.
Il tempo < e quindi necessariamente la sua 'scelta', il discriminare un tempo vuoto da un tempo imperdibile e miracoloso < rende la fotografia una specie di reagente per ciò che è o non è più da considerarsi soggetto.
Volontariamente o meno, la fotografia (come il cinema) crea l'attenzione e lo stile del ricordo, ma anche scandisce l¹importanza, indica cosa guardare,cosa ricordare e cosa ricordarsi di guardare.
L¹altissimo e il luminosissimo sono le 'nuove' costanti della fotografia contemporanea: Niedermayr sovraespone sequenze alpine inquadrate da altezze e distanze sovrumane, De Pietri sceglie il pallone aerostatico per foto zenitali da satellite spia, e così Gursky, Struth e molti altri sono presi da un sacro allontanarsi, alla ricerca del punto più alto da cui tutto 'si vede'.
Una strana coincidenza è il silenzio, l¹evidenza panottica della realtà e la conseguente possibilità negata di partecipazione al mondo < 'se accade, è già irrimediabilmente accaduto e certo io ero troppo lontano per saperlo'.
Questo desiderio di mappatura, di ricognizione, di ronda sottintende una condizione carceraria o comunque subalterna rispetto al potere di vedere, o meglio di ³avere il tempo' di vedere; è una visione oculisticamente perfetta ma di cui non si può conoscere né condividere alcun particolare e mi sembra nascere dallo stesso autismo, dalla stessa glaciale determinazione a vivere di fronte a uno schermo sognando una svolta, una discesa, una frenata.
David Cronenberg < in Crash, < racconta con commosso entusiasmo la fuga dalla prevenzione stradale, dalla civiltà urbana del pericolo costante e del facciamo-tutti-la-nostra-parte con l¹apoteosi dell¹incidente come unica rivoluzione possibile, unico contatto con la vita reale. La riflessione consapevole o meno della fotografia contemporanea sulle spalle del tempo è l'incidente taumaturgico: ogni immagine mi sembra finalmente consapevole della rinuncia a essere simbolo, stereotipo, slogan visivo o produttivo, preferendo costruire la propria dignità nella sequenza e studiando le forme del suo rendersi pubblica. Forse la possibilità di avere/ottenere un'immagine dal tempo si è talmente estesa che non si può più credere alla semplice creazione di un simbolo ma è sempre più necessario sapere costruire un filtro, indicare un¹attenzione. La fotografia non è più documento, denuncia, ricostruzione, racconto esistenziale: ora si accende con la forza di una sinistra onnipotenza, quasi lo specchio di un occhio divino che pigro e fisso guarda gli uomini salire su una vetta, aspettare in coda, fermarsi davanti a un fiume, guidare un camion, comprare e vendere azioni o abitare nei grandi palazzi delle periferie del mondo.
Si dice che la fotografia oggi rianimi tutte le tematiche ottocentesche < il ritratto, la veduta romantica, la vita urbana, il panorama esotico, la meraviglia d¹oriente... < cui non obbediscono più le altre 'discipline', ma credo che questo generosissimo sforzo di far rivivere il piacere borghese per il bello indiscutibile e concluso, nasconda in realtà qualche tara. La fissità, la cura ostinata di ogni particolare, la necessità di un punto di osservazione comunque esterno, la determinazione seriale, la coazione a ripetere fino alla perfezione, non sono le doti anche di un buon assassino?

Amedeo Martegani (Milano 1963) è artista e critico d¹arte. Vive e lavora a Milano.