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 Gulsun Karamustafa, Pontedera
 
I limiti del linguaggio

Matteo Chini

Non voglio entrare nel merito del lavoro artistico di Gülsün, non è questo il mio compito. Vorrei solo dire qui, in presenza di Gülsün, che ho trovato in lei una fantastica insegnante. Gülsün ci ha insegnato delle cose molto importanti durante il suo soggiorno a Pontedera. Fin dall'inizio e per tutto il tempo in cui è rimasta tra noi, non ha mai impartito istruzioni a nessuno. È vero che in certi momenti ci siamo sentiti persi di fronte al lavoro che dovevamo svolgere. Una volta mi sono addirittura detto ''mai più'', lo confesso. Ma quasi subito abbiamo scoperto che Gülsün è molto più che una persona ''democratica'' e simpatica: Gülsün ha un modo tutto suo di dare suggerimenti senza far sentire in obbligo nessuno. E poi sembra che non sappia mai dire di ''no'' a qualcuno. All'inizio pensavo che questo fosse il suo limite e il suo difetto più evidente. Carattere, cultura, idee politiche, non so. Ma, passo dopo passo, ho scoperto altre cose... e adesso sono convinto che, durante la sua vita, Gülsün ha provato l'esigenza - e ora sta cercando di comunicarla - di trovare il modo di occuparsi delle differenze tra le persone, tra le loro opinioni, rispettando gli individui e le minoranze, e non imponendo la propria impostazione mentale a qualcun altro. Sembra facile a dirlo, ma in realtà è una cosa molto difficile da mettere in pratica. Anche o soprattutto per lei, forse. E sicuramente è ancor più difficile quando hai in mente l'idea di realizzare un'''Opera d'Arte''. Come avevamo io e i miei ''studenti'' all'inizio del laboratorio. Qualsiasi cosa abbiamo fatto durante questi cinque giorni, è stata al tempo stesso più o meno un'opera d'arte: è stata un'esperienza collettiva. Un'esperienza collettiva creativa.

A Pontedera abbiamo trovato tanta collaborazione e gentilezza che sia io che forse Gülsün non ci aspettavamo a questi livelli. Pietro e l'associazione ''Tavola per la pace'', Salima, Alexandra e i loro amici, Silvia, Marco e Daniele del ''Centro Otello Cirri'', Letteria, Monica che ci ha incontrati per il suo libro su Pontedera e tanti altri che forse ora non ricordo e me ne scuso, sinceramente.

Forse ho sbagliato quando ho chiamato i partecipanti al laboratorio ''studenti''. Per me sono tutti ''artisti'', anche se ''giovani'', come a volte sono definiti per questioni anagrafiche. Dunque, chiamiamoli ''giovani artisti''. E auguriamo loro ''buona fortuna''. Tutti questi ragazzi hanno dimostrato di essere capaci di lavorare insieme in gruppo ad un progetto comune. Non da ''star'' né da ''assistenti'', ma come gruppo unito di persone rispettose ciascuna dell'individualità degli altri. Sono entrati completamente in una realtà, si sono coinvolti e sono stati capaci di dare ad essa una risposta creativa. Mi riferisco alla realtà degli immigrati e dei loro problemi di casa, che era l'argomento del progetto. Mi riferisco ai loro sogni, alle loro reali condizioni di vita. I partecipanti sono stati abbastanza aperti da abbandonare certe idee o modelli per trovare insieme risposte più significative alle domande poste. Sono rimasto sorpreso di tutto ciò al momento. Ma adesso... sospetto che tutto sia stato come è stato grazie al silenzioso rispetto ed alla bravura di Gülsün, che sempre guardava, ma mai controllava. ''Io non voglio essere il capo'', ha detto qualche giorno fa. Penso che questo sia più di quanto sia sufficiente per un laboratorio e forse sia abbastanza - se non ottimale - per qualsiasi manifestazione del genere [è qualcosa su cui dovrò meditare molto]. I nomi dei giovani artisti sono: Daniela, Massimiliano, Luca, Debora, Greta, Caterina, Elisabetta, Martina e Zeynep (di Saci). Grazie anche alla scuola di Saci e, in particolare, a Mary, David e Bruno per il loro aiuto e per averci capito.

Questa opportunità ha offerto un'esperienza estremamente importante ai giovani artisti e i loro curatori. Per la sua concezione dobbiamo ringraziare Arianna (de ''Il Manifesto'') e Daniele (di ''Archivio Giovani Artisti'') per il loro impegno. Spero che Daniele continuerà e riuscirà a trovare i soldi per l'anno prossimo. Sono convinto che sia un'impresa meravigliosa e necessaria per l'arte, per gli artisti, per la gente, per il territorio e per l'amministrazione. Un'esperienza piena di impegno, di libertà e anche - perché no? - di divertimento.

6) Le uniche difficoltà, per lo più tecniche o logistiche, che abbiamo incontrato sono state quelle legate ai nostri limiti linguistici. Per questo l'unica cosa che voglio dire oggi è che dobbiamo tutti migliorare le nostre capacità di parlare altre lingue, lingue comuni, per capirci meglio, e mi scuso per tutti gli errori e le inevitabili incomprensioni che si hanno quando persone che parlano lingue diverse cercano di dialogare tra loro.
''I limiti del mio mondo sono i limiti della mia lingua'' ha detto Wittgenstein.

INCROCI
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