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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 17 Numero 181 settembre 2002



Il Futuro prossimo venturo

Deyan Sudijc

La Biennale di architettura a Venezia



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Peter Eisenman, progetto di lobby per il teatro della Citta' della cultura, Galizia a Santiago de Compostela (Spagna)

David Adjaye, progetto di atrio per la Tower Hamlet a Londra

Venezia ospita per l'ottava volta la Biennale di architettura: un appuntamento con gli edifici in cui vivremo negli anni a venire.
Ce ne parla qui il curatore.

IL FUTURO PROSSIMO VENTURO
di Deyan Sudijc

È per due ragioni che Venezia è importante per l'architettura. In primo luogo, perché aggiungendo l'architettura al proprio repertorio e dunque estendendo a questo ambito, fin dal 1980, parte del prestigio conquistato, la Biennale ha dato un impulso vigoroso a una disciplina che rischiava di divenire sempre più isolata e relegata ai margini. Molto tempo prima che la Biennale di Whitney e Documenta di Kassel iniziassero timidamente a coinvolgere gli architetti nei loro regni, Venezia accoglieva l'architettura come un interlocutore necessario all'interno di un più ampio dibattito culturale.
La seconda ragione consiste nel fatto che non vi è nient'altro che assomigli alla Biennale di architettura di Venezia. In nessun'altra mostra è possibile vedere una così ampia e ricca gamma di creatività diverse nell'ambito dell'architettura, riunite in un unico luogo e in tali proporzioni.
Per questi motivi mi è stato impossibile rifiutare l'invito fattomi dalla città di Venezia a ricoprire l'incarico di direttore della VIII Mostra internazionale di architettura. Naturalmente, vi erano anche molte ragioni per essere cauti. Il tempo, tanto per cominciare. Essere nominato soltanto all'inizio di novembre del 2001 direttore di una mostra decisamente ambiziosa, che doveva aprire appena dieci mesi dopo, spaventava. Questo il principale problema di ordine pratico. A ciò si aggiungeva l'ancora più difficile questione di come affrontare - dal punto di vista concettuale - l'allestimento di una mostra di architettura.
L'architettura, come è noto, è materia che crea problemi quando la si vuole esporre in una galleria; si corre il rischio di presentare una carrellata di vecchi maestri su cartoline illustrate, e di offrire una sbiadita rappresentazione di qualcosa che nella realtà possiede una presenza fisica ben più efficace. Ma se si tenta un approccio diverso ci si trova a dover fare i conti con un'altra serie di problemi: se fornisci a un architetto la possibilità di progettare un'installazione in una galleria per mostrare il proprio lavoro quasi sicuramente tenterà di trasformarsi in un artista, più o meno incompetente.
D'altra parte, ero e sono fermamente convinto che questa Biennale debba occuparsi di architettura - e anche di edilizia - più che di qualsiasi altra cosa. Ed è questo che mi ha portato all'idea di una mostra che ho voluto chiamare Next. Next nel senso di uno sguardo sulla porzione di futuro che siamo in grado di predire con certezza, dato che è già stato concepito.

IDEE PER DOMANI

Osservare edifici progettati, ma ancora incompleti, offre la possibilità di esplorare le idee che definiranno l'architettura nel prossimo futuro. E vista la gran quantità di sforzi, energia e ricerca profusi nel progetto di un edificio che sarà poi realizzato, esso offrirà maggiori dettagli e materiali di un qualsiasi programma teorico o di una qualsiasi installazione.
Non è possibile inventare un nuovo movimento architettonico ogni Biennale. Ma credo che questa, in particolare, sia un'occasione per esplorare quei concetti base che continuano a informare, e sempre informeranno, l'architettura. Si tratta di ciò che è materiale e concreto. Gran parte del pensiero contemporaneo sull'architettura sembra diretto a individuare nuovi modi per ricavare qualcosa che sia coerente, tangibile e dignitoso dalle banali qualità delle moltissime tecniche di costruzione oggi utilizzate. Questo è il motivo per cui abbiamo posto molta attenzione nel presentare prototipi di grandi dimensioni realizzati durante la progettazione del rivestimento e delle componenti di un edificio.
Nello studio di Peter Zumthor sulle Alpi svizzere, come nell'ufficio di Frank Gehry appena fuori dalla strada che porta alle spiagge di Santa Monica, o negli uffici lungo il Tamigi di Norman Foster, nonostante l'enorme differenza riguardo alla scala, ai metodi di lavoro e alle ambizioni estetiche, si scopre non un'esplorazione del mondo virtuale ma un'accurata analisi dei materiali, delle loro caratteristiche e proprietà. Tutti e tre imparano guardando, sentendo e toccando; mettendo assieme legno e piombo, cemento e vetro, e prendendosi il tempo necessario per studiarne l'interazione fin nei minimi dettagli. Questo è il motivo per cui la Biennale ha portato a Venezia un enorme modello in cemento che Zumthor ha costruito per analizzare le caratteristiche del museo diocesano di Colonia. Ed è lo stesso motivo per cui si è costruita la porzione di muro realizzata con mattoni speciali che conferiranno al museo un carattere particolare.
Per la stessa ragione, la torre Agbar di Barcellona di Jean Nouvel e la biblioteca di Torino di Mario Bellini sono presentate con modelli e disegni oltre che con segmenti in scala 1:1 dei materiali effettivi con cui saranno realizzate.

SPAZIO PER I PROGETTI

La nostra Biennale ha per obiettivo i progetti, non gli architetti. Invece di offrire agli architetti lo spazio per un'installazione - esercizio in cui si corre il rischio di creare un supermercato o un centro commerciale con padiglioni che fanno a gara l'uno con l'altro per catturare l'attenzione - la mostra ha un unico designer e un unico curatore. Non perché voglia presentare un solo punto di vista sull'architettura (viviamo in un'epoca pluralista), ma vi è un principio organizzatore che unifica il tutto.
I progetti sono presentati secondo la tipologia di appartenenza nel tentativo di fornire un'istantanea delle nuove idee in vari settori dell'architettura: l'abitazione, il lavoro, i musei, l'istruzione. Vi è anche una sezione dedicata ai piani urbanistici che ha il suo vertice nei progetti per la ricostruzione dell'area del World Trade Center di New York. E si indaga anche il modo in cui l'architettura viene usata dalla chiesa e dallo stato per esprimere il senso di identità nazionale.
Enric Miralles, per esempio, il giovane architetto catalano tragicamente scomparso due anni fa in un incidente, è presente con il progetto del nuovo Parlamento scozzese che si sta costruendo adesso a Edimburgo. Ciò dà un'idea esatta di cosa significhi l'architettura al servizio della creazione dell'identità nazionale. Per la Scozia, vista la relazione ambigua con l'Inghilterra, la scelta di un architetto catalano - che appartiene cioè a uno dei gruppi nazionali più ristretti d'Europa, e che negli ultimi anni ha goduto di un notevole prestigio - non è frutto del caso. E il progetto di Miralles è stato concepito in modo da non replicare il modello con cui presumibilmente si paragona, ovvero Westminster, dove gli opposti schieramenti politici siedono l'uno di fronte all'altro su una serie di banchi paralleli che si affacciamo su un simbolico spartiacque della larghezza di due spade. A Miralles fu invece chiesto di progettare un'aula parlamentare all'apparenza meno polarizzata, arcuata secondo l'uso dei paesi dell'Europa continentale.

GRATTACIELI IN SCALA

L'unica eccezione che abbiamo fatto alla presentazione di progetti autentici è la sezione dei grattacieli. In questo caso dieci architetti sono stati invitati a progettare grattacieli di 100 piani, realizzati per l'occasione grazie all'aiuto di Alessi sotto forma di modelli, in scala 1:100, che raggiungono i quattro o cinque metri di altezza. In un certo senso sono una risposta a Paolo Portoghesi che, alla prima Biennale di architettura, riunì un gruppo di architetti per progettare la Strada Novissima, una strada che è stata vista come l'apice del postmodernismo.
La Biennale in questa edizione intende affrontare e tentare di risolvere alcune delle difficoltà che si presentano, in fondo, a mostre di ogni tipo. E' concepita per evitare il pericolo di divenire estenuante, eccessiva e confusa. E' progettata avendo in mente il visitatore e con l'intenzione di comunicare e coinvolgere. E' una Biennale incentrata sulle idee e sulle cose.

L'VIII Biennale internazionale di architettura, Next, si svolge negli spazi dell'Arsenale e dei Giardini di Castello a Venezia dall'8 settembre al 3 novembre 2002 (orario 10-18; call center 899-909090; prenotazioni 041-5218820; infogruppi@biennale.com; www.labiennale. org). Partecipano oltre cento studi di architettura (da Renzo Piano a Gehry, da Foster a Zaha Hadid, Isozaki, Hollein, Fuksas, Rogers, Zumthor) e trentacinque nazioni. Il catalogo è pubblicato da Marsilio.