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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 20 Numero 213 luglio/agosto 2005



Con gli occhi di Alice

Marina Pugliese



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Aldo Bergonzoni, Bambina che gioca (ante 1933), Milano, Civiche raccolte d'arte.

Mimmo Paladino, Senza titolo (1980), Milano, Civiche raccolte d'arte.

Lucio Fontana, Concetto spaziale (1959), Milano, Civiche raccolte d'arte.

La celeberrima fiaba di Alice nel paese delle meraviglie è lo spunto per presentare l'arte italiana del Novecento delle collezioni civiche milanesi attraverso una mostra dal taglio originale: in primo piano, l'ironia e il gioco, per coinvolgere anche i più piccoli. Ce ne parla qui la curatrice.

Nel 1951 la Disney realizza il film d'animazione Alice in Wonderland, decretando l'enorme successo dei due romanzi su cui è basato: Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio, scritti rispettivamente nel 1865 e nel 1871 dal reverendo Charles Lutwidge Dodgson, alias Lewis Carroll. La storia della bambina che cadendo in un buco nero accede a un mondo fantastico è oggi entrata a far parte del repertorio "classico" delle fiabe occidentali. In effetti, la storia propone tutte le categorie e i personaggi che lo studioso sovietico Propp individua all'inizio del Novecento come tipici e caratterizzanti della fiaba: un eroe che parte e viene sottoposto a una prova, uno o più aiutanti, che possono essere persone, animali od oggetti parlanti, la presenza dell'antagonista e infine quella dell'elemento magico. Alice nel paese delle meraviglie è una fiaba per i più piccoli, non c'è dubbio, scritta dall'autore proprio per le tre bambine Liddell. Tuttavia, già al momento della pubblicazione nell'Inghilterra vittoriana risultò chiaro il doppio intento di Carroll: una storia per bambini dietro la quale si cela, a occhi più attenti e più adulti, una seconda chiave di lettura, che coinvolge l'analisi logico-linguistica, matematica e inconsapevolmente psicanalitica.
Le diverse rielaborazioni dell'Alice, anche in anni recenti, ne confermano la poliedricità: la "hit" psichedelica dei Jefferson Airplane White Rabbit (1967), il video di Gary Hill Why do things get in a muddle (1985), l'animazione "noire" di Jan Svankmajer Alice (1987), la versione teatrale Alice vietato >18 anni (2003) del gruppo Fanny & Alexander.
Sulla falsariga dei romanzi di Carroll si articola il nuovo allestimento proposto dalle Civiche raccolte d'arte di Milano Alice nel Castello delle meraviglie. Il mondo fuori forma e fuori tempo nell'arte italiana del Novecento, che come questi si presta a due livelli di lettura: uno più propriamente storico-artistico e uno che sottolinea l'aspetto più ludico e divertente dell'arte contemporanea.
L'allestimento nasce da un iniziale progetto incentrato sulla questione delle dimensioni del tempo e della soglia nell'arte del XX secolo: un'occasione per presentare al pubblico una selezione di opere del Novecento delle collezioni civiche milanesi, dandone, come già nel precedente Riti di passaggio, una lettura originale.

le dimensioni, il tempo, la soglia

Il tema delle dimensioni è una sorta di implicito culturale nell'arte occidentale, tanto da essere sempre protagonista, ma mai davvero trattato analiticamente a livello storico e critico. È proprio nel corso del XX secolo, con la messa in discussione di tutti i postulati dell'arte del passato, che si avvia una riflessione sul tema dei formati. Se le avanguardie storiche mantengono sostanzialmente la tradizionale suddivisione tra pittura da cavalletto per i soggetti di genere e grandi dimensioni per i dipinti a tema religioso, agli inizi degli anni Cinquanta la rivoluzione pare avviata con le grandi tele degli espressionisti astratti. In realtà, come nota Rubin, un interessante antecedente era stato il Monet delle Ninfee: "I grandi tardo Monet costituiscono l'unico genuino precedente nella tradizione moderna per la pittu­ra di dimensioni a parete iniziata pio­neristicamente da Pollock, Rothko, Newman e Still agli inizi degli anni Cinquanta. Questi dipinti panoramici che spesso superavano venti e a volte raggiungevano quaranta piedi in larghezza, erano concepiti da Monet in quanto costitutivi di un mondo in se stessi (come si può esperire all'Orangerie) piuttosto che in quanto "finestra sul mondo", come è la tradizionale pittura da cavalletto"(1).
Un discorso analogo può essere fatto riguardo alla scultura di inzio secolo. Sebbene questa sembri privilegiare il piccolo formato in opposizione alla concezione monumentale e celebrativa ottocentesca, è proprio nella prima metà del Novecento, precisamente tra il 1938 e il 1939, che si colloca la Colonna infinita di Costantin Brancusi, modello ante litteram, come sottolinea Rosalind Krauss, della nuova concezione di scultura in scala monumentale che si avvierà negli anni Sessanta giungendo agli esiti della Land Art(2). La questione delle dimensioni si presta inoltre a un discorso articolato riguardo la riduzione dei formati o il confronto col reale nelle opere in scala uno a uno. Si pensi, solo per citare alcuni empi di particolare interesse, alla Boîte en valise del 1941 di Marcel Duchamp, alle sculture di Duane Hanson, alle macro sculture gonfiabili di Paul McCarthy e ancora agli interventi minuscoli di Tom Friedman.
L'altra grande categoria che percorre l'arte del Novecento è quella del tempo: dalla simultaneità dei punti di vista promulgata dal cubismo all'accelerazione dinamica futurista, all'incanto metafisico, fino alle Nuove avanguardie, in cui non è più l'arte a descrivere il tempo, bensì viceversa: l'opera video ha una durata prestabilita, la performance ha un inizio e una fine. E ancora, il tema della soglia, sia il buco nella tela che allarga l'opera allo spazio circostante, sia lo specchio che lo ingloba, così come introduce il visitatore al proprio interno.
Proprio dall'analisi di queste tematiche fondamentali, che nel corso del Novecento vengono rivoluzionate aprendo una nuova via all'arte, nasce l'allestimento proposto dalle Civiche raccolte d'arte.

il castello delle meraviglie

La rielaborazione dell'allestimento iniziale parte dall'esigenza di comunicare l'arte contemporanea a un pubblico vasto e composito come quello del Castello sforzesco, pur mantenendo valido il postulato scientifico dato dall'analisi della questione delle dimensioni, del tempo e della soglia. I temi trattati da Carroll si prestano perfettamente a una metafora all'interno del mondo dell'arte del Novecento e di quella più propriamente contemporanea: lo sfalsamento dimensionale, la realtà trasfigurata, la relatività del tempo. Alice nel Castello delle meraviglie risponde quindi a due fondamentali esigenze: quella di esporre alcune opere che da anni non sono visibili nella città di Milano e quella di proporre un taglio originale che possa raggiungere l'obiettivo, certo ambizioso, di facilitare l'approccio al mondo dell'arte contemporanea sia ai più piccoli, sia al pubblico adulto che, proprio per la complessità degli argomenti, ne è solitamente escluso.
Ed è proprio Alice a guidarci all'interno del Castello delle meraviglie...
Per un po' la tana si prolungava come una galleria, ma a un certo punto sprofondava all'improvviso, tanto all'improvviso che Alice non ebbe neanche un momento per pensare di fermarsi; e si trovò a precipitare per quello che pareva un pozzo assai profondo.
Lo spettatore entra nell'allestimento attraversando metaforicamente un buco, rappresentato dalla tela di Dadamaino Volume. È l'ingresso in un mondo magico e allo stesso tempo introduce il tema fondamentale del superamento della superficie bidimensionale del quadro a partire da una tela sagomata, memore della lezione spazialista di Lucio Fontana.
"Che strana sensazione" disse Alice. "Direi che mi sto richiudendo come un cannocchiale". Ed era vero. Adesso era alta soltanto venticinque centimetri [...].
Alice rimpicciolisce e si ritrova in uno spazio dove tutti gli oggetti sembrano enormi, fuori misura. All'inizio degli anni Cinquanta gli espressionisti astratti recuperano le dimensioni della pittura murale e quelle dei dipinti di soggetto storico o religioso, realizzando enormi tele astratte, che saranno poi riprese dagli artisti pop e, in chiave figurativa, da quelli della Transavanguardia italiana negli anni Ottanta. Attraverso le tele di Gastini, Paladino, Turcato e Boetti, tra gli altri, il visitatore è guidato in una riflessione sul formato extralarge e sulla ripetizione seriale come ripresa del tradizionale modello medievale del trittico e del polittico, e può "spiare", come Alice che intravede un giardino alla fine di un lungo corridoio, una serie di paesaggi, naturali. Solo in un secondo momento gli sarà permesso di accedere alle opere di Morandi, Balla, Dottori, Morlotti, Oriani e Cavaliere.
"Stranissimissimo" gridò Alice (dalla sorpresa aveva momentaneamente dimenticato le regole della grammatica). "Mi sto allungando come il cannocchiale più grande che sia mai esistito! Addio, piedi!".
Il percorso conduce lo spettatore all'interno di un micromondo, una sorta di casetta a misura di bambino dove sono collocati alcuni capolavori dei maestri di inzio secolo: Gino Rossi, Boccioni, Morandi, Sironi, accomunati dalle dimensioni ridotte, circa 30 x 20 cm. Due opere di Fontana e Manzoni, del 1959 e 1960, seppure successive cronologicamente, sono testimonianza dell'uso domestico e intimo riservato all'epoca ai dipinti di piccolo formato, in questo caso provenienti dalla collezione, donata al Comune di Milano, dei coniugi Boschi - Di Stefano.
Dal micromondo si passa a una sorta di "mercato" che mette in mostra una serie di prodotti di vario genere: una fotocopiatrice di Loris Cecchini, un orticello di Piero Gilardi, una zebra impagliata di Merz. La scala del reale viene rispettata: gli oggetti sembrerebbero ricondurci nuovamente al mondo della realtà, ma la realtà è ancora una volta quella del mondo al di là dello specchio, quella trasfigurata dell'arte. L'oggetto decontestualizzato e privato della sua funzione diviene, secondo la lezione di Duchamp, opera d'arte.

la meditazione sul tempo

La seconda sezione dell'allestimento prende in considerazione uno degli aspetti fondamentali dell'arte del Novecento: la meditazione sul tempo. La Regina rossa di Attraverso lo specchio guida Alice in un mondo nel quale convivono più dimensioni temporali: bisogna correre velocissimo per muoversi anche di un solo passo (cioè una mossa degli scacchi) o rimanere immobili in un tempo incantato, in cui lo stesso giorno si ripete senza cambiare.
Intorno agli anni Dieci, in concomitanza con le teorie cubiste, i futuristi elaborano una peculiare poetica e una nuova iconografia basata sull'esaltazione del tema della velocità, della macchina e del progresso. Il tema del tempo accelerato è quindi affidato ad alcuni capolavori futuristi appartenenti alle Raccolte d'arte: Boccioni, Carrà, Balla, Dottori, Bruschetti, Severini.
Nello spazio successivo il tempo è inesorabile, ma lento, distillato, incantato. L'allestimento sembra riprendere l'atmosfera sospesa della Natura morta con manichino di Morandi. Il tempo si è bloccato nei paesaggi e nelle nature morte metafisiche, così come nei movimenti congelati della Signorina seduta di Fontana e della Cariatide di Sironi.
"[...] ti dirò come la penso a proposito della Casa dello Specchio. Prima di tutto c'è la stanza che puoi vedere dall'altra parte del vetro. È uguale al nostro salotto, solo che le cose sono all'incontrario..... E poi i loro libri sono un po' come i nostri solo che le parole vanno per l'altro verso [...]".
Seguendo la ragazzina bionda serigrafata sullo specchio di Pistoletto siamo guidati all'uscita. Allo stesso tempo lo specchio ci introduce nell'opera e ci conduce a un'altra dimensione. L'uscita è quindi nuovamente un passaggio a un'altra dimensione. Forse quella del ritorno alla realtà.
"No, no! Prima le avventure" disse il Grifone con impazienza "sono sempre così lunghe e noiose le spiegazioni".
Un'attenzione particolare è stata riservata alla didattica per l'infanzia. Con la collaborazione del personale specializzato dell'Assessorato Educazione e Infanzia vengono proposti percorsi e laboratori per i bambini della scuola materna che sono dotati all'ingresso di un proprio sacchettino contenente "oggetti magici" evocativi delle tematiche trattate in mostra e guidati a muoversi nello spazio adeguandosi ai tempi e alle dimensioni delle stanze. Per i bambini delle elementari e delle medie sono attivi laboratori a cura di Marta Ferina, dove si rielaborano le suggestioni delle opere viste realizzando con materiali vari e di recupero e con diverse tecniche di assemblaggio e collage un proprio paesaggio o un personalissimo "castello delle meraviglie".