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Art e Dossier (2003 - 2005) Anno 19 Numero 197 febbraio 2004



Charles Demuth

Guido Bartorelli

Un'araldica americana



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Charles Demuth, Poster Portrait: Marin (1926), conservato presso la Beinecke Rare Book and Manuscript Library della Yale

Demuth, Business (1921), conservato all’Art Institute di Chicago

. Charles Demuth, I Saw the Figure 5 in Gold (1928), conservato al Metropolitan Museum of Art di New York

Dopo un confronto con gli esiti del cubismo europeo, Charles Demuth approda al
precisionismo, pittura di architetture industriali, dove indaga la logica della“civiltà delle macchine”. Apice della sua produzione sono però i Poster Portraits, ritratti simbolici di alcuni amici pittori, primo esempio della svolta dell’arte americana verso la Pop Art. Rampollo di una famiglia benestante, Charles Demuth si puo’ dedicare alla pittura senza
l’assillo del guadagno, compiendo ad appena ventiquattro anni, tra il 1907 e 1908, quel soggiorno a Parigi che molti suoi connazionali, tra i quali Stuart Davis, si possono permettere solo in eta’ di avviata carriera. Cosi’, qualche anno in anticipo sull’approdo in America dell’arte di avanguardia, coinciso con l’Armory Show del 1913, Demuth mastica gia’ i nuovi linguaggi dell’arte, in particolare quello francese del fauvismo. Questa precocita’ lo introduce nell’ambiente della 291 Gallery di Alfred Stieglitz, attivissimo animatore della
scena artistica di Manhattan e tra i pochi a essere costantemente aggiornato sulle novita’ parigine. Il decennio trascorre senza evoluzioni sensibili, tra acquerelli a tema floreale e vaudeville, fino al 1917, quando Demuth trascorre qualche mese alle isole Bermuda incompagnia di Marsden Hartley, pittore del Maine. Questi ha gia’ assimilato il cubismo, chenel frattempo aveva rivoluzionato il corso dell’arte europea e che il nostro non ha ancora
recepito. Contribuisce a sollecitare Demuth nella nuova direzione anche l’incontro con Albert Gleizes, cubista francese tra i piu’ titolati, di passaggio alle Bermuda giusto in quel periodo. Le sue geometrie sono piu’ morbide e aneddotiche rispetto ai tritumi analitici di un Picasso o di un Braque e ben si adattano alla forma mentis dell’americano, desiderosa di modernismo, ma anche restia a sofisticazioni eccessive. Il frutto di tali esperienze prende forma in una serie di vedute marine ad acquerello, tra le quali si veda Bermuda No. 2, the Schooner. La composizione è costituita da un placcato di superfici appuntite e taglienti, come i frammenti di un vetro infranto, segnate da profili netti, che delineano e allo stesso tempo destrutturano la sagoma dell’imbarcazione. Le tinte sono chiare, trasparenti e ancora ci fanno pensare a una sostanza cristallina picchettata di sfumature, come se la pasta vetrosa presentasse punti di maggior densità. Ne risulta un’intricata compenetrazione di piani, i contorni dei quali si prolungano nell’ambiente circostante, mentre questo, a sua volta, si incunea nella figura centrale, tagliandola a fette.

Architettura a olio
Nei lavori successivi, Demuth sfoltisce un poco per volta l’intreccio lineare e compatta la cromia, passando coerentemente dalla tecnica dell’acquerello alla tempera e infine all’olio. I soggetti, da parte loro, si stabilizzano sulla tipologia dell’architettura industriale, in omaggio al nuovo paesaggio americano e, in particolare, di Lancaster, città natale di Demuth. Dal punto di vista stilistico, questi temi si rivelano quanto mai adatti, offrendo di per sé una salda strutturazione per piani, che permette alla composizione geometrica di mantenersi aderente al soggetto. Esemplari sono In the Province, Machinery, Paquebot “Paris” e Nospmas. M. Egiap Nospmas. M., databili tra il 1920 e 1921, ove la morfologia a incastro, con qualche vistoso inserto convesso, coincide con la sequenza di silos, tetti e ciminiere. Demuth approda così al cosiddetto Precisionism, stile che accomuna, pur in modo del tutto liberi e indipendenti, questa produzione con quella di altri pittori statunitensi, quali Charles Sheeler, Ralston Crawford, Peter Blume. La “precisione” consiste appunto nella sicura definizione delle forme e nell’esatto collidere di queste con la figura, in modo che ne derivi una nitidezza impersonale, conforme alla logica della civiltà delle macchine. Il precisionismo di Demuth, in particolare, con le sue zoomate sparate sulle architetture, che cancellano il sentore della lontananza prospettica, con i suoi caratteri tipografici, che instillano il dubbio se si tratti della rappresentazione di insegne osservate sul motivo o non piuttosto di una scrittura autonoma, potrebbe rientrare a pieno titolo tra le varie versioni dell’Arte Meccanica sviluppate in Europa da Léger, da Ozenfant e Jeanneret, dai secondi futuristi, tutte caratterizzate, per dirla con Filippo Tommaso Marinetti, dalla «precisione felice degl’ingranaggi e dei pensieri bene oliati»(1). Lo dimostra un dipinto quale Rue du Singe Qui Pêche, eseguito nel 1921 durante un nuovo soggiorno parigino, in cui l’allarmante pendenza dei caseggiati sembra cercare un confronto diretto con l’opera di Léger. Business, ancora del 1921, ci squaderna la frontalità assoluta di un soggetto già di per sé piano, un calendario, introducendo così la pratica del ricalco uno a uno, privo di scorcio, un po’ come quella che, in perfetta sincronia, andava praticando Davis. Dopodiché, sempre in quell’anno, Demuth è colpito da una grave forma di diabete, che lo debilita a tal punto che per due anni non è in grado di dipingere.

I poster portraits
Alla ripresa ecco gli straordinari Poster Portraits, quattro pannelli di cartapesta dipinti a poster paint, un pigmento opaco, a base di acqua, dall’effetto simile alla tempera, che’’ritraggon’’ per mezzo di simboli, un po’ al modo dell’araldica medievale, altrettanti pittori della cerchia di Stieglitz: Georgia O’Keeffe, Arthur Dove, Charles Duncan e John Marin; oltre a questi, Demuth ne ha interrotti tre allo stadio di bozzetto, dedicati a Marsden Hartley e agli scrittori Wallace Stevens e Eugene O’Neill. Connessi ai
Poster Portraits per il genere del ritratto simbolico, anche se la tecnica non e’ piu’ il poster paint, sono gli oli Calla Lilies (Bert Savoy), in memoria di un’attrice di vaudeville scomparsa nel 1923, I Saw the Figure 5 in Gold, dedicato al poeta William Carlos Williams, Longhi on Broadway, il cui soggetto non è stato decifrato, e Love, Love, Love (Homage to Gertrude Stein). Nessun’opera del tempo osa sposare l’immagine banale, di consumo, quanto i Poster Portraits. Demuth rappresenta il primo, precocissimo caso di un intellettuale d’elite che si arrende senza condizioni alla creatività ‘’popular’’ propagata dai mass media, ricavando da essa la propria iconografia. La gerarchia tra le arti ‘’belle’’ e quelle al servizio dell’industria sembra ribaltarsi. Tale episodio ne inaugura una lunga serie, di capitale rilevanza per l’arte e la cultura attuali, che vede gli artisti attingere a piene mani dalle invenzioni sempre piu’ audaci e sofisticate di pubblicitari, designer, art director e cosi’ via. Superfluo ricordare che il rovesciamento definitivo e’ operato dalla Pop Art. Le composizioni dei Poster Portraits sono quasi tutte costituite da fondali a fasce, a volte intersecate a configurare scacchiere, come nel bozzetto per Stevens, dalle quali spiccano i protagonisti veri, gli stereotipi, in una dialettica figura-sfondo che fa tesoro del modo in cui le affiches reclamizzano il prodotto, conferendogli il massimo risalto visivo. In alcuni casi Demuth tratta l’icona in modi stilizzati, planari, potremmo dire ‘’araldici’’ nell’accezione stilistica del termine: si vedano le onnipresenti lettere, i numeri, le stelle e la freccia dello stupefacente ritratto di Marin, che tanto richiama una bandiera(2). Il piu’ delle volte, invece, l’icona e’ descritta in modi icastici: la pianta (O’Keeffe), la falce (Dove), i fiori di calla (Calla Lilies), la maschera (Love, Love, Love). Diversamente dalla pubblicita’, il significato di questi stemmi e’ volutamente criptico, perche’ essi sono fatti per essere intesi da un ristretto numero di persone. I Saw the Figure 5 in Gold, per esempio, si ispira alla lirica The Great Figure di Williams, che evoca la visione di un’autopompa dei vigili del fuoco, sfrecciante a sirene spiegate in una notte di pioggia, sulla cui carrozzeria si staglia il «5» dorato del numero di matricola(3). Il dipinto e’ un capolavoro, proiettato verso soluzioni posteriori di decenni, tanto che Robert Indiana, nel 1963, vi ha voluto tributare il giusto omaggio con The Figure 5(4). Va annotato, pero’, che opere come Calla Lilies e Longhi on Broadway sembrano staccarsi dall’iconografia pre-pop per tuffarsi in una figurazione oleografica, tradizionale, tranne per il fatto che la figura continua a posare sospesa su di uno sfondo neutro, privo di ambientazione prospettica, che richiama i “realismi magici” europei o addirittura quelli che saranno gli esiti tipici di Magritte. Ma e’ anche vero che un certo magrittismo e’ tutt’altro che estraneo alla stessa Pop Art.

Ritorno a l precisionismo
Dell’eccezionalità dei Poster Portraits è pienamente consapevole lo stesso
Demuth, che a essi si affida – precisamente a O’Keeffe, Dove, Duncan e Hartley – quando Stieglitz decide finalmente di concedergli un’opportunità espositiva: l’Alfred Stieglitz Presents Seven Americans, tenutasi nel marzo 1925 alle Anderson Galleries di New York. La scelta si ripete in occasione della personale della primavera del 1929 a The Intimate Gallery, dove vengono esibiti, tra gli altri, I Saw the Figure 5 in Gold, Longhi on Broadway e Love, Love, Love.
Forse perche’ scottato dall’insuccesso di critica, dopo questa mostra Demuth dedica gli ultimi anni della sua vita – muore nel 1935 – a una produzione piu’ moderata, che riedita le vedute industriali precisioniste – si veda Buildings Abstraction, Lancaster –, con l’ulteriore normalizzazione data dal fatto che ora l’inquadratura si e’ allargata a inglobare vaste fette di paesaggio, che si lasciano ingabbiare nel canonico sistema prospettico a piramide rovesciata.