L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Around photography (2004-2009) Anno 2 Numero 4 gennaio-marzo 2005



Conrad Shawcross

di Gyonata Bonvicini



riverberi dalle immagini infocinevideofotografiche
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Marcello Galvani
Roberto Maggiori
n. 14 novembre 2008 - aprile 2009

Talking about Biennals
Elvira Vannini
n. 13 maggio-ottobre 2008

The Demanded Cave
Anna Lovecchio
n. 12 novembre 07- aprile 2008

Fake Movement
Clara Carpanini
n. 11 marzo-giugno 2007

Tachiguishi Retsuden
Francesco Di Chiara
n. 10 novembre - febbraio 2006

La fotografia entropica di Robert Smithson
Pier Francesco Frillici
n. 9 Maggio - Settembre


Conrad Shawcross, Light Perpetual

Conrad Shawcross, The End of Particular

Conrad Shawcross, Pre-Retroscope at BG

Che relazione può esserci fra la teoria fisica delle corde e la fotografia in bianco e nero di una giovane donna che si tuffa nel mare in una giornata estiva? I lavori di Conrad Shawcross svelano il loro senso più nascosto solo rispondendo a domande paradossali come questa.

È probabilmente difficile valutare nelle sue reali dimensioni il fenomeno Shawcross fuori dall'Inghilterra. Raramente è capitato che un giovane artista abbia catturato l'attenzione generale in un tempo così limitato. Si pensi solo che la sua prima personale alla galleria Entwistle, lo scorso anno, è stata acquistata in blocco dal potentissimo Charles Saatchi e segnalata fra le migliori dieci mostre del 2003 nel numero di dicembre di Artforum. A questo hanno fatto seguito l'invito a Manifesta 5 e due importanti personali al National Maritime Museum di Londra ed alla Walker National Gallery di Liverpool programmate fra la fine del 2004 e la primavera del 2005. Senza contare il suo passaggio, nell'autunno di quest'anno, alla Victoria Miro Gallery, una delle principali gallerie londinesi.
Ma torniamo alla prima domanda. Il titolo della fotografia in questione è The End Of The Particular; si tratta di un'immagine trovata e semplicemente ribaltata. Un'istantanea che cristallizza un frammento di tempo intorno alla metà del secolo scorso. La stampa in bianco e nero coglie l'intimità di un ricordo famigliare, e il ribaltarne la prospettiva definisce una zona intermedia dove il privato diventa metafora di un mutamento epocale. Si tratta, in realtà di una complessa e radicale inversione di prospettiva. Shawcross omette ogni accenno al contesto ed alla storia sottesa all'immagine, facendola vivere nella più totale autonomia. Crea così un sistema in cui passato e presente sono divisi da barriere invisibili e invalicabili. La storia del pensiero scientifico e filosofico contemporaneo è, infatti, segnata dalla progressiva presa di coscienza di un inesorabile dileguarsi delle certezze, dei fondamenti teorici e pratici del sapere. In The end of the particular, la fotografia viene ribaltata perché dal momento in cui è stata scattata ad oggi, il mondo e le relative proiezioni filosofiche hanno subito un radicale mutamento. Tutte le categorie del pensare e dell'agire scientifico e filosofico, idee e concetti ritenuti immutabili come il tempo, lo spazio, il rapporto tra cause ed effetti, sono stati messi alla prova. Ad una nuova Weltanschauung corrisponde, quindi, un ribaltamento completo di ciò che era prima.
Il lavoro di Shawcross non è fatto solo di delicati slittamenti concettuali, ma si delinea anche in una dimensione dove il progetto e la macchina assumono un ruolo primario. E in tal senso la fotografia può rivestire sia un carattere documentario sia interpretativo. Un esempio di questa duplice prospettiva è dato da Light Perpetual, un grande congegno slegato da ogni funzionalità pratica. Solo una determinata velocità del meccanismo consente alla lampadina posta sull'estremità della struttura di trasformarsi in un flusso continuo di luce che traccia nell'aria geometrie complesse. Ancora una volta convivono registri differenti: da un lato la macchina, con i suoi rumori e i suoi movimenti secchi fatti di legno grezzo e metallo, dall'altro il principio teorico che tenta di rappresentare. Velocità, ritmo, passaggi di stato e scavalcamenti dimensionali dati dal movimento, infatti, non sarebbero altro che una trasposizione grafica della teoria delle corde: teoria ipotizzata per conciliare due settori delle fisica moderna, la relatività generale di Einstein e la meccanica quantistica. La teoria delle corde è rappresentata come loop di energia. Scopo di questo progetto è uscire dalla meccanica della rappresentazione per convogliare gli stessi concetti in un altro tipo di linguaggio.
L'opera diventa, quindi, un meccanismo complesso, creato e progettato, ma dotato di vita propria. L'apparente vicinanza alle macchine rinascimentali o a quelle della rivoluzione industriale non fanno dei lavori di Shawcross una nostalgica rivitazione del passato, ma una proiezione nel futuro attraverso l'eterna volontà di rappresentare lo spazio e il tempo. Solo nella variazione, infatti, un oggetto mostra il suo vero aspetto, come l'uomo esperisce la realtà solo attraverso la categoria temporale. Attraverso una nuova coscienza della temporalità non è più l'oggetto finito lo scopo dell'artista, ma il suo divenire.
Per Schawcross il rapporto con la macchina è estremamente stratificato: vi sono accenni alle macchine rinascimentali, da Leonardo da Vinci a Francesco di Giorgio Martini, ma anche alle prime strumentazioni del periodo industriale. L'aspetto ingegneristico è però sempre deviato verso un elemento di vertigine e caos. Si pensi al progetto Lea River Dusk. Ancora una volta la rappresentazione del tempo e della durata determina uno stato di continua instabilità. Si tratta di una piccola barca su cui è stata montata una struttura circolare girevole; sopra di essa l'artista ha collocato una telecamera che riprende ciclicamente tutta la zona circostante. In galleria, al posto della telecamera è stato posto un proiettore che, su un piccolo schermo in movimento, presenta il punto di vista della persona idealmente collocata al centro della barca. La struttura del video si sviluppa in conformità con il moto della struttura circolare che è stata installata sulla barca. Una visione a 360 gradi del paesaggio industriale dell'East End londinese, fatto di canali, magazzini in disuso e strutture fatiscenti. Il valore ambientale è, dunque, soggetto ad una mappatura che segue un preciso ritmo spazio-temporale. In questo modo l'artista mette in discussione i meccanismi della visione, e i fattori che ne determinano libertà e controllo.
Un progetto analogo è stato realizzato anche per la più vasta dimensione del mare con una documentazione fotografica di Anja Niemi. Il titolo è Pre-Retroscope at B.G. Qui la relazione con l'ambiente è ancora più radicale e la fragile struttura della barca-scultura sembra del tutto inadeguata per affrontare una natura dominante e sublime. Il rimando all'ultimo progetto di Bas Jan Ader è inevitabile, anche se completamente differenti sono le intenzioni. Per Shawcross il mare diventa una metafora dell'isolamento in cui la tecnologia pone l'uomo contemporaneo.
Concludiamo con l'opera più recente, che sarà presentata a breve al National Maritime Museum. Si tratta di una rielaborazione in grandi dimensioni di Loop System 3, una scultura in legno spiraliforme che gira all'infinito su se stessa. Loop System, dimostra come la concezione lineare del tempo sia stata sostituita da una ciclica; un ciclo che può essere determinato dalla velocità e da questa modificato. La struttura rappresenta una regione di spazio in cui a ciascun punto corrisponde un ben determinato valore di una grandezza e dove il principio dell'interazione elimina ogni struttura gerarchica fra i singoli elementi. Ancora una volta, non vuole esservi nessuna intenzionalità evocativa, di rappresentazione, e tanto meno di esaltazione o esorcizzazione ironica dell'oggetto o della macchina. Gli oggetti rappresentano la materia del fare disponibile a tutti e determinano la coscienza della casualità come struttura conoscitiva. Shawcross concentra la sua ricerca sullo schermo piano come dato fondamentale della esperienza percettiva, la sua però è una prospettiva rovesciata, basata sulla moderna concezione dello spazio di derivazione einsteiniana; non più il piano ma la curva, attraverso un processo di fenomenizzazione che va dal punto alla linea, dalla linea al piano, dal piano al volume.

Gyonata Bonvicini