Segno Anno 30 Numero 210 novembre-dicembre 2006
Dalla mostra alla galleria Oredaria di Roma
I "Racconti" di Alfredo Pirri sono opere che nascono dall'incontro fra figurazione e astrazione, fra levità e forza, fra realtà e finzione che si alternano e sovrappongono in un gioco sapiente di forme e colori.
La prima pagina è una lunga parete rossa che, con la sua mole imperiosa, chiude dalla porta di ingresso la prospettiva spaziale della galleria, e che attraverso quindici acquerelli dal titolo "Acque" racconta modi differenti della pioggia di scivolare sul vetro formando rigagnoli regolari che a volte si aprono in campi ampi e disordinati (Alfredo Pirri).
Oltre il muro si apre, con notevole sorpresa, un mondo di favole, di case di bambole, un mondo colorato di rosa.
Qui il contrasto fra levità e forma si fa più stringente, due grandi opere a parete raccontano "L'Aria" evocata da un vortice immobile di piume conciate e verniciate che nelle loro teche di plexiglas creano affascinanti giochi d'ombre colorate, al centro della sala "Le jardin fùerique" (dal titolo di un brano musicale del compositore Maurice Ravel) un nome dal sapore mitico per un'installazione "work in progress" in cui una lastra di specchio crea una sorta di lago virtuale sul pavimento della galleria, al centro un contenitore cubico trasparente imprigiona le piume dipinte di rosa che si riflettono sul loro luccicante supporto, la riflessione però sarà ogni giorno meno accurata e precisa dato che i visitatori camminando sulla lastra specchiata ne determinano anche la conseguente inevitabile frantumazione, ed è qui che il racconto apparentemente fatato, un racconto più rosa del rosa, si fa improvvisamente inquietante, è la lacerazione del velo di "Maja", della realtà dall'apparenza edulcorata e che invece nasconde dietro i luccichii gli orchi e i lupi cattivi.
Niente ci viene risparmiato da questo artista che svela i lati inquietanti del vivere dietro costruzioni esteticamente perfette, nell'opera "White cube", dal nome con cui furono definiti gli spazi espositivi modernisti, una serie di cubi sovrapposti bianchi e algidi, riconduce stilisticamente agli ambienti asettici studiati per esporre l'Arte contemporanea ma, avvicinandosi alle aperture praticate sui lati dei cubi, notiamo con un certo sgomento che, all'interno dei cubi, tanti piccoli esseri umani miniaturizzati fissano il vuoto delle pareti che li circonda come fossero bloccati nell'attesa che qualcosa accada.
Nella scultura "The house of rising sun" ( La casa del sole che sorge) un parallelepipedo diviso in vari ripiani dall'accattivante color rosa Barbie, che ricorda una casa di bambole elegantemente geometrica, minimale e postmoderna cela al suo interno l'orrore di una piccola folla di esseri umani immobili e passivi prigionieri di una sorta di maelstrom infernale di dantesca memoria. Il rosa, un colore bello e impossibile, troppo legato all'estetica dei bamboleggiamenti femminili per poter essere preso davvero sul serio, nelle opere di Alfredo Pirri diventa forte e potente come il nero più cupo, ed è qui che sta il gran finale della storia che l'artista inventa e racconta, tutto è il contrario di tutto e l'aria può essere pesante e l'acqua corrodere più di un acido.