Inside Art Anno 5 Numero 48 novembre 2008
Gerosa: pochissimi critici attenti alla creatività di Second life
Per parlare di arte in Second life bisogna avere uno spirito pionieristico e anche una buona dose di coraggio. Si tratta di un’arte che non è ancora stata legittimata, che non è entrata ancora nei canali ufficiali della cultura alta, di un’arte prodotta da personaggi che spesso non hanno famigliarità con il mondo delle gallerie, dei musei, delle grandi fiere internazionali.
A parte una ristretta minoranza di artisti già affermati nella vita vera, la maggior parte degli artisti che operano all'interno di Second life si sono resi conto di avere un certo talento soltanto frequentando il mondo sintetico dei Linden lab. Di colpo, all’improvviso, si è quindi riversata sulla scena artistica una folla di neofiti, perlopiù autodidatti, che propongono le loro opere su Flickr o nelle gallerie nate all’interno di Second life. Migliaia di artisti che producono quotidianamente centinaia di opere che nessuno si prende la briga di censire, una moltitudine di fotografie, installazioni, performance, video e architetture che rispondono agli stili più disparati, e che in ogni caso difficilmente sono rapportabili agli stili della realtà.
Queste opere, che rischiano di scomparire dall’oggi al domani, sempre in balia degli umori dei loro creatori, appaiono perse in un mare magnum in cui mancano le coordinate. Chi naviga a vista in internet, spostandosi alla ventura tra le pagine di Flickr, cercando possibili affinità elettive tra un artista e l’altro nelle sezioni di Koinup, non di rado si sente perso. Non esiste ancora un’intelaiatura critica per districarsi nell’arte di Second life. Finora pochissimi critici si sono avventurati tra le migliaia di pagine di Flickr costellate di opere e di commenti per cercare di porre le basi per un nuovo tipo di arte, che probabilmente potrebbe essere la “next big thing”, dopo il surrealismo pop, i writers e la street art.
Più facile liquidare sbrigativamente tutta la questione, dicendo che in fondo questa non è arte, relegando le sperimentazioni della gente comune nella terra di nessuno degli hobby e del dilettantismo. Questa mostra invece cerca di portare alla luce una cultura sommersa ad alto rischio di estinzione.
Le opere in mostra, senza avere la pretesa di offrire una visione esaustiva della creatività in Second life, offrono un’idea della ricchezza di proposte maturate in questo universo sintetico. Offrono un squarcio sull’arte in Second life in un momento delicato, in cui un calo mediatico rischia di mettere in ombra anche la produzione di nuovi artisti da tempo in attesa di una serena valutazione critica, che ancora non è arrivata. Intanto il rischio è che si commetta lo stesso errore fatto dalle aziende: accecati dalla foga di salutare i primi arrivati, si dimentica tutto il resto.
I media, una volta assicuratisi dieci nomi da far circolare, fatta indigestione anche di questo tipo di sperimentazione, si stancano. E tutti quelli rimasti alle spalle dei talenti più svelti, di quelli andati in avanscoperta, scontano un’eccessiva inclinazione alla riflessività e perdono la loro unica occasione. Questa mostra non presenta dieci artisti. Ne presenta un centinaio.
Naturalmente siamo ben lontani dalle masse di talenti semi-sconosciuti che si affacciano ogni giorno su Flickr, ma è già un inizio, la testimonianza della volontà di serbare una traccia dell’opera dei tanti artisti nati in Second life, a volte per caso: una sorta di monumento all’artista ignoto che rivendica a gran voce il diritto ad avere un quarto d’ora di celebrità. Se non nella prima vita, almeno nella seconda.
LE MOSTRE
Da Firenze a Trento, fenomenologia dell’avatar post-moderno
Rinascimento virtuale mette assieme etnografia, antropologia, testimonianze creative dei primordi e avanguardie contemporanee che nascono e vivono solo nei mondi virtuali e nei social media. Lo scopo è portare nel mondo reale ciò che altrimenti rimarrebbe fruibile solo virtualmente. Fino al 7 gennaio. Firenze, museo di Storia naturale dell’università, palazzo Nonfinito, via del Proconsolo 12. Info: 0552346760; www.msn.unifi.it.
È invece partita a metà ottobre al museo Tridentino di scienze naturali un’altra esposizione che fa il paio con quella fiorentina, Avatar, sulle implicazioni sociali di questi mondi tridimensionali.
Fino all’11 gennaio. Trento, museo Tridentino di scienze naturali, via Calepina 14. Info: 0461270345; www.avatarexperience.eu.
IL CURATORE
Il guru del virtuale
Mario Gerosa è nato a Milano il 20 giugno 1963. Giornalista e saggista, è laureato in architettura con una tesi sui luoghi dell’immaginazione in Proust. Redattore capo della rivista “Ad architectural digest”, è membro dell’Omnsh (Osservatorio dei mondi numerici e delle scienze umane) e ha lanciato il Progetto per preservare il patrimonio dell’architettura digitale.
Insegna Multimedia e paesaggio virtuale alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano e si occupa ormai da anni di universi virtuali – fra i quali Second life – tanto da esserne ormai considerato il massimo esperto italiano, anche e soprattutto grazie a tre seminali lavori editoriali come “Mondi virtuali” (2006), l’eclatante “Second life” (2007) e il recente “Rinascimento virtuale” che dà il titolo all’esposizione fiorentina.
UN NEOUMANESIMO SPUNTA SUL WEB
Simone Cosimi
Si chiamano Cicciuzzo Gausman, Neupal Palen, Papper Pap, Ka Rasmuson, Hio Taringa, Gazira Babeli e, anche se i nomi non ci starebbero affatto male, non sono personaggi dei cartoon ma gli avatar di persone in carne e ossa che hanno eletto Second life a proprio universo creativo. Producono installazioni, ritratti, statue e architetture digitali.
Fra di loro comandano i finlandesi – è il caso di Keiko Morigi – e, come ti sbagli, gli americani, ma gli italiani si difendono. Quasi tutti autodidatti e mediamente venticinquenni, realizzano opere che Mario Gerosa, curatore della mostra fiorentina Rinascimento virtuale, s’è preso la briga di suddividere in bislacchi filoni creativi come post kitch, post déco, neo pop e via battezzando.
Per il momento, creano ed espongono quasi esclusivamente nel mondo targato Linden. Che, nonostante la crisi in cui pare sia entrato a giudicare dai dati dell’ultimo mese (dei quasi 15 milioni di avatar che lo popolano, meno di 900mila si sono connessi fra settembre e ottobre) sta proponendo autori di un certo interesse. Artisti che possono vantare i loro galleristi, i loro mecenati e i loro ammiratori, ma solo in versione elettronica. Sono infatti oltre 500 le gallerie virtuali che popolano Second life, ma ce n’è anche una reale, la Avatrait di Chicago, che invece commercia solo opere provenienti dalla Seconda vita. Opere che hanno raggiunto anche cifre ragguardevoli quando piazzate – nella loro versione statica tipo lambda – nei mercati del “real world”: fra
i 2mila e gli 8mila euro. «L’operazione – dice Gerosa – è antropologica. Su Second life, e più in generale in rete, sta sgorgando un vasto movimento di artisti che nessuno si è preso finora il compito di pesare e valutare. Manca uno statuto critico.
Rischiamo che questa marea si inabissi, riconsegnando gli universi virtuali a quel tecnopotere dal quale sembravano affrancati». A Firenze, in questi giorni, si sono dati appuntamento oltre 150 artisti da tutto il mondo. Che in fondo, al di là delle magagne tecniche che ogni passaggio generazionale implica, stanno spingendo, volenti o nolenti, in una direzione: contribuire, da quell’assurdo esperimento che è Second life, a scovare stimoli per l’arte del nostro, vecchio mondo reale. Un neoumanesimo è possibile. Almeno uno.