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cura.magazine Anno 1 Numero 0 aprile - maggio 2009



Di nuovo Whitechapel

Ilaria Marotta

Intervista a Andrea Tarsia, Head of Exhibitions & Projects della Whitechapel di Londra



Free press trimestrale dedicato ai temi dell'arte e della cultura contemporanea


EDITORIALE

METE NOTE&NATE
Di nuovo Whitechapel. Intervista a Andrea Tarsia
di ilaria marotta

AROUND THE WORLD
Beirut. Making Spaces for Public
di mirene arsanios

Berlin Now!
di marina sorbello

London. Gli altri criteri di Damien Hirst.
Intervista a Hugh Allen
di susanna bianchini

FOCUS ECONOMIA
La cultura nel nuovo medioevo:
mercati, valori, opportunità
di michele trimarchi

SI PARLA DI
Nuovi orizzonti del contemporaneo.
Arti effimere e musei
di elena giulia rossi

ATTUALITÀ
Roma città aperta? Intervista a Raffaele Gavarro
di ilaria marotta

BETWEEN
Milano
di sara schifano

GIOVANI CURATORI RACCONTANO
Alberto Tadiello. L’invisibile a tre dimensioni
di giulia ferracci

Violenza e ironia nella scultura di Andrea Salvatori
di valentina rossi

Mark McGowan
di francesca cavallo

(SPAZI) NO PROFIT
Futura
di sabrina vedovotto

RESIDENZE
HIAP. Helsinki
di sabrina vedovotto

CONVERSANDO
Bienvenue. Incontro con Rossana Rummo
di ilaria marotta

NERO SU BIANCO
Arthur Danto: filosofia e pratica dell’arte
di orsola mileti

FORMS BECOMING ATTITUDES
(collezione moda)
/…1909…/…1969…/…2009…/
di dobrila denegri

ARTE IN CUCINA
Per iniziare … Futurismo q.b.
di costanza paissan

L’OSPITE INATTESO
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Cosa può fare una scultura?
Cecilia Canziani
n. 18 autunno-inverno 2014

Richard Sides
Anna Gritz
n. 16 primavera-estate 2014

Nicolas Deshayes
Isobel Harbison
n. 15 autunno-inverno 2013

Titologia dell'esposizione
Jean-Max Colard
n. 14 primavera-estate 2013

Laura Reeves. Ritorno alla realtà
Adam Carr
n. 13 inverno 2013

Marie Lund
Cecilia Canziani
n. 12 autunno 2012


Sezione della nuova Whitechapel
Courtesy: Whitechapel Gallery, London

Esterno Whitechapel Gallery, Londra

Esterno Whitechapel Gallery, Londra

I.M. La Whitechapel Gallery, storica istituzione della scena artistica londinese, riconosciuta a livello internazionale come una delle realtà più vive e vibranti nella produzione culturale dell’ultimo secolo, riapre i battenti, rinnovando lo storico edificio vittoriano e ampliandone la superficie con l’annessione di nuovi spazi. Vuol parlarci della storia dell’edificio che è la sede originaria della Galleria fin dal 1901?

A.T. La Whitechapel è nata per “presentare arte di ottimo livello nell’East End di Londra”. È stata una delle prime istituzioni culturali ad aprire in un quartiere piuttosto degradato; le altre istituzioni – la Royal Academy e la National Gallery ad esempio – erano collocate, anche allora, nel molto più agiato West End. A rendere possibile questo progetto furono il vicario locale Samuel Barnett e sua moglie Henrietta, attivi sul territorio anche nel promuovere riforme sulla salute e progetti per migliorare le condizione lavorative e l’educazione. Dal 1880 organizzarono una serie di mostre in una scuola della zona con artisti di punta, come i Preraffaelliti, ed ebbero talmente successo da decidere di costruire una galleria d’arte stabile per il quartiere.
Il palazzo fu disegnato da Charles Harrison Townsend, uno dei più importanti architetti dell’Arts&Crafts – un movimento proto-modernista che ebbe molta influenza, tra gli altri, su De Stijl e il Bauhaus. Egli realizzò due meravigliose gallerie, molto grandi, ognuna di circa 300 metri quadri, con soffitti alti e lucernari dove gli artisti hanno sempre esposto con soddisfazione, dimostrando nel corso del tempo una grande capacità di adattamento al linguaggio espositivo del Salon come a quello dell’asettico white cube.
Sin dall’inizio, la Whitechapel ha innescato un dialogo profondo tra locale e globale. Siamo situati in un’area dove vivono e lavorano oltre 10.000 artisti, e dove ci sono più di 150 tra gallerie commerciali e spazi gestiti da artisti. La Whitechapel, nel corso della sua storia, ha organizzato le prime mostre di importanti artisti britannici, presentandole assieme ad altre di artisti internazionali, allora pressoché sconosciuti nel Regno Unito, ma che si sono rivelati figure centrali dell’arte del ventesimo secolo.
Qualche anno fa ci è stato offerto l’edificio adiacente, una ex biblioteca pubblica costruita otto anni prima della galleria, anch’essa nell’ambito del movimento architettonico riformista nella zona di Whitechapel. Sin dal XVII secolo, il quartiere era stato meta di immigrazione di ugonotti, portoghesi, spagnoli, irlandesi ed ebrei. Attorno al 1880, quando venne costruita la biblioteca, i principali gruppi di immigrati erano costituiti da ebrei dell’Europa dell’Est ed esiliati politici russi. In quegli anni “Whitechapel” era divenuto sinonimo di anglo-ebraico; la biblioteca era conosciuta come “l’università del ghetto” e presto divenne il centro delle attività di un gruppo di artisti, gli “Whitechapel Boys”, intellettuali di rilievo che contribuirono grandemente alla formazione del primo modernismo inglese. Tra di essi, David Bomberg, Jacob Epstein e Mark Gertler, ognuno dei quali ha avuto una mostra alla galleria in quegli anni. In tanti modi i due edifici condividono la stessa storia, e quindi la loro unione acquisisce un senso compiuto.
La biblioteca è stata ristrutturata dall’architetto belga Robbrecht en Daem, e ci permetterà di arricchire ulteriormente la nostra attività espositiva. Oltre alle mostre di arte contemporanea, che continueremo ad allestire negli spazi esistenti, le nuove sale includeranno una galleria per la presentazione di opere su commissione, una galleria dedicata all’esposizione di opere provenienti da collezioni private ancora mai esposte in pubblico, uno spazio dedicato all’archivio storico, due gallerie per progetti site specific e l’allargamento degli spazi dedicati alla didattica.

I.M. Cento anni di attività. Quali sono state le tappe e i momenti salienti della vostra storia, dall’esposizione del capolavoro di Guernica di Picasso nel 1939 in poi? Quali i progetti che hanno segnato il vostro lungo percorso? I risultati di cui andate fieri?

A.T. Presentare Guernica di Picasso è stato certamente un momento molto importante e corrispondeva all'impegno nella lotta sociale che ha caratterizzato la storia della galleria. L'opera fu messa in mostra per creare consapevolezza della guerra civile spagnola. Altri eventi di rilevo sono stati sicuramente le prime e più importanti mostre personali di artisti britannici, da Barbara Hepworth a Richard Long e David Hockney; da Gilbert & George a Peter Doig, Liam Gillick e Mark Wallinger. Inoltre, è doveroso citare anche le prime mostre di artisti internazionali come Kazimir Malevic, Piet Mondrian, Frida Kahlo, Jackson Pollock, Mark Rothko, Robert Rauschenberg, Bruce Nauman, Donald Judd, Hélio Oiticica, Jannis Kounellis, Cindy Sherman, Jeff Wall e Nan Goldin. La Whitechapel ha organizzato anche varie mostre collettive di grande interesse tra cui This is Tomorrow del 1956, che ha dato avvio alla Pop Art inglese e al nuovo linguaggio delle installazioni; Inside the Visible del 1996, che si concentrava sul lavoro al femminile di artiste ancora sconosciute all'epoca e Faces in the Crowd, organizzata in collaborazione con il Castello di Rivoli, che guardava alla figurazione come impulso radicale ed ha allargato lo spettro del linguaggio dell'arte contemporanea. Personalmente, tra gli eventi di cui mi sento onorato di aver preso parte, vorrei citare la ri-creazione dell'installazione di Jannis Kounellis Untitled del 1969, con 12 cavalli in carne ed ossa. È stato davvero straordinario poter vivere una riflessione così potente sulla relazione tra natura e cultura.

I.M. Come si supporta la Whitechapel finanziariamente?

A.T. La galleria riceve una regolare sovvenzione dall'Arts Council, che è a sua volta sostenuto dal Dipartimento di Cultura, Media e Sport dello stato. Questo riguarda circa il 35% dei fondi, il resto lo raccogliamo per conto nostro. Secondo quanto stabilito dallo statuto della Whitechapel Gallery, possiamo organizzare una sola mostra a pagamento all'anno - solitamente di natura storica - mentre tutte le altre mostre sono ad ingresso gratuito. Pertanto, ricerchiamo sovvenzioni da associazioni, fondazioni e sponsor aziendali. In aggiunta, abbiamo un programma di membership, pubblichiamo libri d'arte contemporanea, produciamo merchandise, organizziamo corsi, diamo alcuni dei nostri spazi in affitto e gestiamo una libreria e due ristoranti.

I.M. Whitechapel Gallery si interessa prevalentemente di artisti “middle career”. Quali sono gli artisti italiani che potreste considerare nel vostro programma espositivo o con cui avete già lavorato? Come vedete il panorama artistico del nostro paese?

A.T. Abbiamo organizzato alcune mostre con artisti italiani del calibro di Renato Guttuso, Lucio Fontana, Jannis Kounellis e Alighiero Boetti ma abbiamo lavorato anche con artisti più giovani come Francesco Vezzoli e Diego Perrone.
Recentemente abbiamo messo a punto un programma di livello internazionale chiamato Art in the Auditorium, dedicato ad artisti che lavorano con immagini in movimento ed organizzato in collaborazione con altre nove istituzioni nel resto del mondo. Il nostro partner italiano è la GAMeC di Bergamo e non vediamo l'ora di scoprire nuovi talenti attraverso questa iniziativa. Art in the Auditorium ci offre l'eccitante opportunità di occuparci di artisti che muovono i loro primi passi.

I.M. Fortemente radicata al territorio, nel cuore di in un East End multietnico, pioniera della graduale trasformazione culturale di una zona decentrata di Londra. Dalla Whitechapel Gallery attraverso il lungo e ricco percorso della Brick Lane si arriva alle gallerie di Rivington Street, all’INIVA, agli spazi di Hoxton Square, al White Cube. Qui prendono vita festival e iniziative di grande interesse culturale per la città. Quale è stato il vostro rapporto con il tessuto urbano, in tutti questi anni? Quale il rapporto con il pubblico? Quali i progetti realizzati fuori sede?

A.T. Come galleria, siamo prima di tutto radicati al nostro territorio. Tuttavia, abbiamo gestito anche progetti fuori sede come The Street, una serie di opere su commissione che continuerà fino alla fine di aprile 2009 e che si è svolta proprio dietro alla galleria. Lo scenario dei progetti è quella strada straordinaria che parte dalla City, il più grande distretto finanziario d’Europa, per arrivare ad uno dei primi quartieri residenziali popolari del Regno Unito, includendo nel percorso una miriade di pub, il mercato più vecchio di Londra, i negozi di bathik e una banca indiana. Abbiamo lavorato con Minerva Cuevas, Jens Haaning, Bernd Krauss e Shimabuku, che hanno usato questo ricco patrimonio storico, culturale e sociale come base di partenza per la creazione di nuove opere.
Siamo consapevoli anche del ruolo della galleria nei confronti degli altri spazi espositivi della zona, sappiano di funzionare come “porta d’ingresso” verso i numerosi e vibranti luoghi dell'arte nelle vicinanze. Per questo motivo produciamo una mappa del quartiere, gratuita per i visitatori, che indica l’esatta collocazione di ognuno di essi ed abbiamo promosso un evento mensile di grande successo chiamato First Thursday. Ogni primo giovedì del mese, le gallerie nell'Est londinese sono aperte fino a tardi con conferenze a tema ed eventi gratuiti per il pubblico. Partecipiamo anche ad un festival annuale della durata di una settimana che porta il pubblico a contatto con le attività della zona. Per i membri della Whitechapel organizziamo visite private ad alcune delle gallerie più interessanti e agli studi degli artisti.

I.M. La Whitechapel è nota anche per i numerosi programmi educativi per bambini e adulti, per i talk e le conferenze, per gli incontri con il pubblico. Possiamo chiederle qualche informazione su questi programmi?

A.T. Lavoriamo regolarmente con le scuole, organizzando laboratori per bambini e ragazzi dedicati alla comprensione delle idee e dei procedimenti usati dagli artisti in mostra. In aggiunta, abbiamo un programma di residenza che prevede la permanenza di un artista in una scuola per un anno. È un’opportunità sia per contribuire al curriculum della scuola, sia per contribuire alla ricerca degli artisti. Alla fine dell’anno mettiamo in mostra il lavoro dell’artista residente e quello dei ragazzi. Organizziamo anche progetti straordinari come Archive Adventures, che ha coinvolto l’archivio della Whitechapel, vecchio di cent’anni, come punto di partenza per la creazione di una storia sociale e culturale alternativa del quartiere.
Oltre a lavorare con i bambini, organizziamo lezioni per adulti che si occupano di argomenti di carattere generale o temi più specifici. Ad esempio, teniamo brevi corsi per far conoscere gli artisti e i movimenti più importanti e per introdurre il pubblico al collezionismo di arte contemporanea; ma organizziamo anche gruppi di studio per approfondire aspetti particolari della teoria dell’arte, con la presenza di uno specialista in materia. Progettiamo inoltre diverse iniziative per lo sviluppo professionale, tra cui seminari pratici rivolti agli artisti che spaziano dall’imparare a riempire un modulo per la richiesta di fondi al trovare uno studio in cui lavorare; giornate di incontri in cui gli artisti presentano il loro lavoro e ne discutono assieme a curatori, critici e altri artisti. Da settembre di quest’anno, 2009, terremo anche un Master universitario per curatori in collaborazione con la London Metropolitan University, un supporto accademico di rilievo che fornirà agli studenti degli ottimi strumenti professionali.
Infine, organizziamo incontri e simposi con artisti, critici e curatori, così come conferenze su questioni culturali di più ampio respiro come ad esempio le sovvenzioni per l’arte o la censura esercitata dal potere politico.

I.M. Da chi è composto il vostro staff ? Quali sono le esperienze ed il tipo di studi richiesti ad un curatore che voglia entrare a fare parte dell’organico della Whitechapel?

A.T. Abbiamo un programma di tirocinio per chiunque voglia perseguire una carriera nel settore dell’arte ma non ha ancora abbastanza esperienza. Altrimenti, in generale ci aspettiamo dal nostro personale almeno un paio d’anni di esperienza lavorativa in un’altra istituzione legata all’arte ed in un ruolo comparabile a quelli offerti dalla Whitechapel, soprattutto per quanto riguarda la curatela; di solito prendiamo in considerazione persone con una conoscenza completa del panorama dell’arte contemporanea e con esperienza di mostre su larga scala con artisti e partner internazionali. Il punto di partenza più logico è iniziare ad acquisire esperienza nella nostra segreteria organizzativa, per ottenere le conoscenze di base sui necessari aspetti pratici delle mostre quali i trasporti, le assicurazioni e l’allestimento delle opere.

I.M. Se possiamo permetterci di scendere nel personale, qual è stata la sua esperienza prima di arrivare ad un ruolo così ambito?

A.T. Ho compiuto gli studi in Storia dell’Arte e Cinema prima di aprire una piccola galleria fuori Londra, dove esponevamo artisti locali. Mi sono trasferito a Londra per frequentare un Master universitario per curatori al Royal College of Art; ho lavorato come freelance per alcune gallerie pubbliche e private, e anche per case editrici d’arte. Ho poi lavorato all’ICA, Institute of Contemporary Art ed infine sono approdato alla Whitechapel.

I.M. Quali sono le mostre in corso e i futuri progetti? A quando la grande inaugurazione?

A.T. La nuova e ampliata Whitechapel Gallery riaprirà al pubblico il 5 aprile 2009. Negli spazi abituali è in programma una mostra di Isa Genzken: una retrospettiva che coprirà la sua carriera dal 1970 ad oggi organizzata assieme al Museum Ludwig di Colonia. Un progetto emozionante visto che per la prima volta si potrà avere una visione d'insieme dell'operato di un'artista così influente. Speriamo che la mostra riesca a mettere in relazione le sue installazioni più recenti con l'esplorazione, portata avanti da una vita, dei limiti e delle possibilità della scultura. Nella galleria per i progetti su commissione, presenteremo un nuovo lavoro di Goshka Macuga che prende spunto proprio dalla mostra di Guernica di Picasso nel 1939 per riflettere sulla relazione tra arte e propaganda. L'installazione includerà un enorme arazzo che Picasso realizzò dal dipinto nel 1950 e che si trova nel quartier generale delle Nazioni Unite a New York, ed un tappeto confezionato a Baghdad appositamente per la mostra. Nella galleria dedicata alle collezioni ci sarà la prima di una serie di mostre con opere dalla collezione del British Council, una straordinaria raccolta "senza confini" che dal 1930 ha fatto il giro del mondo ma, paradossalmente, non è mai stata ammirata nel Regno Unito. Ursula Mayer, una giovane artista austriaca che vive a Londra, presenterà nell’auditorium tre dei suoi video più recenti, che esplorano il linguaggio filmico e quello dell'avanguardia architettonica e artistica, considerati come un filtro per la rappresentazione della donna. Infine, ci sarà una mostra dedicata agli Whitechapel Boys, che include molto materiale dal nostro archivio, e altre due mostre realizzate dalla sezione didattica per i Project Spaces.