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Next Exit Anno 7 Numero 69 giugno-luglio 2009



Il fuggitivo

Arianna Pasquale

Intervista a Massimiliano Gioni



Creatività e lavoro


DALLA COPERTINA
CTS: 5.000 per i migliori viaggi

Racconta i tuoi viaggi. Con la prima edizione del concorso creativo "Movimenti" per giovani viaggiatori. Il CTS, Centro Turistico Studentesco, con il concorso Movimenti invita i giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni a raccontare i propri ricordi e le proprie esperienze di viaggio..È possibile inviare un racconto, una fotografia, un sms o un contributo grafico. In palio un bonus di 5.000 euro da spendere per girare il mondo.

Premio Terna Seconda Edizione
E' stato lanciato il bando della seconda edizione del Premio Terna,che scade il 10 ottobre. Anche quest’anno ci sono tre categorie per la sezione nazionale e una chiamata “CONNECTIVITY NEW YORK”. Novità nell’introduzione di una categoria del genere riflette la volontà di Terna di favorire lo scambio di esperienze e stimoli con l’estero e promuovere anche a livello internazionale l’arte contemporanea italiana, valorizzando così una dimensione ancora poco conosciuta del nostro Paese.

20.000 euro con San Pellegrino Terme.
San Pellegrino Terme Identity, SPTID è il concorso internazionale di brand design promosso ed organizzato da POLI.Design, Consorzio del Politecnico di Milano insieme a Premium Retail, società operante nella progettazione di sistemi territoriali con vocazione commerciale e turistica. Rivolto a grafici, creativi, designer e architetti, chiamati a sviluppare nuove idee e soluzioni grafiche per tutti gli under 35 che vogliono progettare un marchio tenendo in conto le risorse legate alle terme, al luxury shopping, al casinò e alla ristorazione di qualità del noto luogo turistico.Il montepremi complessivo del concorso è di 20.000 euro che sarà suddiviso in 15.000 euro al primo, 3.000 al secondo e 2.000 euro al terzo classificato.

DALL'INTERNO:
Il fuggitivo. Massimiliano Gioni.
Ha rifiutato i consolidati schemi. Ha rifiutato la provinciale visione italiana. Ha rifiutato il gioco delle solite lobby. Ecco Massimiliano Gioni uno "young blood" dell'arte che è arrivato lontano. Intervista fotografica in occasione della mostra Tacita Dean al giovane direttore dei progetti speciali per il New Museum Contemporary Art di New York e direttore artistico della Fondazione Trussardi. "Esiste una formula per il successo?" - "NO, NON ESISTE”.

Young Blood vs Padiglione Italia
Arriva la nuova edizione dell’annual che racconta i giovani italiani premiati nel 2008. Ma i talenti “young blood” sono ovunque. A cominciare dal Padiglione Italia dell'ultima Biennale di VEnezia. Next Exit entra nel padiglione Italia” e ne estrare i nomi e le opere più giovani e interessanti. E ad essi affianca altri protagonisti dell'arte dello stivale assolutamente degni di far parte di altri immaginari padiglioni ad honorem. Dai vincitori del “Cavalierato Under 35” al conquistatore del "Good design award". Con: Luca Ascari, Ruggero Mango, Roberto Ferlito, Francesca Bonfante, Clarissa Mattei, Marta Pampana, Donpasta, Ferran Andrià, Filippo Ferrari, Valerio Berruti, ed altri imperdibili eccelenti nomi.

L'artista di copertina è Swoon.
Swoon. Trentenne newyorkese, autrice di culto per la cultura artistica americana e sbarcata alla Biennale di Venezia con una performance durante i giorni di apertura. I suoi lavori hanno caratteristiche che li pongono a metà strada tra la poesia e il neo-realismo rivelando nella scelta delle tecniche – ritaglia carta di giornale sottile e la incolla su pareti visibili in scorci, tra porte, angoli, sottoscala – una sapienza estetica da artista museale. Nonostante anni di clandestinità Swoon ha conosciuto l’accesso ai musei: sue opere sono state al PS1, al Museo di Arte di Brooklyn, al Moma, ad Art Basel nel 2005 e anche alla Tate. Ha partecipato a collettive o ha stretto collaborazioni in Europa, Asia e Africa. A Venezia sbarca con il progetto “The Swimming Cities of Serenissima".

E ANCORA
Guest@Gianluca Marziani

Nato a Milano nel 1970, è un critico/curatore che si occupa di arti visive contemporanee. Dirige il Premio Terna, il Premio Celeste ed Ecoart Project. Dal 2008 insegna nel corso di arti visive presso lo IED di Roma. Ha curato molteplici mostre in gallerie e musei, pubblicato due libri ("N.Q.C." e "Melting Pop") e un notevole numero di cataloghi. Ha portato l’arte in televisione, radio, quotidiani, riviste di settore, magazine ad alta tiratura, magazine di culture contemporanee. Cura consulenze di progettazione culturale per aziende, multinazionali e agenzie di comunicazione. Ha curato per l'Italia la prima edizione del progetto "Cow Parade".

Guest@Ivana Mottola
Direttore Creativo e Concept Designer, opera con l’associazione cultural-creativa “nutri.mentiedintorni” realizzando il progetto Food.house concept.event.design. Si occupa di ideazione e sviluppo di format e design concettuale, percorso rivolto a luoghi, spazi, atmosfere, installazioni emozionali, cibo. Dal 2007 collabora con il Dipartimento Itaca della Sapienza di Roma. Ha seguito il progetto Romadesign+ e coordina la nuova Guida al Design Roma 08/09. Attualmente segue la promozione del calendario (maggio/novembre) di Roma design più is Everywhere, tra le iniziative per il "2009 Anno della creatività e dell'innovazione - EYCI", curando anche un seminario sul food-design, in collaborazione con l’Accademia di Costume e Moda e il nuovo showroom di "c.u.c.i.n.a."

Filo rosso illustrato@Cesko
Cesko, artista curato dalla galleria MondoPOP. L'opera di Cesko è il controcanto ironico dell'umorismo e dell'ottimismo di questo numero. Sue parole "Mi trovo bene con gli inchiostri, le chine, le ecoline: sono strumenti veloci che assecondano la mia impazienza e la mia pigrizia. Uso anche il digitale usando il mouse come una matita, in quel caso il processo di lavorazione è diverso, perchè l'opera finita, anche se finita, non è a portata di occhio fino a quando non viene stampata e questo rende il tutto anomalo ma intrigante. Non sono la persona più adatta per elargire consigli. Credo nello stile e nell'immediatezza (anche fittizia...). Se c'è quello si è a buon punto.

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Massimiliano Gioni
Foto di Barbara Oizmud

Foto di Barbara Oizmud

Massimiliano Gioni
Foto di Barbara Oizmud

Ha rifiutato i consolidati schemi dell'arte. Ha rifiutato la provinciale visione italiana. Ha rifiutato il gioco delle solite lobby.
Ecco Massimiliano Gioni uno "young blood" dell'arte che è arrivato lontano. A New York...


Si presenta a Milano Massimiliano Gioni all’obiettivo della nostra fotografa in occasione della mostra di Tacita Dean, presentata alla Fondazione Trussardi lo scorso maggio. Ci racconta qualcosa di sé il poco più che trentacinquenne giovane direttore dei progetti speciali per il New Museum contemporary Art di New York e direttore artistico della Fondazione Trussardi, e già direttore della Biennale di Gwangju in Corea del sud che si terrà a settembre. Lo consideriamo un rappresentante del genio italiano nel mondo.

Da Milano a New York. Come si arriva a gestire uno spazio come il New Museum, esiste una formula per il successo?
NO, NON ESISTE una formula per il successo, e anzi quando si pensa di costruire mostre o istituzioni con una formula molto spesso si fallisce. Posso solo dire che si tratta sempre di un lavoro di un team, di una collaborazione molto intensa, e forse l’unica formula è cercare di fare ciò che ancora non c’è.

Sei tra i più interessanti curatori internazionali, per i media.
Ma come è iniziato ?

È INIZIATO più che altro attraverso la scrittura, anche perchè fino a qualche anno fa, particolarmente in Italia, la figura del curatore ancora non esisteva e c’erano ancora pochissime istituzioni nell quali lavorare. Quindi sono partito dalla scrittura, dalla critica, a Flash Art: ma rispetto alla critica come giudizio forse da subito mi interessava la critica come collaborazione, come confronto. In fondo un editor, compone già delle mostre nella testa e su carta: crea percorsi di senso, collegamenti. Alle mostre sono arrivato più avanti, dopo un po’ di gavetta come assistente curatore. Ciò che mi è piaciuto subito dell’organizzazione delle mostre è la combinazione di competenze diverse che richiede e soprattutto l’idea di una forma di “action criticism”, di critica di azione, in cui oltre alle parole si devono usare i fatti, le risorse, i soldi, gli spazi e si creano così nuovi contesti
per l’arte e per gli artisti.

La tua carriera per certi aspetti è stata fulminante, quali sono stati i fattori acceleranti?
MA NON SO SE è stata fulminante. A me sembra di avere iniziato a lavorare un sacco di tempo fa, magari non da curatore, ma di avere iniziato a lavorare da molto. Forse il fattore accelerante è stata questa autodisciplina, questa etica a volte anche ossessiva del lavoro, che mi porto dietro da un po’. Poi, il fatto di essere andato all’estero da solo per la prima volta a vivere già a 15 anni deve avere aiutato: mi ha abituato a viaggiare e così quando mi sono spostato a New York nel
1999 ero (forse) più abituato, anche se naturalmente avevo anche molta paura perché non è che avessi grandi risorse. Devo molto anche ad alcune persone che mi hanno aiutato, incoraggiato, ascoltato. A New York quando sono andato a vivere Maurizio Cattelan, Francesco Bonami e Ali Subotnick sono stati amici e colleghi generosissimi. E poi altre persone come Beatrice Trussardi o Dakis Joannou mi hanno dato grandi opportunità quando ero giovanissimo. Quindi forse anche
un po’ di fortuna. Non so. Quando elenco queste cose sembra sempre di fare il discorso al mio funerale, quindi magari parliamo d’altro.

Sei un italiano che ha raggiunto successo all'estero. Ti consideri un cervello in fuga dalla patria?
NO, PERCHÉ IN ITALIA, con la Fondazione Trussardi, credo di avere fatto alcune delle mie mostre più interessanti e di aver svolto un lavoro che non sarebbe stato facile svolgere all’estero. A volte la mancanza di istituzioni – pensa a Milano – può in realtà rivelarsi un vantaggio perché apre la possibilità a nuovi scenari. Detto questo, certo mi pesa e dispiace che l’Italia non sia riuscita a creare un tessuto di musei e istituzioni come in Germania o come in Svizzera. Ed è vero che se non fossi andato all’estero probabilmente in Italia avrei fatto molto meno. IN REALTÀ non credo ci sia un carattere particolarmente italiano in quello che faccio. Forse chi vede il mio lavoro dall’esterno può giudicare meglio. Anzi devo dire che molto spesso mi hanno criticato anche per non essere abbastanza italiano e per non invitare italiani alle mostre che curo. A me poi interessa più
dove l’arte ti può portare, non solo da dove viene.

Direttore Special Exhibitions al New Museum of Contemporary Art di NY. Ci racconti una mostra speciale?
IN REALTÀ il mio incarico, dal titolo forse un po’ troppo lungo, significa che posso avere un rapporto più libero con il New Museum: ad esempio mantenere il mio incarico di direttore della Fondazione Trussardi a Milano o intraprendere un progetto come la biennale di Gwangju. Di recente al New Museum ho curato, con Laura Hoptman e Lauren Cornell, una mostra intitolata Younger Than Jesus, che è la prima esposizione a fare il punto sull’arte prodotta dalla generazione nata attorno al 1980, la cosiddetta generazione Millennial.

Qualche anticipazione per la Biennale di Gwangju?
È ANCORA troppo presto per fare anticipazioni. Ti posso dire che sono appena tornato dal mio primo viaggio di ricerca a Seoul e Gwangju ed è bellissimo ritrovarsi a lavorare in un posto in cui l’Occidente sembra cosi lontano: vedere un mondo che esiste senza di “noi”, è un ottimo modo per ridimensionare le proprie aspettative. Un grande amante dell’Oriente, Alighiero Boetti, diceva che bisogna lasciare il certo per l’incerto…