Next Exit Anno 7 Numero 66 marzo 2009
L’artista di questo numero è Giacomo Costa, il creatore dei suggestivi e apocalittici scenari urbani digitali.
La prima volta che sono stato a una mostra avevo sei anni e mia madre mi portò a vedere Paul Klee, rimasi affascinato tantissimo dall'idea che a giocare con i colori si potesse parlare a tante persone ma la prima volta in cui ho studiato con passione un'artista è stato Robert Mapplethorpe grazie a un libro che un amico mi regalò. Passai il mio primo anno di studio di fotografia a imitare le sue luci, la sua tecnica e la sua trasgressione che diventava poesia. Ma chi ha influenzato attivamente il mio lavoro è stata la fantascienza da Asimov a Star Trek passando obbligatoriamente per Blade Runner, Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo e quant'altro.
Come ti vedi oggi, pensando ai primi momenti della tua carriera?
La mia carriera è iniziata per gioco e fare arte era divertentissimo, un gioco, una festa. Poi sono iniziate le attenzioni per il mio lavoro e la festa è diventata un'orgia, mi sentivo onnipotente, mi sembrava tutto facilissimo. Poi il gioco è diventato serio e la pressione ha iniziato a farsi faticosa da reggere. Ora mi vedo come uno uscito indenne per miracolo da un'adolescenza sregolata sia metaforicamente pensando al lavoro, che realmente pensando alla mia vita!
Come definiresti il tuo rapporto con l'immaginario apocalittico, metropolitano, vagamente fantascientifico all'interno delle tue opere?
Come dicevo, la fantascienza è entrata nella mia vita con Goldrake e Jeeg Robot d'Acciaio quando avevo sei anni e da lì non se n'è più andata. Ma dal mio ritorno dalla montagna la città è diventata la protagonista dei miei sogni e la fantasia che sino ad allora si era esercitata sul fantasticare mondi extraterrestri ha iniziato a lavorare sul tema metropolitano. Così posso dire che il mio immaginario urbano altro non è che la trasposizione dei miei stati d'animo e delle mie riflessioni.
Il palcoscenico di ArteFiera e il libro di Damiani, che rapporto hai con questi due momenti di visibilità? (atti dovuti, semplici step, momenti di orgoglio)
Io adoro incontrare quante più persone possibile, penso che lo scopo della mia vita d'artista sia comunicare con il mio pubblico e ogni occasione è per me importante a partire dal mio sito, al rapporto con la stampa e debbo dire che le fiere sono per me divertentissime. Sono l'occasione di incontrare un vasto pubblico molto disomogeneo. Alle mostre personali bene o male viene il pubblico che ti segue ma alla fiera no, il tuo lavoro viene visto e commentato da un pubblico che magari è lì per vedere l'arte moderna oppure un genere lontano dal mio. È un pubblico che rispecchia tutti gli appassionati d'arte.
Io curo sempre molto la mia presenza nelle fiere importanti e ci passo quanto più tempo possibile.
A proposito invece di momenti difficili ed ostacoli, soprattutto all'inizio, qual è stato uno degli episodi che ti ha messo in difficoltà?
Come accennavo prima, le difficoltà me le sono create io con un atteggiamento troppo dissacrante e sprezzante verso gli altri e verso il mondo dell'arte. Il fatto che fossi un'artista senza delle basi e senza una storia legata a quell'ambiente mi faceva gioire dell'essere diverso e mi spingeva a calcare la mano su atteggiamenti fastidiosi ed arroganti. Fortunatamente è arrivato il 2001, l'anno nefasto. Il mio idillio con la galleria che mi aveva introdotto nel mondo dell'arte e ben sostenuto era terminato e le divergenze artistiche avevano anche messo in crisi la mia creatività, sentivo il bisogno di una svolta che non arrivava. Ho creduto di smettere e ho pensato e fatto anche cose peggiori; ma poi ho fatto piazza pulita e sono ripartito da molto più in basso di dove ero arrivato prima con un atteggiamento molto diverso. Ciò è stato molto salutare!
La realizzazione dei tuo lavori prevede più fasi. Da cosa parti? Hai un'idea precisa in mente, oppure prendi vari spunti per poi assemblarli?
Io sono come una spugna, assorbo tutto ciò che vedo attorno. Odio viaggiare e uso la televisione come mezzo di trasporto. Ogni suggestione, ogni discussione, ogni dinamica la rielaboro a occhi chiusi in immagini. Quando una suggestione diventa molto forte cerco di darle corpo con il computer, mio fido strumento di lavoro, progettando un'atmosfera, una luce, una prospettiva. Su questa base inizio poi a comporre la scena esattamente come facevo da bambino con i mattoncini lego (oddio considerando che ci gioco ancora...vorrà mica dire che sono rimasto bambino?!)
Tra le varie tecniche che utilizzi qual è quella che ti interessa di più?
In realtà la tecnica che uso oramai è una sola. Non faccio più foto dal 2000 ma creo tutto usando complessi programmi di 3d, gli stessi usati per gli effetti speciali nel cinema. In pratica si può dire che dipingo in qualità fotografica e il fatto per me meraviglioso è che sono libero di immaginare i miei mondi e fotografarli come si farebbe se esistessero davvero, è come fare una foto ai propri sogni...è la cosa più bella che possa fare e più divertente!
In che modo la tecnologia dialoga con i tuoi lavori?
È uno strumento che adoro e rispetto e che ha una componente di complessità anche manuale che in pochi crederebbero! Ogni programma ha il suo punto debole e il suo punto di forza cosa che conferisce a questa tecnica delle sue speciali prerogative, un suo speciale tratto al pari di ogni altra tecnica.
C'è qualcosa di onirico nei tuoi ultimi lavori, come si evolve nelle tue ultime creazioni?
Il mio lavoro è fortemente legato alla mia vita come al mio immaginario potrei dire che in questo periodo della mia vita la componente onirica è più forte che in altri momenti.
Quanto della tua vita privata si riflette nei tuoi lavori?
Come già detto, ho riversato tutta la mia vita privata nel mio lavoro, mi sono costruito un mondo-prigione nel quale vivo totalmente e completamente da solo. Non ho una vita privata in senso comune, vivo nel mio immaginario e ogni mia scelta anche reale è mediata da questo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Riuscire ad animare le mie città, è solo questione di tempo!