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Inside Art Anno 7 Numero 69 ottobre 2010



Giovanni Ozzola, segnali di luce

Maria Luisa Prete

L’artista fiorentino si aggiudica la terza edizione del Talent prize con Superficiale-“Under my skin”



The Living Art Magazine


SOMMARIO INSIDE ART #69 - OTTOBRE 2010

Notizie   
Quel furbetto di Damien Hirst di Tobia Merlo   
Visto da  
L’avido sognatore di Ornella Mazzola   
 In cartellone   
Expo mondo di Simone Cosimi   
Expo Italia di Camilla Mozzetti
Copertina   
Giovanni Ozzola, segnali di luce di Maria Luisa Prete   
Quando l’arte tira l’aratro di Nicoletta Zanella 
Talent prize, finalisti e menzionati di Nicoletta Zanella 
Eventi & mostre   
Maurizio Cattelan, tanto rumore per i soliti tabù di Valentina Cavera    
Valerio Adami, viaggiatore della mente di Rudy Chiappini 
Franko B, la vita sulla carne di Camilla Mozzetti 
Le vertigini hawaiane di Filippo Marignoli di Margherita Criscuolo
Musei & gallerie   
Napoli riscopre il ‘900 di Fabrizia Palomba   
Barbara Frigerio, esposizione di idee di Valentina Cavera
Vernissage   
Le inaugurazioni in Italia di Zoe Bellini    
Indirizzi d’arte   
Le esposizioni in Italia di Maria Luisa Prete    
Unpòporno   
Salvatore Melillo: “Sexthing”, l’osée fai da te di Serena Savelli   
 Foto & video   
“Prix pictet”, la Terra vista dalla Luna di Giorgia Bernoni 
Gli scatti da non perdere di Giorgia Bernoni 
Davide Cerullo, la perdita dell’innocenza di Alessandra Vitale   
Respiro, conturbanti apnee emotive di Claudia Quintieri
Controstoria dell’arte   
Simbolismo: ditelo con una rosa di Pablo Echaurren     
Mercato & mercanti   
A come Arturo, intervista con il collezionista Schwarz di Maurizio Zuccari 
Tra talenti e conferme è sempre più Frieze di Marilisa Rizzitelli
Belvedere visuale di Ginevra Aleramo
§Aste, una lenta ripresa di Elida Sergi
Londra capitale di battute di Stefano Cosenz
Mipiacenonmipiace   
Le facce del godimento di Aldo Runfola     
Formazione & lavoro   
Premio Sudest, focus sul Meridione del mondo di Alessia Cervio               
Architettura 
Studio “5+1aa”, quando i cugini amano il tricolore di Silvia Moretti            
M9, un museo per il secolo breve di Simone Cosimi
Metropolis    
L’anatra fa il bis in zona Macro di Margherita Criscuolo  
Design & designer
Mauro Manieri, l’idea oltre l’immagine di Giulio Spacca 
Letture & fumetti 
Laura Pariani, narrare è una selva oscura di Maurizio Zuccari 
Beatrice Alemagna, una matita a Parigi di Manfredi Lamartina
Musica & visioni
Mannarino, un giro di giostra al bar della rabbia di Simone Cosimi
“Gender bender”, generi oltre il pop di Elena Mandolini
Napoli: Artecinema, una panoramica sul bello di Fabrizia Palomba
L’opera benedetta
Un Nespolo per Campari di Benedetta Geronzi
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Quattro cavalieri in cerca d’autore
Maurizio Zuccari
n. 92 dicembre 2012

Lunga vita alle pin up
Serena Savelli
n. 90 ottobre 2012

La modernità come distacco
Félix Duque
n. 89 settembre 2012

L'estate che verrà
Maria Luisa Prete
n. 88 luglio-agosto 2012

Cultura:un manifesto per ripartire
Maurizio Zuccari
n. 85 aprile 2012

Mastromatteo. Il paesaggio in superficie
Maria Luisa Prete
n. 83 febbraio 2012



Fiat lux. Si narra che la frase sia stata pronunciata da Dio, primordiale atto fondativo che nel giro di una sola settimana portò alla creazione dell’intero universo. Quindi prima di tutto, prima dell’uomo e prima della sua presa di coscienza e conseguente fuga dall’Eden, arrivò l’elemento illuminante. L’espressione, tratta dalla Genesi, viene comunemente utilizzata in riferimento a situazioni chiarificatrici, a individui capaci di esprimersi con chiarezza diradando ambiguità e dubbi. Così nell’arte, la luce è componente diffusa, soggetto ispiratore, strumento vivo di lavoro, da domare e indirizzare sapientemente per raccontare la realtà e “chiarire” le turbolenze dello spirito. Il raggio sulla tela, declinato in tonalità e gradazioni infinite, nei secoli ha prodotto capolavori: quelli culminati di volta in volta in accecanti verità, dell’anima e della vita. Il vincitore della terza edizione del Talent prize, il fiorentino Giovanni Ozzola, classe 1982, trionfa proprio con un lavoro sulla luce e di luce: pennellate di raggi di sole al tramonto impresse sul muro di fronte alla sua scrivania e da rivivere in un video della durata di poco più di due minuti. S’intitola Superficiale-“Under my skin”: «Lo considero il manifesto del mio lavoro», dice l’artista, premiato tra gli emergenti ma già saldamente in sella alla carovana dell’arte contemporanea internazionale. Lo incontriamo, infatti, di ritorno da Istanbul, dove ha inaugurato la personale “On the edge” all’Elgiz museum of contemporary art. «Ho appreso la notizia del premio proprio mentre ero impegnato nell’allestimento: sono molto contento, è una soddisfazione indubbia ed è stato motivo di festa anche per gli organizzatori dell’esposizione in Turchia». Eppure, forse per modestia o per schietta ammissione, non ci sperava. «Quando ho deciso di presentare quest’opera – confida – non credevo che la scelta fosse azzeccata. Un video è più difficile da visionare, soprattutto in un tempo breve. Ho confidato nella giuria di alto livello. Il lavoro l’ho scelto perché è importante per me, racconta e spiega la mia opera, spesso confusa con la pratica della post-produzione, del ritocco delle immagini».
E quello che abbiamo davanti quando incontriamo la produzione di Ozzola sono immagini incatenate alle visioni, impresse in istanti indeterminati, come nell’esposizione dello spettatore a una foto, o nel tempo determinato imposto dal video, come in questo caso. A prescindere dal mezzo, l’obiettivo è sempre quello di catturare le immagini, in un luogo prossimo alla soglia della conoscenza non filtrata. Ma è lo stesso artista a spiegare le modalità dell’atto creativo. «Vengo dalla fotografia commerciale – racconta – lì ho imparato a dividere l’idea che abbiamo delle cose da ciò che è reale. Nel mio lavoro ciò che si manifesta sono delle immagini, delle situazioni, delle epifanie.
C’è sempre una naturalezza, una percezione obiettiva. In “Under my skin” c’è un’inquadratura fissa su ciò che succede davanti alla mia scrivania tutti i giorni, il ripetersi del tramonto, del passaggio dalla luce al buio. Il soggetto dell’opera è dunque il tramonto. Sono inquadrate due pareti bianche sulle quali avviene un passaggio di luce, graduale fino all’oscurità. Nella registrazione iniziale di cinque ore si vedono tutti i vari spettri della luce. Concentrando l’intero lasso temporale in poco più di due minuti si riesce veramente a vedere il passaggio tonale che avviene tra la luce e il buio, perché l’occhio non ha il tempo di abituarsi. Quindi è un discorso sulla percezione, sulla sensibilità, sul tempo e sulla predisposizione che abbiamo verso ciò che ci circonda.
Noi costantemente riprogettiamo, in termini di luminosità e colore, ciò che guardiamo, per tutta una serie diiparametri culturali. La contrazione temporale nel mio lavoro non permette al cervello questo processo di riprogettazione ». E così, attraverso l’atto creativo e la sua conseguente fruizione, si giunge alla visione, intonsa, ripulita e pura. La natura appare svelandosi senza preconcetti. «L’accelerazione della cinque ore di registrazione nei due minuti e tredici secondi del video – continua l’artista fiorentino – permette la purezza nello sguardo di chi osserva, non c’è tempo né per l’occhio né per il cervello di aggiustare i colori percepiti, così facendo si riesce a vedere la vera natura di ciò che ci circonda. Il lavoro consiste proprio in questa esperienza. Per questo motivo, in mostra, la proiezione del video viene accompagnata da una traccia oggettiva e persistente del lavoro, la stampa dello storyboard che rimane a raccontare in ogni momento l’esperienza avuta nel video ricordando la grandiosità e la meraviglia dell’addizione: realtà, visione, sensibilità, conoscenza». Un’opera che ha impresso nello spirito e negli intenti le prerogative della pittura. «Mi sento effettivamente un pittore, se dovessi classificarmi – spiega Ozzola – La pittura ha dentro una serie di conoscenze imprescindibili: un quadro viene realizzato con il tempo, in ogni singola pennellata c’è un momento della propria vita, non in termini di quotidiano, ma di concezione, di presa di coscienza di ciò che uno guarda.

È una sorta di studio continuo di ciò che hai di fronte, il senso temporale proprio della pittura. Sia nelle mie fotografie che nei video e nelle installazioni credo che questa idea di predisposizione, questo modo di cercare di capire ciò che si trova di fronte a noi riporti al senso temporale tipico della pratica pittorica». Trasversalità delle modalità espressive per un approdo originale e d’impatto. Ma durante la fase della realizzazione, l’artista non fa calcoli se non con se stesso. E sottolinea: «È molto difficile dare una definizione del proprio lavoro. L’originalità può essere afferrata da chi vede la mia opera per la prima volta. Ma questa fa parte di me e quindi mi è difficile avere la coscienza e l’intuizione della componente originale. La questione sui differenti media utilizzabili la trovo spicciola. Ciò che mi interessa è il materiale sensibile, l’idea che noi stessi siamo materiale sensibile, la luce ci tocca in tutti gli aspetti della vita. Mi interessa lo sguardo nell’arte, il modo di vedere il mondo, il come è irrilevante».
E mettendosi dalla parte dello spettatore? Lo chiarisce il primo critico che ha creduto in lui, Pier Luigi Tazzi: «Tutta la sua opera è fatta di immagini, fisse (le fotografie), in movimento (i video), e quali esito di una costruzione (le installazioni, e le mostre, che non sono tanto pura e semplice messa in esposizione di opere, bensì sono articolate come opere in se stesse, le cui componenti sono a loro volta opere, che tuttavia mantengono, fuori, dentro e dopo la mostra, la loro rispettiva e specifica autonomia). Tutte, in qualsiasi medium siano state realizzate, invitano non tanto ad esser guardate a distanza nella loro fissità iconica, quanto a esser parte di un ambiente condiviso dove opera e spettatore nelle loro rispettive differenze godono di una pari autonomia ». «Quello che mi piace – spiega l’artista – è l’idea della predisposizione con cui guardare il mondo, come recuperare un momento di concentrazione, attenzione e unione dei sensi. Un po’ come quando ci si trova al buio: per capire cosa abbiamo di fronte dobbiamo riunire tutti i nostri sensi e sforzarci di afferrare ciò che ci sta di fronte. Questa è una buona condizione per qualsiasi attività umana». Una pratica cui siamo chiamati a partecipare il 21 ottobre, con l’esposizione dei finalisti e dell’opera vincitrice del Talent prize alla centrale Montemartini.

BOTTA & RISPOSTA
L’arte della vita in dieci domande
Cosa sognavi di diventare da grande?
«Non riesco a ricordare precisamente, non credo di aver avuto un desiderio così definito, forse se dovessi riprogettare il passato direi il biologo evolutivo».
Come sei diventato un artista? «Sono diventato artista seguendo la strada che mi si prospettava, cercando di avere una disciplina su me stesso e su ciò che praticavo. Non ho subìto un destino né inseguito un sogno, ho cercato solamente di percorrere la mia strada e continuo a farlo».
Cosa vorresti essere se non fosssi un artista? «Un biologo evolutivo velista».
Hobby, passioni? «Silvia, il mare, le neuroscienze, l’evoluzione, l’apnea profonda, cucinare».
Come definiresti la tua arte? «Nel mio immaginario è un continuo e se dovessi spiegarla dandole una definizione – e non è facile in quanto penso per immagini – direi che è un frammento di un tempo ciclico che si estende in linea retta».
Come definiresti la tua vita? «C’è un a. C. e un d. C. (a. G. e d. G.)».
Ci sono valori eterni, nell’arte o nella vita? «Credo che ognuno di noi abbia innato nel proprio essere una consapevolezza riguardo a quali siano i valori in una vita e poi, individualmente, ci allontaniamo e ci avviciniamo a quelli».
Chi sono i tuoi maestri nell’arte o nella vita? «Per me sono stati fondamentali gli esempi, le persone che con il loro modo di essere, la loro attenzione nel vivere hanno completamente modificato il mio rapporto con il mondo; il vero insegnamento sta nel capire il valore di chi ti può donare qualcosa».
Cosa trovi interessante oggi? «Tante cose dimenticate, per quanto riguarda la mia storia personale tutto è interessante; ciò che non conosco e non capisco mi attrae profondamente».
Cosa non sopporti di questo tempo? «La maleducazione, l’arroganza, la legittimazione del non sapere, la mancanza di curiosità, i modelli totalizzanti, la mancanza di individualità e di personalità e l’omologazione in genere».

L’ARTISTA
Alla ricerca dell’immagine

Giovanni Ozzola nasce a Firenze il 13 marzo 1982. Dopo alcuni anni trascorsi a Londra nel 2001 ritorna in Italia, comincia a sviluppare un proprio percorso artistico che lo porta, nel 2001, a partecipare alla mostra “Happiness, a survival guide for art and life”, a cura di David Elliott e Pier Luigi Tazzi, al Mori art museum di Tokyo. Da quel momento il centro della sua attenzione fa riferimento alla luce come materia per la formulazione della propria visione. Definisce centro del suo lavoro l’interesse per lo spazio tridimensionale e la luce, sviluppando una ricerca sull’immagine mentale e l’essenza del soggetto. Numerosi gli spazi espositivi in Italia e all’estero che hanno accolto mostre di Giovanni Ozzola. Attualmente vive a Parigi e Prato.

ULTIME PERSONALI
2010
Giovanni Ozzola Elgiz museum Istanbul, Turchia
2009
“Recollection in time” A3m Brixia bv Amsterdam, Olanda
“Rencontres lors d’une promenade nocturne” Villa Bardini, Firenze
Giovanni Ozzola Galleria Fabio Tiboni Bologna
2008
Omnia munda mundis Castello di Ama Gaiole, Siena
Giovanni Ozzola – video works Waseda university Tokyo, Giappone
2007
“Twice/hold me tight I’m in love of it” Supernova Firenze
Giovanni Ozzola Sala della Palazzina di Forte Belvedere Firenze
Art first Palazzo Re Enzo Bologna

GALLERIA
Galleria Continua
Via Del Castello 11 San Gimignano (Siena)
tel. 0577943134
www.galleriacontinua.com

SITO
www.giovanniozzola.com

QUOTAZIONI
Da 3.000 a 25mila euro

LE MOSTRE
Visioni e immagini dallaTurchia alla Francia, passando per Roma

Superficiale - “Under my skin”, con cui Giovanni Ozzola ha vinto la terza edizione del Talent prize, arriva in Turchia per la personale “On the Edge”. Nell’ambito di un’indagine che abbraccia visione e immagine, è un momento di riflessione sul legame e sui limiti estremi di questi due valori. Oltre al video, la proiezione delle luci e delle cromie della città su una pietra estratta da una montagna del luogo. Fino al 16 ottobre, “Proje4l”, Elgiz museum of contemporary art, Meydan Sokak Beybi Giz Plaza 34398, Maslak, Istanbul. Info: 009(0)2122815150. Dal 23 ottobre, l’artista partecipa anche alla collettiva “Spheres” a Parigi (galleria Continua, Le Moulin, 46 rue de la Ferté Gaucher, Boissy-le-Châtel; info: www.galleriacontinua.com; 0033(0)164203950), mentre il 21 ottobre è nella capitale per l’inaugurazione dellamostra dei vincitori del Talent alla centraleMontemartini (fino al 4 novembre, via Ostiense 106; info: 065748042 e www.talentprize.it).