L'edicola digitale delle riviste italiane di arte e cultura contemporanea

::   stampa  

Inside Art Anno 8 Numero 74 marzo 2011



Mimmo Paladino

Maria Antonia Nocco

Passioni e segreti del guerrireo errante. L’universo magico e ancestrale del maestro beneventano



The Living Art Magazine


SOMMARIO INSIDE ART N.74

Notizie
Gli espedienti del “World press photo” di Camilla Mozzetti

Visto da
Tony Cragg, forme in movimento di Ornella Mazzola

In cartellone
Expo mondo di Simone Cosimi
Expo Italia di Camilla Mozzetti

Copertina
Fiabe “noir” dagli States specchio dell’Occidente di David Vecchiato
Un belpaese così pop surrealista di Andrea Oppenheimer
Surrealismo o simbolismo? di Igor Zanti

Primo piano
Mimmo Paladino, passioni e segreti del guerriero errante di Mary Nocco

Eventi & mostre
Michelangelo Pistoletto, promesse dal Paradiso di Maria Luisa Prete
“Where is my place?”, essere un popolo oltre la nazione di Angela Vettese
“Far west”, la voce del dissenso di Antonio Manfredi

Musei & gallerie
Galleria civica di Trento, il territorio la nostra missione di Camilla Mozzetti
Fondazione Rocco Guglielmo, Calabria arte in fieri di Maria Letizia Bixio

Vernissage
Le inaugurazioni in Italia di Emma Martano

Indirizzi d’arte
Le esposizioni in Italia di Maria Luisa Prete

Foto
Gli scatti da non perdere di Giorgia Bernoni
National geographic, il mondo ritratto in quattro colori di Alessandra Vitale
Weegee, testimonianze dalla strada di Giorgia Bernoni

Talenti
Matteo Rubbi: le frontiere dell’arte, invenzione e avventura di M. L. Prete

Video
“Happy tech”, macchine come uomini di Claudia Quintieri

Unpòporno
Max Papeschi, al di là del bene e del male di Serena Savelli

Personaggi
Massimiliano Finazzer Flory: Milano, ritorno al futuro di Maurizio Zuccari
Jas Gawronski, la Quadriennale che verrà di Nicoletta Zanella

Mercato & mercanti
“Art factory”, Catania si scopre contemporanea di Marilisa Rizzitelli
Aste: Senza titolo, Cucchi al top di Elida Sergi
Londra, una pioggia di sterline di Stefano Cosenz

Formazione & lavoro
Terni, dal baratro al top di Mattia Marzo
Festival del cinema d’arte, fotogrammi d’autore di Alessia Cervio

Mipiacenonmipiace
Vade retro marketing di Aldo Runfola

Fumetti
Olimpia Zagnoli, come ho stregato New York di Nur Al Habash

Musica & visioni
Ardecore: tornare alle origini, quello sì che era pop di Simone Cosimi
Silvio Orlando, un comico perseguitato dall’elemento infantile di Claudia Catalli
Toni Servillo, il crac Parmalat specchio del paese di Claudia Catalli

Architettura
Maxxi Base, invito pubblico al dissenso critico di Ilaria Mele
Cccp, l’audacia della decadenza di Francesco Talarico

Metropolis
Torre di Moravola, un paradiso nell’eremo medievale di Sophie Cnapelynck

Design & designer
Bruno Bertelli, il fascino strategico delle idee contagiose di Giulio Spacca
Esercizi di stile di Chiara Perazzoli
M/M, disegnare un mondo su misura di Valentina Cavera
ARTICOLI DAGLI ALTRI NUMERI

Quattro cavalieri in cerca d’autore
Maurizio Zuccari
n. 92 dicembre 2012

Lunga vita alle pin up
Serena Savelli
n. 90 ottobre 2012

La modernità come distacco
Félix Duque
n. 89 settembre 2012

L'estate che verrà
Maria Luisa Prete
n. 88 luglio-agosto 2012

Cultura:un manifesto per ripartire
Maurizio Zuccari
n. 85 aprile 2012

Mastromatteo. Il paesaggio in superficie
Maria Luisa Prete
n. 83 febbraio 2012


Mimmo Paladino, Notte di Pasqua, 1981

Mimmo Paladino foto © Miro Zagnoli

L'incessante interrogarsi sul linguaggio dell’arte e sulle sue infinite declinazioni espressive è il modus operandi adottato da Mimmo Paladino per condurci in un universo prodigioso popolato da forme e da segnali primordiali vivificati dal vento impetuoso della contemporaneità. Dalle sculture d’intonazione arcaica alle pitture ispirate alle leggende e alle epopee popolari del bacino del Mediterraneo, dalle tracce preistoriche e tribali alla cosmogonia greco-ellenistica e paleocristiana in un avvicendarsi di immagini che travalicano i confini del reale per congiungersi al fantastico, all’inconscio e all’immaginario onirico. Un universo magico e ancestrale ma al tempo stesso drammatico e tormentato, spesso caratterizzato da omini assorti e distanti, uomini-fantoccio sprofondati nel nulla esistenziale e da piccole teste tosate contraddistinte, a volte, orecchie lunghissime e aguzze quasi fossero – se pur distanti da ogni riferimento diretto e assoluto con i modelli del passato – satirelli danzanti o inquietanti folletti.

Tra i molteplici e multiformi soggetti del complesso repertorio paladiniano, quello della montagna è certamente un motivo costante, quasi che tale espressione artistica possa rappresentare un riepilogo, se pur per frammenti, delle sue tendenze artistiche e speculative. Già nel 1990 a Gibellina (Trapani) Paladino aveva adoperato una Montagna di sale come “repoussoir” per la tragedia teatrale La sposa di Messina di Friedrich Schiller. Cinque anni più tardi, nel 1995, un’imponente installazione alta venti metri, con un diametro di trenta è stata riproposta a piazza del Plebiscito a Napoli “en pendant” con le sue opere raccolte ed esposte in contemporanea alle Scuderie di palazzo Reale e al museo Pignatelli. Dalla candida struttura emergevano come per incanto, e con un che di minaccioso, una trentina di brandelli scultorei e foschi dalle fisionomie umane e ferine tra cui alcuni cavalli presentati anche capovolti.

Un brano di questo allestimento, denominato la Vasca, è ora conservato nelle collezioni di arte contemporanea nel museo di Capodimonte. Una piramide salina era stata ideata dall’artista già alcuni anni addietro a connotare un tratto della costa occidentale della Sicilia che da Trapani giunge a Marsala: la Statale provinciale 21 o la via del sale. Qui Paladino aveva insediato un’imponente macchina argentea che non investe la natura ma ne diviene un ideale completamento: anche qui egli aveva introdotto scure figure di cavalli che contrastano con il nitido candore della massa cristallina. Un’altra Montagna, questa volta Azzurra e non di sale – come lo stesso Paladino rivela – che si estende per 2.500 metri quadri, verrà realizzata sul versante della diga di Camposauro nei pressi della galleria di Monte Pizzuto a Solopaca tra le montagne del Sannio.

Un’opera suggestiva che ricrea, sulla parete impreziosita da piccole tessere di ceramica blu, gli scenari di questi luoghi che sono peraltro la terra d’origine dell’artista: paesaggi caratterizzanti dai vigneti, scene agresti e montane e l’arco di Traiano a Benevento. Il riverbero dei raggi solari sulle lastre color del cielo si unisce a un’incantevole scenografia costituita da vapori, acqua, suoni e colori tanto da far sostenere, agli abitanti del luogo che «la Montagna parla». Dalle montagne beneventane a Milano, dove dal 21 marzo, in concorso con una retrospettiva a palazzo Reale dedicata all’artista – e specificamente in occasione del 150° anniversario dell’unità d’Italia e per predisporre Milano alla tanto attesa Expo 2015 – una candida ziggurat di sale con la sua appariscente campitura monocromatica adornata, anche qui, da inserti scultorei figurativi campeggerà a piazza Duomo tra la statua equestre di Vittorio Emanuele II e la facciata gotica della cattedrale. Un’operazione di grande impatto estetico e filosofico ma con molte implicazioni sociali e politiche come ha rivelato lo stesso autore: «Ho voluto portare il sale dal Sud al Nord». Il sale dunque e una maestosa architettura mobile che incredibilmente acquistano delle valenze fortemente popolari e apotropaiche e divengono un prezioso strumento di aggregazione. E su tutto la straordinaria capacità di Paladino di padroneggiare sia la superficie della tela e della scultura sia lo spazio pubblico e di procedere con grande abilità dal piccolo dipinto al grande intervento urbano. Raggiunto al telefono, il maestro, tra anticipazioni e ricordi, riflette sul futuro e chiarisce il suo eclettico fare artistico.

Paladino, nella personale a palazzo Reale dobbiamo aspettarci nuove sperimentazioni o ulteriori contaminazioni?
«Ma no! In realtà è una piccola, in senso numerico, antologica, però mi sembrava giusto che palazzo Reale, che è un luogo così visitato, potesse offrire del mio lavoro, anche se per frammenti, una breve storia perché probabilmente non tutti la conoscono per quella che è; posso dire che ci saranno degli accenni e che si parte da un piccolo quadro del 1977».

Alla Biennale di Venezia del 1964 un giovanissimo Paladino, all’epoca appena sedicenne assiste allo sbarco degli artisti della pop art statunitensi. Quanto quest’avvenimento ha segnato il suo modo di intendere e di fare arte?
«Era la cosa più eclatante per un pittore in erba, che tra l’altro viveva in provincia, tornare con questa straordinaria idea di utilizzare materiali per dipingere: dall’“aquila impagliata” di Rauschemberg al “grande dentifricio” di Oldenburg c’era tutto quello che nell’arte non si era ancora visto, almeno fino a quel momento e quindi il fatto di tornare da Venezia con questa voglia di ripercorrere tale linguaggio e tale idea di trattare la materia e gli oggetti, per un giovanissimo pittore era estremamente emozionante».

Lei ha dichiarato: «Noi siamo ciò che siamo proprio grazie a chi ci ha preceduto». Ora le chiedo: lei è ciò che è grazie a chi o a che cosa?
«Dalle Grotte di Lascaux a oggi noi non saremmo tali se non ci fosse stata tutta la storia del mondo attraverso il segno e soprattutto, per quel che mi riguarda, l’espressione grafica; c’è da mettere dentro proprio tutto».

Se dovesse spiegare a un pubblico composto da giovanissimi che cosa è la Transavanguardia, cosa direbbe?
«Direi che la Transavanguardia in quanto teoria critica esiste un attimo dopo che un gruppo di artisti, italiani soprattutto, riscoprono non solo il piacere ma anche il significato del dipingere in maniera molto ampia. Quindi nel dipingere una stanza come un piccolo quadro così da utilizzare un oggetto piuttosto che una figura dipinta. Tutto ciò avveniva con estrema disinvoltura espressiva, non era il gesto del tornare a dipingere che non c’è mai stato per questi artisti; non esisteva il tornare ma il riappropriarsi di tutti i metodi e i mezzi che la pittura potesse offrire».

Anni ’80, la Transavanguardia, Bonito Oliva e soprattutto Paladino, Chia, Clemente, De Maria e Cucchi. Da un punto di vista dell’esperienza umana che cosa le è rimasto di quella fase?
«Assolutamente una grande energia e soprattutto l’idea che l’arte italiana fosse in quel momento la vera protagonista nel mondo. Dovunque si andava, dagli Stati Uniti al Giappone, all’Australia c’erano grandi accoglienze e manifestazioni di entusiasmo.


L’ARTISTA
Tra i padri della Transavanguardia

Mimmo Paladino
nasce a Paduli (Benevento) il 18 dicembre 1948. Esordisce come fotografo e la sue prime e più importanti personali sono nel 1969 allo studio Oggetto di Caserta e nel 1976 alla galleria Nuovi strumenti di Brescia. In occasione di Aperto ‘80, alla Biennale di Venezia del 1980 Achille Bonito Oliva accomuna le sue opere a quelle di Cucchi, Chia, Clemente e De Maria coniando il termine Transavanguardia. La sua prima retrospettiva è al Lenbachhaus di Monaco nel 1985. Nello stesso anno realizza grandi installazioni in spazi urbani tra cui la Montagna di sale in piazza del Plebiscito a Napoli. Celebre la serie dei Dormienti, 25 figure di terracotta e bronzo messe in scena a Poggibonsi (Siena) e a Londra con la colonna sonora di Brian Eno. Fotografia, pittura, scultura, disegno, incisione, mosaico, encausto, terracotta, ceramica, cinematografia sono le espressioni artistiche utilizzate dall’artista. Nel 1994 è il primo artista contemporaneo a esporre a Pechino attirando gli elogi del gotha della critica d’arte internazionale. Nel 2004 realizza le porte per la chiesa di Padre Pio ideata da Renzo Piano a San Giovanni Rotondo, nel 2010 la scenografia del tour di Dalla e De Gregori “work in progress”. Vive e lavora a Paduli e a Milano.

LA MOSTRA
Il destino dell’uomo


La rassegna con opere di Mimmo Paladino esplora concetti fondamentali della vita e dell’arte quali l’esistenza e la morte, il sacrificio e il dolore. La mostra, a cura di Andrea Dall’Asta e Francesco Tedeschi, raccoglie i lavori dell’artista caratterizzati da soggetti religiosi. Tra le opere esposte Corale (1992), la serie di sei grandi tele ispirate a Falcone e Borsellino, un contributo dell’artista per non far cadere nell’oblio il messaggio e il sacrificio dei due magistrati. Altro tema trattato è quello della croce quale simbolo universalmente noto, rappresentato da cinque dipinti e dal grande telero Sacro sud del 2010. Dal 22 marzo al 14 maggio, galleria San Fedele, via Hoepli 3 a/b, Milano.