Con-fine (2007-2013) Anno 5 Numero 23 settembre-novembre 2011
Sono pochi gli artisti ancora oggi in grado di affrontare la materia con l’energia e la disinvoltura di cui è capace Antonio Sgroi.
Vedere uno scultore - da solo - di fronte ad un blocco di marmo di quaranta tonnellate è solo il preludio di un’opera che comincia laddove il primo colpo di scalpello ha segnato la strada. Ma è un’opera dove tutti gli strumenti sono suonati da una sola persona, dove due sole mani si consumano per non lasciare spazio ad interventi anonimi di sbozzatori ‘segreti’ che pure hanno lasciato il segno in tanta arte contemporanea.
Sgroi si assume la piena responsabilità del proprio lavoro, dalla progettazione, alla scelta del marmo nella cava; dalla sbozzatura fino alla lucidatura finale. Un’orchestrazione in cui ogni singola nota è scritta e suonata dalla stessa persona.
Non c’è distanza fra lo scultore e la materia che egli stesso vuole piegare al suo disegno: diventano un unico corpo che cambia forma in continuazione fino a trovare un perfetto equilibrio fra l’idea iniziale e la forma finale.
Ago è scultura di confine. Idea che unisce i luoghi che la circondano, filo di sutura che ricompone tradizioni e modernità in un unico tempo indefinito, dove il concetto non prevale sulla tecnica, dove la materia non è volatile, ma non toglie leggerezza al messaggio che si slancia sensuale verso l’alto.
Nell’installazione finale, dal groviglio che appoggia sulla terra il filo si stacca e passa nella cruna per tornare nella terra, nell’intento di cucire all’infinito le spaccature del territorio: quelle naturali - i lembi di terra separati dallo scorrere del fiume Panaro e uniti dai ponti/punti di sutura - così come quelle culturali. Ed è la cruna stessa che porta con sé, incastonati, i simboli della fertilità di quella terra che andrà ad ospitarla quando l’opera troverà nella provincia di Modena la sua collocazione definitiva e l’ideale completamento nell’elemento acqua, simbolo per eccellenza della vita ed estetico ondeggiare di forme morbide, come quelle che sotto lo scorrere del palmo della mano raccontano l’evolversi della materia lungo il suo percorso verso il cielo.
Ago non è semplicemente una scultura, ma un’opera complessa, una vera e propria installazione urbanistica che vedrà la sua risoluzione nell’interazione fra una grande vasca e gli altri elementi architettonici - progettati sempre dall’artista - che andranno a comporla.
La sensualità che Sgroi riesce a tirare fuori dalla materia, la ricerca antropomorfa nelle forme e nei chiaroscuri che la luce riesce a disegnare, sono il filo conduttore di una ricerca che parte dal profondo dell’uomo e che, attraverso la passione, la fatica, la riflessione, il dolore e soprattutto il grande rispetto del lavoro artistico, anela alla catarsi, alla scoperta di quella purezza e di quella verità capace di liberare l’uomo dalle sue inutili sovrastrutture e sciogliere i nodi del dramma della vita quotidiana.