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Flash Art Italia (1999 - 2001) Anno 34 Numero 226 Febbraio-Marzo 2001



Sconfinamenti

Maria Rosa Sossai

L'Immagine video e il mondo dell'arte



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Lovett/Codagnone <> (detail) 2000 Four monitor, 4 DVD, 4 DVD players, 1 synchronizer, 4 panels in wood Base: 83cm - Gall

Monica Bonvicini, I believe in the skin of things as in that of women, 1999

Francesco Vezzoli

Fare dei video è come essere a immagine di Dio, perché possiamo registrare qualsiasi cosa. Possiamo anche rivedere i video, mentre non è possibile rivivere la nostra vita passata. Se fosse stato possibile cancellare e riregistrare la vita come si fa
con un nastro video, avrei vissuto sicuramente in maniera diversa". La riflessione di Nam June Paik mette in luce quella che per anni è stata considerata dagli artisti la qualità demiurgica della tecnica video, la possibilità cioè di cancellare e riregistrare nuove immagini della vita, una qualità che sino a ora aveva differenziato il nastro magnetico dalla pellicola
cinematografica, impressionabile - come la vita - una sola volta. L'applicazione del sistema digitale nei campi dell'espressione artistica o dell'informazione ha poi esteso questa qualità retroattiva del video operando una rivoluzione non solo di carattere tecnologico, ma anche di tipo estetico, e imponendo una progressiva omologazione agli standard
dell'alta definizione che Jean Baudrillard indica come "perfezione inutile dell'immagine". Accessibile a chiunque e subìta da tutti, in pochi anni la videoregistrazione (amatoriale, istituzionale, di sorveglianza, artistico-espressiva) è diventata il nuovo dispositivo tecnologico per documentare quello che siamo e quello che facciamo. In campo artistico la videocamera digitale è oggi uno degli strumenti espressivi più diffusi, grazie alla sua maneggevolezza e all'alto livello di prestazioni
professionali. La diversità dei supporti utilizzati - trasmissione su uno schermo televisivo o su più schermi, proiezione in un ambiente, installazione insieme ad altri mezzi quali disegni, sculture e fotografie - ha permesso al video d'arte non solo di sperimentare strumenti e linguaggi nuovi, ma anche sconfinamenti tra discipline e tecniche diverse, le cui frontiere appaiono ormai sempre più labili e che di fatto impediscono una precisa definizione di genere. I temi indagati dalle ultime
generazioni di artisti che si rivolgono all'immagine elettronica spaziano nei campi più diversi: da quelli del sociale all'analisi introspettiva, dalla rappresentazione della propria o delle altrui identità al confronto con i media. In
Italia l'interesse crescente del video per l'industria dello spettacolo non nasce tanto dal desiderio di competere con gli attuali sistemi di produzione e di consumo delle immagini, quanto piuttosto dal bisogno di avvicinarsi ad altri linguaggi,
a un pubblico più vasto e a un'espressività narrativa più libera. Il gusto estetico si è spostato quindi verso un concetto allargato di sensibilità creativa che attinge alle diverse forme di intrattenimento culturale e popolare, per produrre infine
qualcosa di inedito. Un esempio significativo di sconfinamento in altre discipline artistiche è il rapporto che il video ha instaurato con il cinema "rivisitato" scrive il critico Kerry Brougher, "come un sito, una specie di luogo che una volta esisteva ma che ora viene guardato sotto angolazioni diverse". In Destroy She Said (1998) - dove due proiezioni mostrano gli stessi fotogrammi in tempi sfalsati - Monica Bonvicini si appropria di alcune immagini cinematografiche attraverso le quali si è perpetuata una supposta identità femminile. L'artista assembla spezzoni di film in cui compaiono donne con le spalle al muro, colte in uno stato psicologico di profonda fragilità; la decontestualizzazione dei fotogrammi sottrae di fatto le immagini alla logica spesso sessista del linguaggio cinematografico. Nella videoinstallazione su quattro monitor The Play
(2000) gli artisti Lovett e Codagnone recitano - insieme ai genitori di Lovett - in qualità di attori. Vengono proposte quattro diverse versioni della scena finale del film Chi ha paura di Virginia Woolf? e queste varianti portano all'inevitabile messa in crisi della finzione cinematografica e dei suoi supporti: sceneggiatura, regia e attori. Il film diventa semplicemente lo spunto per un nuovo racconto che non ha più come centro la violenza di uno scontro di coppia, ma la narrazione di reali rapporti sentimentali e di parentela. Strutturato come una breve fiction, You'll never walk alone (2000) di Elisabetta Benassi è un omaggio alla memoria di Pier Paolo Pasolini. Nel video assistiamo all'incontro tra l'alter ego
dell'artista, Bettagol, e un sosia del regista, in un tempo spezzato e rallentato che sospende il movimento e l'azione dei due protagonisti fra memoria e immaginazione. Alla memoria appartengono il sonoro tratto dal film Uccellacci Uccellini e alcuni fotogrammi del Vangelo secondo Matteo, mentre il desiderio dell'artista di far rivivere in carne e ossa la figura di Pasolini si realizza in una corsa in motocicletta per le strade di Roma e in alcuni passaggi di pallone che i due si scambiano in uno stadio deserto. Le opere seducenti e sofisticate di Francesco Vezzoli e Claudio Guarino convertono alcune forme di spettacolo - cinema, televisione, teatro, opera lirica - in una nuova pratica artistica che rivisita, in forme di esasperazione o di alleggerimento espressivi, trame, sentimenti e passioni attraverso un gioco di citazioni e rimandi culturali. Nei tre tempi dell'installazione video An Embroidered Trilogy (1999) - Ok the Praz is right, Il sogno di Venere e The End - Vezzoli combina lo spettacolo del varietà con l'agile struttura narrativa del video musicale, la nostalgia per i film che hanno abitato la sua infanzia con la letteratura. Come nell'episodio The End in cui Valentina Cortese, volteggiando in abito da ballo per le stanze del suo appartamento, trasforma la canzone Help dei Beatles in un monologo recitato. In The Kiss of Tosca (2000) Claudio Guarino si ispira al melodramma di Puccini, con immagini cariche di effetti teatrali e colpi di scena. Il video narra il momento chiave dell'opera, quando Scarpia chiede a Tosca una notte d'amore in cambio della vita del suo amante Mario. Il concitato scambio verbale tra i due attori, l'enfasi delle pose ricalcano ed esasperano la tragicità della storia, grazie anche alle deformazioni fisionomiche dei personaggi ottenute con la tecnologia video. Il genere
melodrammatico permette all'artista di esprimersi "fuori misura", di giustapporre immaginari provenienti da altre estetiche e di combinarli all'interno di un sistema di riferimento che mette in gioco lo stesso concetto di visione. Spostandosi dal campo dello spettacolo teatrale a quello televisivo, si entra in contatto con una produzione video che sembra nutrirsi
dell'evento mediatico nel quale l'artista gioca in prima persona il ruolo di personaggio-perturbatore. Arpiani Pagliarini e Nicola Pellegrini si muovono in contesti spesso ostili o indifferenti all'arte contemporanea - talk show e soap opera - dove le loro performance si mimetizzano con lo spettacolo dei media ed entrano nel palinsesto televisivo. Il video realizzato da Arpiani Pagliarini nel 1997-1998 è la registrazione delle puntate di due diversi programmi - Uomini e donne su Canale 5 e Forum su Rete 4 - ai quali gli artisti hanno partecipato in qualità di ospiti. Lo stile e i contenuti dei loro interventi ricalcano fedelmente il linguaggio genericamente retorico delle trasmissioni televisive e la falsa sincerità delle storie
raccontate. Si tratta di incursioni in cui la provocazione e il sabotaggio non sono mai del tutto dichiarati perché giocano
sulla distanza di comunicazione esistente tra il pubblico dei programmi di intrattenimento e il mondo dell'arte contemporanea. La serie di video SopravVivere (2000) di Nicola Pellegrini è un progetto articolato in più passaggi e ambienti, ognuno dotato di una propria autonomia, come un racconto a episodi. Pellegrini entra sul set della popolare
soap-opera Vivere in qualità di responsabile della scelta delle location e su questa collaborazione professionale
inizia il suo intervento di artista. I due contesti inevitabilmente si intrecciano, si sovrappongono, confondono luoghi, tempi, modalità di esecuzione, appartenenti alternativamente allo spazio della fiction e a quello dell'arte. Così per realizzare uno degli episodi, Sopravvivere in galleria, il set di Vivere viene trasportato in una galleria milanese dove sarà girata la scena di una puntata (un confronto all'americana). Concluse le riprese, il set diventa un'installazione aperta al
pubblico. Lo scopo qui non è tanto quello di criticare il genere televisivo, quanto di creare aree di contatto e di cortocircuito tra la creazione artistica e la società dello spettacolo Situati in un'area di sperimentazione visiva e sonora, i video del gruppo catanese Cane CapoVolto sono una corrosiva analisi dei valori pseudoculturali trasmessi dai nuovi creatori
di consenso. Le strategie da loro adottate demistificano sia la retorica del linguaggio dei media che quella del messaggio artistico. La serie dal titolo Plagium utilizza materiale preesistente - film d'autore, fiction, notiziario televisivo, documentari, programmi di divulgazione pseudo-scientifica - che viene graffiato, sovraesposto, secondo un'idea di contaminazione visiva che il gruppo definisce "plagiarismo". Ciò che resta dopo la visione di Street Angels (1993), primo esempio di plagio, è un senso di disorientamento causato dall'accostamento destabilizzante di un sonoro tratto da documentari
medico-scientifici e di scene di film hard americani. Il risultato di questa pratica video, allargata ai più diversi campi della produzione di immagini, ha concorso dunque all'eliminazione di quelle barriere che per secoli hanno tenuto le arti visive lontane dalle altre forme di intrattenimento. Questo cambiamento se da un lato ha rigenerato un mezzo espressivo che alla fine degli anni Ottanta sembrava avere esaurito la sua spinta innovativa, dall'altro ha posto un nuovo ordine di problemi, legati alla possibilità di conciliare valori quali originalità e unicità dell'opera d'arte con una creazione che è spesso frutto di incroci e di innesti con altri settori creativi, o che ingloba in maniera onnivora gli altri linguaggi. Ma è certamente vero che nella ricerca di nuove categorie estetiche, il video esprima oggi una tenace volontà di resistenza a quella "perfezione inutile dell'immagine" che rischia di omologare, e rendere dunque neutro, il patrimonio visivo contemporaneo.

Maria Rosa Sossai è critico d'arte, vive e lavora a Roma.