Opere 1960-2003. L'artista oppone alla precisione tutta manuale di segni cosi' perfetti da sembrare elementi grafici prodotti in forma meccanica, dei cubi di marmo, di poco discosti dal pannello bidimensionale, che sembrano rotolati a terra per necessaria conseguenza della costruzione aritmetica di forme anticipate sulla tela. Anche l'ornamento decorativo presente nelle tavole degli anni '80 e '90 non risulta mai orpello, ma gesto quasi seriale e necessario che si moltiplica per logica evoluzione. Arte non facile quella della Squatriti, condotta con fertile intelligenza alla ricerca costante di forme nuove, che traducano l'ansia d'indagine metafisica.
Il pubblico che si accosta all'esposizione di Fausta Squatriti ospitata presso la Galleria E-Studio di via Massena 17 a Milano, non avrà certo bisogno di premesse introduttive. Artista poliedrica, la Squatriti è ben nota e attiva da anni nel panorama artistico non soltanto milanese.
Sarà forse più immediato per molti ricordare la produzione degli ultimi anni, esposta di recente in una personale alla Galleria Mudima di Milano, con sequenze dai titoli già significanti in sé come "La Commedia Umana", "Requiem per la specie e per la macchina" o "La strage degli innocenti".
Quelle forme pulite di dittici, rappresentativi del divario insanabile tra purezza matematica che è già assenza della vita e tragico corrompersi della vita organica, calavano lo spettatore entro una greve coscienza di sé come essere in corruzione, irreversibilmente inserito in una logica insondabile volta alla degenerazione e alla morte.
Arte non facile quella della Squatriti, condotta con fertile intelligenza alla ricerca costante di forme nuove, che traducano l'ansia d'indagine metafisica.
Chi è stato in quelle sale o chi ha scorso le pagine del bel libro a lei dedicato, quasi a pegno dell'illuminata attività d'editore che ha svolto per diversi anni, probabilmente ricorda quanto siano poco rassicuranti e stimolatrici d'insonnia le immagini create negli ultimi decenni. E' riuscita in quelle opere ad esprimere in forme pungenti e perentorie le sue ricerche, lavorando con maestria nell'alterno sviluppo di forme in due o tre dimensioni.
Entro tale sequenza di dittici, l'artista oppone infatti alla precisione tutta manuale di segni così perfetti da sembrare elementi grafici prodotti in forma meccanica, dei cubi di marmo, di poco discosti dal pannello bidimensionale, che sembrano rotolati a terra per necessaria conseguenza della costruzione aritmetica di forme anticipate sulla tela.
Anche l'ornamento decorativo presente nelle tavole degli anni Ottanta e Novanta non risulta mai orpello, ma gesto quasi seriale e necessario che si moltiplica per logica evoluzione.
Senza che risulti forzato, è ora possibile guardare le opere giovanili della Squatriti, riproposte al pubblico nella personale in corso presso la galleria E-Studio, con occhio addestrato a riconoscere, entro quegli abbozzi divertiti di stile, alcuni antecedenti in nuce dei filoni di ricerca che continueranno ad interessare la sua ricerca.
Artista dal percorso coerente e meditato più di quanto non appaia di primo acchito, Fausta Squatriti ha la fortuna di essere sostenuta da un talento quasi innato nel costruire la forma attraverso un segno grafico di contorno, dapprima evocativo, che si fa poi sempre più irrevocabilmente marcato.
Si guardino i primi disegni a carboncino o la sequenza di acquerelli "intimistici" degli anni Sessanta. Una naturale facilità compositiva, sebbene ancora acerba nella costruzione del disegno, sorregge qui intense armonie cromatiche di grande leggerezza, non meno che lo studio del segno dinamico e nervoso che costruisce forme guizzanti.
Non sfugge, in questa vicenda d'esordio, la cura affettuosa che importanti personalità dell'avanguardia artistica di quegli anni ebbero nei suoi confronti, aiutandola ad indirizzare il suo senso estetico e le sue prime ricerche. Fausta ebbe la fortuna di mostrare i suoi primi lavori, ancora ragazzina, ad alcuni dei più felici intelletti creativi del panorama artistico milanese, quali Lucio Fontana, Arnaldo e Gio' Pomodoro, Scanavino. La passione letteraria trovava contemporaneamente linfa ispiratrice nella frequentazione di poeti quali Quasimodo e Roberto Sanesi, ospiti graditi nei salotti letterari organizzati da sua madre, che rimarranno poi, in particolare quest'ultimo, preziosi amici e collaboratori.
Non le mancano certo il coraggio e l'intelligenza per stringere inoltre importanti sodalizi con le più fertili avanguardie d'oltralpe, facendosi apprezzare nel corso di disegno tenuto da Kokoschka e nell'incontro a Parigi con artisti quali Man Ray, Duchamp, Max Ernst e molti altri.
Più che rimandi alla produzione di tali artisti, si percepisce sin nelle sue prime fantasie creative, la consapevolezza di potersi esprimere attraverso mezzi davvero attuali: svagati calligrammi d'eco futurista oppure grafismi dolorosi in cui il proprio disagio è racchiuso in un cappio penzolante accanto al ritratto di se stessa sedicenne.
Il dolore sarà nota caratteristica dell'intera produzione della Squatriti, dettato da un senso di profonda solitudine dell'esistenza che più tardi si esprimerà attraverso l'ansia per ciò che si corrompe e la frustrante incapacità di cogliere le forme del reale se non rendendole ossessivamente iperreali e crudelmente astratte.
Ma ciò che più interessa indagare nella produzione di questi primi anni è la ricerca della spazialità , fin da subito intensamente perseguita: la definizione dello spazio interno all'opera e il suo rapporto con ciò che ne sta fuori.
In modo particolare, nella produzione su carta, la forma sembra svilupparsi attraverso un processo dell'immaginazione che tiene largo conto dell'inconscio dell'artista. Nulla appare congelato dall'analisi razionale perché ogni forma plastica è voluta e realizzata attraverso il filtro dell'emotività .
Se nelle prime prove di segno assai libero, gli acquerelli appunto, l'artista aveva dimostrato una spiccata sensibilità nell'armonizzare i colori, nel giro di qualche anno la Squatriti riesce a costringere la propria impulsività entro criteri più meditati, come si nota già nel secondo ciclo di acquerelli, che si potrebbero definire quasi geometrici.
Anche nella sequenza di sculture colorate, assistiamo alla genesi di forme serrate in cui l'elemento fantastico entra in collisione e va ad arricchire una lucida struttura di base.
Lo spazio, sembra voler dire l'artista, si costruisce per sovrapposizione di moduli dalle proporzioni sempre uguali, che hanno in sé la potenzialità di ripetersi all'infinito.
Facendo leva sul gusto quasi tattile della vista, questi "oggetti d'arte" laccati a smalto appaiono come puri divertissements capaci di unire, con leggerezza, concetti ossimorici quali razionalità e inconscio onirico, forma chiusa e forma aperta.
Da subito Fausta sa infatti alternare con eleganza ciò che va detto da ciò che è meglio omettere. L'equilibrio sapiente tra i pieni e i vuoti è infine ottenuto per via di "togliere".
In seguito, con fare punitivo ma necessario per poter procedere nella ricerca, la Squatriti rigetterà con fermezza questo sua maniera, affatto inclemente nei confronti di una produzione "senza manualità apparente" che le nasceva dalle mani con una facilità addirittura imbarazzante.
A metà degli anni Settanta, l'artista elimina infatti i colori per tornare alla verità dei materiali utilizzati. E non meno, nella costruzione formale, giunge a creare scheletri d'immagine, che sembrano suggerire lo spazio piuttosto che delimitarlo o poterlo descrivere.
Fino a questo momento la tridimensionalità risultava quasi un pretesto per giocare sul tema della forma, nel segno di un'incompiutezza che tendeva a stupire o, meglio, a divertire lo spettatore. Ma si trattava, in realtà , di forme a due dimensioni, fluttuanti e ritagliate come fossero collages, nel tentativo sperimentale di provare la capacità dello spazio che le ospita.
Fausta approfondisce la ricerca fino a giungere, quasi un decennio più tardi, a forme più austere e ricercate. Percorrendo la sua produzione degli anni Ottanta, si assiste così alla teoria di parallelepipedi irregolari, traslati nell'aria e ineffabilmente contenuti entro severe linee di demarcazione.
Sta ora allo spettatore intuire lo spazio attraverso la sua assenza. Com'è evidente, l'ironia rimane ancora imprescindibile strumento creativo, pur non inficiando la serietà e la pulizia formale di queste prove.
"Se volevo rompere l'unità , metterla in crisi, potevo farlo più efficacemente dall'interno della struttura plastica: non per conflitto ma per ritmo", spiega Fausta Squatriti nell'illuminante intervista con Arturo Schwarz.
Un simile processo di slittamento e decostruzione della forma sembra andare alla ricerca del "segno dell'origine", come l'artista stessa ebbe a dire nei suoi diari, invocando il silenzio come "luogo" privilegiato dell'Arte.
Anna Alice Sconza
Inaugurazione della mostra: Venerdì 7 marzo 2003 - ore 18.30
Orario: dal martedì al sabato ore 15.00 - 19.00. Mattina su appuntamento
e-studio - Galleria d'arte e servizi di art advisoring - Via Massena, 17 - 20145 Milano