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La scuola di Piazza del Popolo
dal 12/12/2004 al 13/12/2004

Segnalato da

Ufficio Stampa Fondazione CRB




 
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12/12/2004

La scuola di Piazza del Popolo

Palazzo Saraceni, Bologna

Presentazione del volume di Andrea Tugnoli. Interverranno: Sergio Lombardo, Concetto Pozzati, Cesare Tacchi. Il libro ricostruisce la vicenda storica e soprattutto culturale della Scuola Romana, spesso identificata come il centro propulsore della pop art italiana. Siamo negli anni '60 quando, attorno al Caffè Rosati, un gruppo di artisti diversi tra loro, ma uniti dalla comune estrazione sociale e dall’ambizione del lavoro, seppero costruire un’esperienza significativa nel panorama dell’arte italiana e non solo. Nel libro le atmosfere e gli ideali che animarono quei momenti attraverso le mostre


comunicato stampa

Il libro ricostruisce la vicenda storica e soprattutto culturale della Scuola Romana di Piazza del Popolo (molto spesso identificata come il centro propulsore della pop art italiana). Siamo negli anni sessanta quando, attorno al Caffè Rosati di Piazza del Popolo a Roma, un gruppo di artisti diversi tra loro, ma “uniti dalla comune estrazione sociale e dall’ambizione del lavoro, seppero costruire un’esperienza significativa nel panorama dell’arte italiana e non solo. Essi erano stimolati dalla convinzione di svolgere un compito importante nel campo di una ricerca artistica, che basava i suoi presupposti sulla realizzazione personale attraverso il lavoro.”
Sono personaggi del calibro di Franco Angeli, Tano Festa, Mario Schifano, Bignardi, Fiorani, Lombardo, Mambor, Tacchi, Ceroli, Pascali, ai quali si univano frequentemente Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Renato Guttuso e Ennio Flaiano, solo per citarne alcuni.
Attraverso un resoconto delle mostre più significative di quegli anni e grazie ad alcuni contributi degli stessi protagonisti della Scuola Romana, Andrea Tugnoli si propone di ripercorrere quegli anni e soprattutto le atmosfere e gli ideali che animarono quei momenti al fine di recuperare il senso profondo di una esperienza ancora oggi troppo spesso sottovalutata.

NOTA CRITICA DELL’AUTORE AD INTRODUZIONE DEL VOLUME
Ancora oggi, sfogliando alcuni dizionari di arte contemporanea tra i più conosciuti, non posso fare a meno di notare che tutti gli artisti della ormai nota Scuola romana di piazza del Popolo, vengono spesso accomunati in un gruppo non omogeneo, senza un'identificazione ed un'autonomia propria, assieme a molti non romani, sotto la voce generica di Pop Art italiana.
Altri li identificano come gli artisti del miracolo economico, distinguendo due aree: Milano da un lato e Roma dall'altro. Solo alcuni cominciano ora a considerare il movimento nella sua interezza e nella sua indipendenza, anche se lo spazio dato è alquanto limitato.
E’ per ridare dignità a quel gruppo di personaggi di rilievo che animarono quella famosa Piazza negli anni Sessanta, che mi sono deciso a scrivere queste pagine: questa non vuole essere una biografia dei protagonisti di quegli anni, o un resoconto seppur dettagliato delle loro mostre più significative, ma una carrellata attraverso l’opinione dei protagonisti su quegli anni e soprattutto su quelle atmosfere, sugli ideali che animarono quei magici momenti al fine di recuperare il senso profondo di quell’esperienza, di quel periodo in cui artisti, diversi tra loro, ma uniti dalla comune estrazione sociale e dall’ambizione del lavoro, seppero costruire un’esperienza significativa nel panorama dell’arte italiana e non solo. Essi erano stimolati dalla convinzione di svolgere un compito importante nel campo di una ricerca artistica, che basava i suoi presupposti sulla realizzazione personale attraverso il lavoro.
Nel volume saranno i protagonisti di quella vicenda ad illustrate attraverso alcune interviste il loro punta di vista. Spero così di chiarire alcu ne vicende in sospeso, al fine di mettere un po' d'ordine in quel momento dell'arte italiana, per certuni versi irripetibile, e ancora oggi in parte sottovalutato, nella speranza di illustrate meglio le motivazioni, gli stimoli e le sensazioni che provarono i protagonisti.
Molto si e scritto su quel periodo e i suoi interpreti, ma poco dell'atmosfera che si era creata a Roma intorno a quei luoghi. Ancora oggi Roma emana un fascino tutto particolare per gli artisti. […]
A quel tempo non c'era un'ideologia di gruppo. Ma il fatto che ci fossero degli artisti più o meno della stessa età, che avevano le stesse
intenzioni, creava una forma di energia . Questo è quello che si avverte oggi, ma la domanda che dobbiamo porci è come era la situazione negli anni Sessanta, quali gli umori, le istanze culturali, le aspirazioni, le idee che muovevano i protagonisti di quella stagione che per quasi un decennio tenne banco a piazza del Popolo. Anche perchè oggi, come sostiene Ida Giannelli, s'impongono le scuole storiografiche che rivalutano gli aspetti considerati un tempo marginali, come la vita quotidiana e privata contrapposta alla storia 'ufficiale’.
Nella codifica dei nomi degli appartenenti a quel momento mi atterrò ad uno scritto di Maurizio Calvesi del 1967, uno dei critici che accompagnò tra i primi, e per diversi anni, il lavoro di quegli artisti. La presentazione cui mi riferisco fu scritta in occasione della mostra 8 pittori romani, che si tenne alla galleria De' Foscherari di Bologna, quindi a fenomeno gia quasi concluso. In quel saggio Calvesi affermava che non si potevano raggruppare certi nomi senza pensare anche ad altri: ad esempio all’‘antefatto' di Mimmo Rotella, e al caso di Kounellis. I protagonisti erano il trio Angeli - Festa- Schifano, cui si accompagnavano le prime sortite di Bignardi e Giosetta Fiorani, poi ancora un terzetto, Lombardo, Mambor e Tacchi, infine altre due entrate in scena, quella di Ceroli, e quella di Pascali, e continuava dicendo di non riferirsi ai tempi di lavoro di quegli artisti, ma a quelli della loro apparizione a piazza del Popolo . In quel luogo, negli anni Sessanta, si poteva incontrare tutta una folla di personaggi: Tano Festa, Francesco Lo Savio, Mario Schifano, Franco Angeli, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini, Renato Guttuso e Ennio Flaiano, solo per citarne alcuni, seduti ad un tavolo del caffe Rosati. C'era tutto un universo che ruotava intorno a quella piazza e a quel caffè. Dove assieme ad un'atmosfera diversa si respiravano modi di dire e di fare, sogni e desideri. Certi atteggiamenti e alcuni comportamenti trasgressivi sona nati là. Non ci si può addentrare negli anni Sessanta senza imbattersi in trasformazioni radicali, come dice Fabio Mauri, senza misurarsi con un'idea di realtà che cambia più fatalmente di quella dell'arte. Oggi non è facile rendere appieno quel mondo ormai perduto per sempre, che era fatto di modi d'essere, oltre che di sottili sfumature, legate ad un momento storico ben preciso. Non si parlava ancora di trasgressione, ma si trasgrediva nei comportamenti, nelle intenzioni, nell'arte, nella vita di tutti i giorni. Ricordare tutto questo voleva dire, secondo Goffredo Parise, ricordare i pomeriggi in cui si aveva tutti parecchi anni di meno e si bighellonava e ci si faceva pigramente romanamente visita. Voleva dire aver conosciuto Roma, certe zone e certe trattorie e certe persone e racconti e modi di dire. Aver vissuto certi pomeriggi d'estate, assaporate certe atmosfere che solo Roma sapeva offrire, soprattutto in quegli anni, come ricordava Livia Lancellotti.
Apro una piccola parentesi sul clima culturale ufficiale di quegli anni. Calvesi ricordava che all'epoca l'orizzonte d'attesa in campo artistico, non soltanto del pubblico, ma anche degli addetti ai lavori, come molti di quelli che gestivano il potere della stampa, era ancora fermo al "che significa?" per ogni manifestazione del non figurativo e all'indignazione per lo scandalo di Burri15.
Quando il cielo di piazza del Popolo, racconta Mario Quesada, si tingeva di zolfo e di sangue, i sofferenti colori di Scipione, e nell'aria scorreva il tiepido umidiccio dell'inverno romano, quel mondo di scrittori, di registi, si mescolava ai pittori in un luogo deputato a ciò, la galleria La Tartaruga di Plinio De Martiis, nel cuore stesso della città. Intorno stava la capitale cattolica.

Immagine: Sergio Lombardo, 30 aste, collezione permanente della Galleria Nazionale d'Arte Moderna Roma

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