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Cut up (2001-2004) Anno 3 Numero 5 gennaio 2002



Asce di guerra

Fabio Nardini

Wu Ming (in cinese: nessun nome)



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Cover di Asce di Guerra da www.wumingfoundation.com

Vitaliano Ravagli nel 1942 da www.wumingfoundation.com

Lapide che commemora il passaggio di Ho Chi Minh a Milano negli anni Trenta da www.wumingfoundation.com

"In Asce di guerra combattiamo l'idea che il passato sia un mausoleo da presidiare, una lapide da tenere lucida, abbellita di fiori finti. In questo senso non ci interessa la "razionalita' immanente" di un periodo storico, ma l'uso che una comunita' di lotta puo' fare di certe storie, il legame tra le storie di oggi e quelle di ieri..."
Wu Ming

La storia non è mai un campo neutro; e le storie individuali che la compongono non sono mai materia privata, dolore o dolcezza personale. Nemmeno un insieme di dati da archiviare insieme ad altri dati. Le storie "sono asce di guerra da disseppelire".
Mentre la perdita della memoria sembra essere il carattere dominante del nostro tempo (perdita come cancellazione o, viceversa, come riesumazione spettacolare e perciò innocua) un gruppo di individualità (che nel secolo appena trascorso si sarebbero chiamati intellettuali) scommette sulla storia, sulla memoria, e scrive un testo che è insieme narrativa e saggistica, romanzo e memoriale, fiction e documentazione.
Lo intitola "Asce di guerra" e lo firma Wu Ming.
Erede del Luther Blisset projet, Wu Ming (in cinese "nessun nome") non è un autore nel senso comune del termine. Per chi volesse saperne di più, consigliamo di accedere al sito della Wu Ming Foundation ( www.wumingfoundation.com ) dove - tra l'altro - è possibile scaricare gratuitamente testi come Q, Libera Baku Ora e lo stesso "Asce di Guerra" . Da parte mia posso solo riportare quello che Wu Ming dice di sé:
Wu Ming è un laboratorio di design letterario all'opera su diversi media e per diverse committenze. Il marchio Wu Ming è gestito da un collettivo di agitatori della scrittura, costituitosi in impresa indipendente di "servizi narrativi". L'accezione che diamo al termine è la più vasta immaginabile, fino a coprire attività di raccordo tra letteratura e nuovi media.
Fondatori di Wu Ming sono Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Luca di Meo e Federico Guglielmi, tuttavia i nomi anagrafici hanno scarsa importanza tant'è che in mandarino wu ming signica "senza nome". In Cina quest'espressione viene spesso usata per siglare pubblicistica dissidente.
Alla base di "Asce di guerre" c'è la storia di Vitaliano Ravagli, troppo giovane per fare il partigiano ma abbastanza grande per vivere l'atmosfera della resistenza, le sue speranze, le delusioni dell'Italia dell'immediato dopoguerra. Vitaliano è vicino al PCI, ma è capace di vedere - più di altri - cosa significa in concreto la politica togliattiana: l'allontanarsi di ogni concreta ipotesi di rivoluzione e il trionfo di un politicismo di bassa lega. Di fronte al grigiore degli anni Cinquanta, il giovane Ravagli sceglie di allontanarsi dall'Italia, di seguire i contorti sentieri dell'odio che lo portano - via Europa dell'est - in un campo di addestramento dell'Asia Centrale e da qui in Laos.
Nel Laos di quegli anni si combatteva una battaglia centrale dello scontro tra l'imperialismo occidentale e le speranze di liberazioni dei popoli oppressi; una prima parte di quella che dieci anni dopo sarebbe stata la guerra del Vietnam. Le tecniche della guerriglia e lo spirito di resistenza sperimentati contro i francesi - e che porteranno alla clamorosa vittoria di Dien Bien Phu - sono gli stessi che animeranno per oltre dieci anni lo scontro con la macchina bellica americana.
Ribaltando le cronache della storia ufficiale il racconto di Ravagli ci porta dall'altra parte, tra "la rabbia, lo sporco e la dinamite". Non c'è traccia di retorica nelle pagine sulla guerriglia in Indocina ma il senso di una disperata, a volte perfino nichilistica, volontà di riscatto.
Contemporaneamente, "Asce di guerra" è anche la storia della scoperta, da parte di un personaggio dei nostri giorni, dell'incredibile vicenda Vitaliano Ravagli. Sul finire del secolo, il "vietcong romagnolo" sembra un anacronismo o peggio, una caricatura di una storia troppo lontana da noi. Invece, come scopre l'avvocato Zani, protagonista di questa ricerca, è semplicemente qualcosa di rimosso, un episodio imbarazzante cancellato dalla storiografia ufficiale. Anch'egli un'ascia di guerra, troppo in fretta seppellita e che aspetta soltanto di essere tirata fuori.
Fabio Nardini